Ma davvero giornalista e sciacallo sono per forza sinonimi?

In questo post toccherò un argomento insolito, e un ambiente ancora più insolito, per le abitudini di Hic Rhodus. L’argomento è la professione del giornalista, e l’ambiente in cui si è verificato l’episodio da cui prenderò spunto è quello del calcio professionistico.

I fatti, in estrema sintesi: un popolare allenatore della nostra Serie A, Sinisa Mihajlovic, ha annunciato in una conferenza stampa di essere affetto da una leucemia, confermando che continuerà a lavorare con l’appoggio della sua società (il Bologna) e che combatterà la malattia con la stessa tenacia che gli è sempre stata riconosciuta sia come calciatore che come allenatore. A un certo punto, però, Mihajlovic ha aggiunto un’annotazione amara: “Ho chiesto riservatezza a tutti voi, volevo essere il primo a dare la notizia. Non tutti mi hanno rispettato e per vendere 100-200 copie di un giornale hanno rovinato un’amicizia di 20 anni. Mi dispiace molto per questo”.

Il riferimento, come è presto stato chiaro, era al direttore del Corriere dello Sport, Ivan Zazzaroni, che, venuto a conoscenza della grave notizia, ha deciso di pubblicarla, in prima pagina, prima dell’annuncio da parte dell’interessato, sia pure non citando direttamente la specifica malattia. Il giorno dopo, in un post su un Social, si è rammaricato di aver “fatto il giornalista e non l’amico che avrebbe dovuto attendere un’altra mezza giornata per lasciare che fosse lo stesso Sinisa a raccontare”. Aggiungiamo anche, stavolta a onore del mondo del calcio, che lo sfortunato allenatore è stato oggetto di molte e calorose manifestazioni di solidarietà.

Eppure, le parole di Zazzaroni mi hanno costretto a una riflessione. Il direttore del Corriere dello Sport (quindi non uno qualunque), indipendentemente da come valutiamo il suo concetto di amicizia, dà per scontata una cosa: “il giornalista”, a conoscenza del grave stato di salute di una persona, e sapendo che quella persona non vuole che lo si divulghi, fa una cosa sola: lo scrive in prima pagina. Naturale, vero?

A me, invece, non sembra naturale affatto. Qui non stiamo parlando del nuovo, segretissimo, schema tattico che il Bologna adotterà nel prossimo campionato, né di un’indiscrezione di calciomercato. Stiamo parlando di una grave malattia, e del fatto che esisterebbe una professione, di grande rilievo sociale, che imporrebbe (contro la legge, ma non è questo il punto) ai suoi praticanti di renderla pubblica contro la volontà del malato. E sarebbe solo un rapporto privilegiato personale a poter forse indurre “il giornalista” a comportarsi “da amico” (cosa che poi, alla prova dei fatti, il giornalista non fa): se non sei amico dei giornalisti, la tua salute deve finire in prima pagina. Se pensavi di poter decidere tu come e quando, con quali parole e in quale circostanza, informare gli altri di questo tuo drammatico problema, ti sbagliavi di grosso. La cosa ti provoca ulteriore dolore e sofferenza? Peggio per te.

E, purtroppo, non è solo il giornalismo sportivo a regolarsi così. Non c’è bisogno, credo, di portare esempi a dimostrazione del fatto che la sfera personale viene costantemente invasa non perché costituisca una notizia in sé, ma perché stimola e soddisfa allo stesso tempo la curiosità morbosa del pubblico. C’è chi su questa curiosità, e sull’attenzione dei media, ha costruito una fortunata carriera, certo; ma questo non rende naturale sottrarre a chiunque possa diventare oggetto della curiosità del pubblico il diritto di gestire le proprie vicende più private e dolorose. Una professione che naturalmente prospera sulla sofferenza che provoca esponendo al pubblico questo tipo di “notizie” può solo essere descritta col termine di sciacallaggio; e le parole di Zazzaroni significano esattamente questo: io, come giornalista, sono necessariamente uno sciacallo, anzi se capita azzanno anche gli amici.

Ebbene, io questo non lo credo. Credo, certo, che sia estremamente facile fare lo sciacallo: cercare notizie vere, che informano il pubblico rinunciando ad alimentarne il guardonismo, è faticoso e difficile. Però il giornalismo che ricerca i fatti che riguardano la vita dei cittadini, li verifica, risale alle fonti, non è un’astrazione: è, anzi, l’unico giornalismo che meriti rispetto. Se, per fare un diverso esempio, il Sindaco di Roma Virginia Raggi pubblica un video girato davanti a un impianto chiuso, e afferma che si tratta di uno di quelli che dovrebbero essere aperti (non sto qui a riepilogare tutta la storia), e poi un avversario politico la smentisce, io trovo assurdo che praticamente tutti i giornali abbiano riportato le dichiarazioni dell’una e la smentita dell’altro, senza che nessuno facesse lo sforzo di andare sul posto a verificare. Il principale quotidiano della Capitale, nella versione online, titola:
Rifiuti, blitz di Raggi nell’impianto Ama: «È chiuso, Zingaretti bluffa». La replica: «Bufala, si vergogni». Nel pezzo, le dichiarazioni di entrambe le parti, e basta.

Ebbene, secondo me anche questo non è giornalismo. Questo è velinismo. Un giornalista, se pensa che questa notizia valga un titolo, sale in macchina, arriva fino all’impianto, verifica di persona e si assume la responsabilità di dire al suo lettore “ho controllato, e ti dico che le cose stanno così e non cosà, perché questa è la mia professione“. Ci mette la faccia, insomma. Perché questo è un caso facile, un’ora di tragitto e un paio di foto sarebbero bastate. Ma il “giornalista” non ci pensa nemmeno, anzi sono sicuro che se leggesse queste righe le troverebbe enormemente ingiuste: lui lavora tanto, e guadagna una miseria…

Ebbene, confesso che almeno per quello che mi riguarda è anche questo terribile intreccio tra sciacallaggio e velinismo che mi spinge a scrivere qui su Hic Rhodus. Quando qualcosa è importante, raramente posso contare su una fonte giornalistica come la vorrei: quasi sempre, se voglio capire, devo approfondire, cercare fonti, leggere documenti e statistiche. E allora, insieme al caro amico Claudio, abbiamo pensato che valesse la pena di offrire a chi voglia seguirci le stesse informazioni e le stesse riflessioni che facciamo per noi stessi. In attesa che il giornalismo italiano ripudi finalmente in blocco sciacallaggio e velinismo.

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