Ho fatto un disastro. Una di quelle cose che spesso mi scappano, mi diverto come un matto e mi faccio altri quattro o cinque nemici. Questa volta su Facebook. Poiché la cosa che ho fatto è scappata di mano provocando reazioni a catena esplosive, vale decisamente la pena scriverne qui, per interrogare innanzitutto me stesso. Ma prima devo fare alcune premesse.
Allora: in generale, salvo il pugno iniziale di amici e parenti, su Facebook non cerco nuovi “amici”. Ho altri modi per cercare di comunicare col mondo, anche sullo stessa piattaforma (per esempio nei gruppi), su YouTube e così via, mentre il mio profilo Facebook è costituito prevalentemente da persone che hanno chiesto la mia amicizia dopo avere, io, verificato un minimo chi fossero: se sono già amici di miei amici fidati (la richiesta di amicizia evidenzia questi contatti comuni) generalmente accetto; se invece non abbiamo amicizie in comune, se indagando sul loro profilo non trovo inni al fascismo, lodi a Salvini, ingiurie al cugino della Boldrini e altre vaccate, allora concedo l’amicizia senza problemi.
Venerdì-sabato scorsi, invece, ho fatto una cosa assai diversa. Ho cercato – nelle proposte di amicizia che seleziona Facebook – una trentina di persone che avevano 50-60 amici in comune con me e ho chiesto loro l’amicizia; questo numero abbasta importante dipende, se non in tutti i casi almeno nella maggioranza, dal fatto di appartenere alla stessa associazione, che ospita professionisti, professori e altre brave persone comunque istruite, di una certa cultura, certamente intelligenti.
La maggior parte (non ho controllato quanti) ha accettato ma poi, sabato, ho pubblicato questo post sul mio profilo.

Nessun riferimento, nessun nome, ma molti dei miei nuovi “amici” si è sentito chiamato in causa. Qualcuno ha ridacchiato. Qualcuno ha chiesto spiegazioni. Ma qualcuno si è immediatamente arrabbiato.

L’ultimo in fondo a questo screenshot si è talmente arrabbiato che oltre a rammentare (un po’ volgarmente) mia sorella, mi ha immediatamente bloccato, e per questo è privo di una mia risposta.
Adesso devo fare una piccola digressione “sociologica”: apparrà a molti lettori di HR, non coinvolti da questa piccola provocazione, che nel mio colorato post su Facebook non c’è nulla, ma proprio nulla, ma proprio zero-virgola-zero di proposito offensivo. C’è, invece, una piccola provocazione (l’ultima frase) che è tale solo in quanto spiazzante; l’ultima frase spezza, o forse meglio sconferma, la classica dinamica Facebook, che tutti abbiamo interiorizzato, secondo la quale se ti chiedo l’amicizia, e tu me la concedi, sei tu ad avere fatto una sorta di piacere a me; tu hai accondisceso, ti sei bonariamente concesso, e semmai sarai tu – in seguito – a pentirti e a “disamicarmi”. Il fatto di avere chiesto e ricevuto l’amicizia, poi di averla subordinata a non si sa quale mio successivo giudizio, ha infranto una regola non scritta, una consuetudine. Ho spiazzato diversi di questi nuovi amici e amiche.
Per farvi capire meglio il tipo di “gioco” fatto (diomio, si trattava di questo, infine!), vi faccio due piccolissimi esempi tratti dalla mia quotidianità (perché sono compulsivo nella tentazione di spiazzare gli altri):
- primo esempio: sovente, alla persona che mi approccia con uno squillante “Buongiorno!”, io rispondo con un mesto “Speriamo…”; piccola cosa, ma che infrange la consuetudine del saluto, che ha un preciso significato di riconoscimento sociale, come hanno ben studiato micro-sociologi, interazionisti simbolici ed etnometodologi;
- secondo esempio: meno spesso, ma se sono in vena, anziché chiedere distrattamente “Come stai?” e rispondere “Bene, grazie”, chiedo: “Da 1 a 10 come stai?”; qui l’infrazione consiste nel non limitarsi, ancora una volta, a una formula stereotipata di riconoscimento sociale, ma pretendere un giudizio vero, addirittura da stabilire entro una scala… Generalmente la gente farfuglia un po’ prima di rispondere.
La mia frase nel post colorato è dello stesso tipo, e giochini linguistici di questa natura ve ne posso suggerire a dozzine. Quale lo scopo (qualcuno mi ha chiesto su Facebook)? ma nessuno, santocielo! Ho giocato, mi è venuto di giocare… Qualcuno se ne è brillantemente infischiato, qualcuno ha ridacchiato e qualcuno si è assai arrabbiato.
Non era mia scopo fare arrabbiare nessuno; anzi, non era affatto previsto, ma proprio per niente. Quindi – sarò autolesionisticamente chiaro – non mi scuso proprio con nessuno. Come ha acutamente capito una “vittima” del gioco,
non si può dare automaticamente la responsabilità all’altro del proprio stato d’animo e della propria reazione. Non c’è un destinatario, non c’è un insulto. Legittimo che chi legge possa reagire nei modi più disparati, ma perché sostenere che sia il post a essere offensivo?
Ora, per carità, non è mica stato un grande “esperimento”, lo so, come sociologo so fare di meglio, ma nella sua limitatezza mi ha comunque colpito.
- Diamine, gente! Facebook vi sta divorando la vita! Non è reale, ripeto: NON-È-REALE! È un luogo fittizio dove il 90% degli “amici” non li avete neppure mai incontrati e dove ogni volta che scrivete una qualunque cosa arricchite Zuckerberg e una miriade di altre società, ditte, la CIA, Putin, Soros e chissà chi altri!
- Gli “amici” di Facebook sono sconosciuti che cercano di fare casino, o di fare informazione seria, di divertirsi con barzellette sconce oppure di fare politica, e voi potete facilmente verificare ciascun profilo, o chiedere informazioni, prima di accettare l’amicizia. O prima di toglierla.
- E l’ironia, maro’, l’ironia… È da tempo che ho scoperto che ironia e autoironia, satira sottile, figure retoriche sarcastiche… niente, su Internet (che sia Facebook, che sia Twitter o un più argomentato blog) non funzionano; ne scrissi tempo fa dopo un’infelice post subitamente equivocato da molti.
- Ma poi, potrei sbagliare, c’è questa dilatazione dell’Ego. Porca miseria, come mi sono permesso di scrivere che “sono in prova”? A loro poi! Io poi! Io me li immagino, alcuni di costoro che mi hanno subito disamicato o addirittura bloccato, col petto gonfio di indignazione e il viso rosso paonazzo, di fronte a codesto scriteriato (il qui presente vostro umile blogger) che si permettere di fare un prova. Con loro. PROPRIO CON LORO! Ma come diavolo si permette costui?
In finale devo però dire che c’è dell’altro. Nel lungo dibattito a più voci che è seguito sono intervenute altre amiche, questa volta amiche conosciute personalmente, non solo virtualmente, alcune delle quali mi hanno sgridato. Una di queste, stimatissima, mi ha scritto:
Ti sei accorto di avere offeso delle persone. Perché te ne sei accorto, se ho ben capito. Se non li hai insultati deliberatamente, potresti prendere in considerazione l’idea di scusarti. Se invece è stata una cosa voluta, allora non capisco
Una seconda (sempre personalmente conosciuta e sempre da me stimata):
Un’uscita decisamente infelice. Anche se non sono tra i 30 l’ho trovata sgradevole pure io, quindi capisco chi non ha apprezzato. Non so cosa volessi dire, ma qualsiasi cosa fosse quello che si legge non ti rende in simpatia (e forse non solo in quella).
Ecco: più dei due o tre che si sono offesi e mi hanno disamicato o bloccato, mi hanno colpito questi due commenti. Queste amiche (colte, professioniste, intelligenti, che mi conoscono da anni…) vedono un’offesa, una sgradevolezza… esattamente in cosa? Nel fatto che ho provocato un sussulto eversivo nella tranquilla omologazione zuckerberghiana? Amiche! È solo Facebook! E’ solo merda!
(Domenica ore 16.02: ho cancellato il post col codazzo di commenti. Non volevo offendere nessuno. Non mi sto scusando. Cerchiamo di dare il giusto valore alle cose. Cerchiamo di riderci un pochino addosso, ogni tanto. Specialmente, specialmente specialmente: cerchiamo di rompere le routine, a partire da quelle linguistiche: si aprono dei mondi, solo a volere).
