Una delle più forti contraddizioni del nostro tempo sta di certo nell’imbarazzo che incontriamo nel segnare una linea netta di demarcazione tra malattia e diversità. Da un lato si insiste nell’affermare che i disturbi dell’apprendimento, quali ad esempio dislessia e discalculia, sono in realtà solo modi diversi di imparare, dall’altro si afferma con fermezza che la depressione è una vera e propria malattia e non uno stato d’animo, dall’altro ancora si vorrebbe far rientrare nella normalità situazioni di evidente disagio quali disforia di genere e intersessualità.
Oggi alcune associazioni di intersessuali si battono contro la prassi di sottoporre individui nati con anomalie genitali a operazioni chirurgiche e cure ormonali per essere omologati a uno dei due sessi, ritenendo si debba invece attendere che sia il soggetto stesso da adulto a fare la sua scelta. Addirittura alcuni propongono di riconoscere ufficialmente l’esistenza di un terzo sesso, non solo per il tempo di attesa dell’intervento medico, ma potenzialmente per tutta la vita.
In più il Parlamento Europeo ha di recente approvato una risoluzione che denuncia le violazioni dei diritti umani delle persone intersessuali e chiede alla Commissione e agli Stati membri di intervenire per garantire il diritto all’integrità fisica e all’autodeterminazione dei bambini intersessuali, che vengono oggi sottoposti a interventi chirurgici di “normalizzazione” sessuale.
L’Italia naturalmente è stata indicata tra i 21 Paesi UE senza una normativa adeguata in materia.
Di certo mettere al centro il benessere degli interessati è fondamentale, ma trattandosi di un argomento complesso nasce il dubbio che l’ideologia venga a influenzare una decisione che dovrebbe essere puramente medica e scientifica.
Abbiamo deciso quindi di intervistare al riguardo il Dott. Marcello Cimador, Prof. Ordinario di Chirurgia Pediatrica all’Università di Palermo e Responsabile dell’unità operativa di Chirurgia e Urologia pediatrica del policlinico di Palermo, noto per aver operato nel 2016 un bambino di due anni, nato con il corredo cromosomico maschile ma con gli organi genitali femminili, cosa che suscitò numerose polemiche da parte della comunità LGBT.
Dott. Cimador, mentre l’omosessualità è stata da tempo depennata dal DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), in quanto si è dimostrato che non conduce di per sè ad un malessere dell’individuo, ma solo, eventualmente, in conseguenza di discriminazione sociale, l’intersessualità è invece considerata tuttora una patologia, anche se ultimamente stanno nascendo polemiche al riguardo. Qual è la posizione della medicina?
Innanzitutto dobbiamo distinguere tra omosessualità, disforia di genere e intersessualità o ambiguità genitale. L’omosessualità, come ha detto lei correttamente, non è più ritenuta ad oggi una malattia, ma semplicemente un’inclinazione del desiderio sessuale.
La disforia di genere al contrario sicuramente comporta per chi la vive un grosso disagio, ma si tratta di uno stato mentale, di un problema di strutturazione della personalità, e la personalità si forma sia per impulsi interni, sia per condizionamenti della società e della famiglia, in proporzioni che ancora non si conoscono con precisione. Questo porta a un’identità sessuale che prescinde dalla caratteristiche fenotipiche, come appunto nel caso dei transessuali: il sesso psicologico e quello esteriore non coincidono.
Completamente diversa è la situazione dell’ambiguità genitale, che significa che nel neonato l’aspetto fenotipico dei genitali è indefinibile, oppure prevalentemente femmina o maschio, ma non del tutto. Un clitoride ipertrofico, siamo certi che sia un clitoride e non un micro pene? Chi ci dice cosa è? E’ necessario che questa ambiguità venga in qualche modo chiarita da altri aspetti che corroborano la scelta, e questo è il compito della medicina.
Sulla base di quali elementi avviene questa scelta importante e delicata? In passato ci si basava semplicemente sulla misurazione del pene o del clitoride, oggi ci sono di certo tecniche più avanzate, può descrivercele e indicarci in che direzione sta andando la ricerca?
Ci si basa sull’esame dei tre aspetti che determinano il genere nell’essere umano: cromosomico, gonadico, fenotipico.
Riguardo all’aspetto cromosomico, sappiamo tutti dell’esistenza di cromosomi XX e XY, ma in realtà le cose sono un po’ più complicate perché oltre a questo c’è poi la femminilizzazione e la virilizzazione. Ad esempio un maschio non sarà mai completamente maschio, cioè non avrà caratterizzazione fenotipica maschile, pur avendo il cromosoma Y, senza il corretto funzionamento di un gene chiamato SRY. L’embrione all’inizio ha genitali di femmina, prima della quinta settimana c’è per tutti una sorta di tubercolo con una zona aperta, come se fosse una vulva. Dopo la quinta settimana di gestazione si mette in funzione l’attività del gene SRY per il soggetto maschio e i genitali iniziano ad organizzarsi in senso maschile, si formano le borse scrotali e i corpi cavernosi. Quando avviene un’anomalia di uno dei geni deputati alla fenotipizzazione del sesso può accadere ad esempio che un soggetto XY non riesca a virilizzarsi, per cui i suoi genitali non sono concordanti con il sesso maschile.
Il secondo aspetto è quello gonadico, cioè la presenza di ovaie oppure di testicoli, il terzo è quello fenotipico, cioè la presenza del pene oppure della vulva
L’armonizzazione di queste tre caratteristiche determina il genere definitivo, così ci fa la natura. Noi medici siamo chiamati a cercare di far concordare quello che la natura per qualche ragione non ha concordato, ad esempio se ci sono anomalie in quei geni, come il già citato SRY, che si occupano della trasformazione dell’embrione iniziale in embrione in un certo genere.
Come vive da medico le polemiche della comunità LGBT riguardo a interventi come quello da lei effettuato a Palermo qualche anno fa? Esistono alcune storie di “errore medico”, in cui si è scelto il sesso sbagliato, cioè diverso da quello in cui da adulto il paziente si è trovato a identificarsi. Si tratta di singole storie dolorose, che di certo meritano rispetto, d’altra parte sappiamo che la medicina è progressiva correzione di errori. Oggi le comunità LGBT premono per portare il concetto di genere fuori dal dualismo binario maschio/femmina, chiedendo addirittura l’accettazione sociale di un terzo sesso, non solo come fase di passaggio e di attesa, ma come condizione permanente. Ritiene che ci siano casi in cui è bene intervenire il prima possibile ed altri in cui è invece meglio attendere almeno la pubertà, e in base a cosa?
Dire che un bambino con genitali ambigui va lasciato così perché poi si sceglierà lui il sesso da grande è, francamente, un’incongruenza, che però si sta purtroppo facendo strada. La medicina fino ad ora si è sempre orientata nel concordare il sesso fenotipico con le altre componenti, cromosomica e gonadica. Da quando si sono messi in moto movimenti, paragonabili in tutto agli antivax, che giocano sulla pelle degli altri e mettono in crisi il sistema, accade a volte che i medici abbiano paura, si sentano meno liberi nel prendere decisioni, secondo coscienza e alla luce delle più recenti acquisizioni della medicina, per il bene del paziente.
Certo, è vero, in passato sono stati commessi errori. Ad esempio se un bambino nasce in un ospedale periferico, che non ha all’interno un centro di chirurgia pediatrica avanzato, non sempre è possibile subito un counselling tra specialisti, magari c’è solo un medico giovane e inesperto che guarda sommariamente i genitali e commette un errore. Oggi si fanno studi cromosomici e genetici, si indentificano le anomalie dei geni. Non dimentichiamo che solo una trentina di anni fa non c’era la laparoscopia per guardare nella pancia dei bambini, ora vediamo ogni dettaglio. Quindi di certo non escludo questi errori, ma faceva parte della medicina di quel tempo, oggi ci sono tecniche molto sofisticate e il rischio di errore è molto ridotto, prossimo allo zero.
Ci sono poi casi particolarmente complicati, in cui c’è una commistione non tanto nei genitali esterni, ma interni, vagina fuori e testicoli dentro, ovaio da una parte e testicolo dall’altra. In queste condizioni può essere meglio aspettare, ma sono davvero pochi, e la strada da seguire è comunque quella dell’investire in competenza, fuori dalle ideologie. Le chirurgie pediatriche ben attrezzate sono poche, e questo sì è un problema.
Qual è ad oggi l’iter giuridico per questi casi? Il Parlamento Europeo ritiene che in Italia, come in molti altri paesi, non ci sia una normativa adeguata, mentre in Germania ad esempio è da pochi mesi possibile registrarsi sui documenti con un “terzo sesso”
In Italia oggi la dichiarazione del sesso di un bambino può essere sospesa dal tribunale fino a sei mesi, dopo di che il bambino deve avere un sesso anagrafico. Il sesso lo dichiarano i genitori all’ufficiale dello stato civile. Nel caso in cui operai io e che fece discutere, era accaduto, appunto per l’errore di un medico inesperto, che i genitori avessero dichiarato allo stato civile il sesso sbagliato alla nascita, poi i neonatologi hanno studiato meglio il paziente e dato tutta la documentazione ai genitori, i quali hanno chiesto al tribunale dei minori di cambiare il sesso anagrafico. Il giudice può anche riservarsi di prendere una decisione, ma in questo caso la documentazione medica inequivocabilmente orientava il sesso del bambino verso quello maschile.
Non l’avrei nemmeno sfiorato prima che il tribunale dei minori cambiasse il suo sesso anagrafico da femmina a maschio, quando è arrivato da me era anagraficamente di sesso maschile. Su questo soggetto di sesso maschile ho fatto interventi che hanno eliminato residui di genitali femminili che non concordavano con sesso cromosomico e gonadico. Aveva testicoli dentro la pancia e ora li ha nello scroto e sta avendo uno sviluppo del tutto normale. La normativa italiana affida la patria potestà ai genitori, quindi decidono i genitori ma non da soli, non è che possono decidere loro il sesso. Se arriva un genitore che vuole far cambiare sesso al figlio senza gli elementi opportuni, chiaramente il medico si rifiuta, e se il genitore insiste il medico chiama il giudice tutelare. Sono vari gli attori coinvolti.
C’è chi sostiene che il genere sia un fatto innato, eppure crescere fino alla pubertà e oltre con un apparato genitale ambiguo, in un corpo in cui coesistono testicoli che producono testosterone e ovaie che producono estrogeni, non appare come un fatto ininfluente sullo sviluppo di un individuo. In che modo a suo parere il corpo influisce sulla psiche, nella determinazione del genere?
La Società Italiana di Psicologia Pediatrica è concorde sul fatto che far crescere un bambino nell’ambiguità di non sapere se è maschio o femmina è nocivo per il suo equilibrio psichico. Chi ha mosso queste polemiche faziose parla sempre e solo di quei sempre più rari “errori”, ma pensiamo ora a un bambino nato con una malformazione genitale che diventa adulto e si chiede: perché non mi hanno curato? Al di là del disagio sociale, dell’essere preso in giro a scuola o in un piccolo paese, che sono comunque aspetti non trascurabili, vivrà un conflitto interiore profondo.
E’ meglio effettuare le correzioni il più possibile in età infantile, prima dei tre anni, poiché fino ad allora il bambino non ha ancora la percezione della sfera genitale, non riconosce, ad esempio, il pene come tale, ma per lui è come se fosse un dito o una qualsiasi altra parte del corpo. E’ quindi quello, a meno dei casi più complessi cui accennavo prima, il momento più opportuno per una correzione fenotipica che permetta un successivo corretto sviluppo, sia fisico che psicologico.
Non so se il genere sia innato, ma c’è un genere che al di là dell’aspetto fenotipico si forma all’interno della psiche. L’io psicologico è libero, alla luce dei fatti odierni, di determinarsi in un senso o nell’altro al di là dell’aspetto fenotipico. La transessualità ne è la prova. Non ha senso quindi rinunciare a correggere una malformazione che le più avanzate conoscenze mediche permettono di correggere: una disforia di genere può verificarsi a prescindere, anche in persone nate senza ambiguità genitale.
Pensiamo invece al caso in cui nasco con genitali ambigui ma l’io psicologico si sente maschio ed è attratto dalle femmine (per fare un esempio, ma lo stesso vale al contrario), poi mi guardo e non ho il pene ma un organo indefinito, vorrei accoppiarmi con una ragazza ma non posso, non ho genitali adeguati. Questo è il vero disagio, il più probabile, la vera ambiguità.
In parole povere, non basta avere il pene per sentirsi maschio, ma se la metto al contrario, mi sento maschio ma non mi ritrovo i genitali, che esistenza avrò? Ed effettuare gli interventi da adulti è più complicato, più doloroso e c’è meno esperienza medica alle spalle, quindi anche maggiore probabilità di errori. Di tutti questi aspetti bisognerebbe tener conto, prima di fare speculazioni ideologiche.