L’Italia è un Paese dove è difficile annoiarsi, e si riesce anche a combattere la calura con le freddure di una politica che se fosse un film hollywoodiano sbancherebbe i botteghini. Come tutti coloro che si appassionano all’argomento – una minoranza di radical scic – seguo attentamente la nuova dicotomia che divide l’Italia (perché sempre nei secoli gli italiani amano dividersi): andare subito al voto o fare un governo anti-populista? Se voi siete fra i professoroni interessati alla diatriba avrete notato fior di firme, di commentatori e opinionisti (oltre ai politici) a favore dell’una e dell’altra opzione, e se per caso cercate anche voi di non avere un paraocchi ideologico è difficile non riconoscere in ciascuna delle due posizioni qualcosa di vero, di buono, di ben argomentato, tant’è vero che ai più depressi viene il lugubre pensiero che in ciascun caso non cascheremo in piedi, e che la scelta sia fra impiccagione e sedia elettrica. Da italiani ci affidiamo alla sorte; hai visto mai che la corda sia logora e alla sedia manchi la corrente?
Io personalmente sono del gruppo “ANDIAMO A VOTARE”; lo è anche l’amico Ottonieri ma le considerazioni che seguono sono solo mie.
- La storia recente italiana, diciamo da Mani pulite in poi, ha mostrato con chiarezza cristallina che i governi “contro” hanno vita breve; per anni li abbiamo visti contro Berlusconi, con il progetto prodiano nato morto per l’eccesso di forze politiche troppo diverse, troppo distanti, con agende differenti, pronte a mettere veti e non solo; poiché è assolutamente ovvio e logico che ciò accada, e poiché ne abbiamo dolorosi esempi recenti, non credo valga la pena insistere; l’ammucchiata anti Salvini non sarebbe un onesto patto elettorale fra forze politiche simili ma – numeri alla mano – impegnerebbe forze politiche distanti fra loro mille miglia. Non basta essere “contro” qualcosa o qualcuno per riuscire a ben governare, tanto più per un periodo di tempo decente.
- Qualunque governo anti Salvini dovrebbe giocoforza prevedere quanto meno il PD e il M5S, lasciamo perdere gli altri. Ebbene, di tutte le alleanze innaturali non c’è un mostro più contro natura di un’alleanza coi pentastellati. I 5 Stelle non sono “un po’ di sinistra”; non hanno “qualche idea programmatica simile alle nostre”, non sono “sciocchi e sprovveduti ma democratici”… Trovo esasperante chi finge di non capire (non posso credere che non si tratti di finzione) che il populismo 5 Stelle è prodromico del fascismo sotto l’aspetto ideologico (che è scarso) e soprattutto fattuale. I 5 Stelle sono nati, e sono cresciuti, come forza antagonista, antisistema, addirittura anti-istituzionale (e siamo alle soglie dell’eversione); sono antiscientisti, antimodernisti, anti-sviluppo; sono giustizialisti, massimalisti, autoritari e dogmatici; sono il contrario di qualunque visione liberale e democratica in tutti e ciascuno dei loro tratti comportamentali. Quando abbiamo scritto (da sempre e senza originalità) che noi (noi di HR almeno…) siamo contrari ai 5 Stelle non già per quello che fanno, ma per quello che sono, intendevamo esattamente questo: il populismo è il male, e la versione 5 Stelle del populismo ha rappresentato la più grande minaccia alla nostra democrazia, e non vale dire, pensare, che sono probabilmente cambiati, che sono stati ridimensionati e altre sciocchezze (come premette Bettini nel suo lodo oggi al centro dell’attenzione). La Lega al governo l’hanno portata loro, e le affinità fra i due gruppi è assai superiore a quanto i litigi – dominati dalla forte personalità di Salvini e dalla nullanza di Di Maio – possono avere lasciato intendere.
- Il governissimo anti Salvini, poi, si troverebbe a dovere risolvere le grane peggiori ereditate da questi sciagurati, a partire da una legge finanziaria che deve trovare un pacco di miliardi non da poco, poi le questioni Alitalia, Ilva, TAV… non una sola crisi in cui il freno ideologico dei 5 Stelle non peserebbe sopra e contro le politiche economiche degli eventuali socialdemocratici temporaneamente alleati. Le manovre per scongiurare l’aumento dell’IVA, una serie di misure assolutamente necessarie e impopolari, sarebbero prese dalla solita sinistra masochista, semmai col voto ipocritamente contrario dei grillini che credono di salvarsi l’anima. Ditemi, con sincerità, quale politica economica, industriale e del lavoro potrebbe trovare un punto di sintesi fra Di Maio e Zingaretti, per non parlare di altre componenti dell’ipotetico governissimo. I rinnovati litigi, le immancabili pregiudiziali, i necessari rinvii dei temi più caldi, a chi credete porteranno vantaggi? Agli zombi 5 Stelle? Ai mutaforma PD? O al cinico e spregiudicato Salvini?
- Perché il Truce avrebbe vita facilissima. Dall’opposizione, sostenuto da metà degli italiani, potrebbe continuare la sua mai interrotta campagna elettorale urlando al tradimento, agli inciuci, alle politiche di sacrificio delle zecche rosse e altre amenità. E siederebbe divertito sulle sponde del fiume Papeetee per vedere passare il cadavere dei suoi nemici, andare quindi comunque alle elezioni e prendere ancora più voti. E non dovrebbe aspettare neppure molto.
- Una parte delle motivazioni per il governissimo (per esempio quelle esposte da Renzi sul Corriere della Sera di qualche giorno fa e ribadite giusto ieri in conferenza stampa) sono in buona parte ridicole, come la sciocca necessità – che non è affatto tale – del taglio dei parlamentari; una vera boiata populista, assai lontana dal pensiero renziano dei bei tempi, che in realtà serve a dilatare i tempi elettorali a causa di vincoli costituzionali che verrebbero necessariamente assunti. Il tema dell’elezione del Capo dello Stato è più seria ma, diamine, si deve aspettare il 2022 e, con questi chiari di Luna, è inutile fare previsioni; certamente non sarebbe il governissimo, che in nessun caso sopravviverebbe tanto. Il problema vero, per Renzi, è quello dei suoi fedelissimi in Parlamento, che con Zingaretti non sarebbero mai più così tanti come oggi. Che poi è il vero problema dei grillini, terrorizzati dal fatto che resterebbero per lo più disoccupati dopo avere appena assaggiato i privilegi della kasta.
- Lasciamo invece che il Truce vada per la sua strada, con la sodale Meloni, che vinca largamente le elezioni, che si sbrogli da solo i problemi economici e finanziari del Paese che lui ha contribuito a imbrogliare e che vada lui, poi, a spiegare agli italiani perché le tasse cresceranno, i servizi diminuiranno e l’economia continuerà a stagnare. Urlerà che è colpa di Bruxelles, del destino cinico e baro, di Bilderberg e Soros… Che strilli. Intanto l’opposizione tutta rifletta, studi e si prepari. Forza Italia è al collasso; seguirà il Truce? Chi riuscirà a sfilarsi per un progetto liberale? Carfagna, e poi? + Europa cosa farà? Resterà una nicchia di opinione? Renzi si sta facendo il suo partito, bene: come si collocherà? E la sinistra radicale continuerà la ricerca della pignatta d’oro sotto il Sol dell’Avvenire o maturerà in funzione di una politica realista? Il governo nero Salvini-Meloni (che gioia, si smetterà con la sciocchezza del “governo giallo-verde”) durerà certamente più di quello Di Maio-Renzi-Altri perché sarà internamente coerente e, a differenza dell’attuale, sarà travolto dalla realtà, e non da congiure di palazzo vere e presunte, utili alibi per scaricare le proprie colpe; sarà travolto dall’Europa, dai mercati, dai ceti produttivi, dagli stessi cittadini stanchi di urlare contro il negro mentre gli si dissolvono le certezze attorno.
Noi dobbiamo fare politica, non banalmente esercitare un potere. Fare politica vuole dire costruire programmi seri e comunicabili su molte materie delicate – come diciamo da troppo tempo di su HR – e questo oggi manca; significa far fermare i giochi sul tavolo (Berlusconi e Renzi) e ragionare da posizione chiare; significa quindi costruire alleanze politiche, non banalmente elettoralistiche, per sfidare il Truce quando si saprà di poterlo battere.
Il vincente prima vince e poi dà battaglia.
Il perdente prima dà battaglia e poi cerca il modo di vincere.
(Sun Zi).