Anche Prodi benedice la costituenda alleanza fra PD e 5 Stelle, non certo ultimo fra i politici di rilievo, a patto che si arrivi
all’approvazione dettagliata, rigorosa e perfino pedante, delle misure da prendere già a partire dalla prossima Legge finanziaria
(R. Prodi, Editoriale sul “Messaggero”, 18 ago 2019).
Di ammucchiate politiche, sorrette da programmi rigorosi e dettagliati, Prodi è un esperto, e parla quindi con cognizione di causa. Dopo la legnata del Prodi I, infatti, traendo insegnamento da quanto già vissuto, in preparazione della riscossa varò la Fabbrica del Programma, in un capannone bolognese, dove cittadini, intellettuali e volonterosi andavano a contribuire con idee e proposte (una Leopoldona ante litteram). Il risultato fu un programmone di ben 281 pagine che potete ancora leggere, per vostro erudimento, QUI. Già all’epoca questa enciclopedia programmatica – cresciuta ben oltre le intenzioni del promotore – suscitò perplessità, ma non si dica che non era dettagliato. Il risultato fu quello noto, e grandi, grandissime responsabilità ebbero i partitini minori che potevano porre veti incrociati in barba al programma. Così come non è certo bastato il Contratto di governo degli sciagurati (comunque 58 pagine) a non far confliggere gli attuali governanti.
È del tutto evidente che scrivere un programma dettagliato non serve a nulla. Scrivere non serve, e maggiore sono i dettagli e più si trova spazio per l’ambiguità, per il non detto, per l’implicito, per l’alluso, perché la lingua è di per sé ambigua e interpretabile, e perché semplicemente l’arte del governo deve confrontarsi con mille e mille piccole e grandi emergenze quotidiane non previste né prevedibili e se previste, quasi certamente, non in quella forma, tempi e luoghi. Abbiamo parlato a lungo di linguaggio su HR, chi volesse approfondire trova molti spunti.
Un vero programma politico, un buon programma politico, si nutre di elementi chiari espressi in termini generali, proprio per lasciare che i dettagli siano informati dalle specifiche situazioni reali. Una politica per i migranti non deve contenere numeri sui flussi e luoghi di sbarco, ma indicare le politiche adottate (accoglienza, rifiuto, respingimento, integrazione…); una politica economica non deve indicare quale provvedimento prendere per le fabbriche di lapis in crisi, ma mostrare una strada generale (incentivi fiscali, decontribuzione, sostegno all’internazionalizzazione…) così come una politica sullo smaltimento dei rifiuti, energetica, del lavoro… I dettagli, il “come esattamente”, viene poi stabilito nei dicasteri, in consiglio dei ministri, a patto che le forze che sostengono il governo siano omogenee e compatibili; se il governo è sostenuto da forze moderate e riformiste, il programma sarà moderato e riformista, e le piccole differenze su questioni specifiche si risolvono senza eccessivo stress; così pure se fossero di destra (come il prossimo ancora probabile governo Salvini-Meloni, molto omogenei).
L’idea invece che forze abissalmente differenti (come ci affanniamo da tempo a scrivere qui su HR) possano sottoscrivere un patto di legislatura purché dettagliato è una fesseria sesquipedale. E il buon Prodi (che ci ha provato e gli abbiamo reso l’onore delle armi, ma mo basta) getta parole al vento, dimentico della sua stessa esperienza.
E vediamo, e osserviamo, che la corsa al governissimo PD-M5S e probabile sinistra è un’idea che vede, assieme, tutti i perdenti di questi anni di politica: da Prodi a Renzi, da Bersani ai leader sparsi di una sinistra in frantumi. Tutte persone brave e oneste, sia chiaro, con quel brav’uomo di Zingaretti in testa, ma tutti perdenti (ad eccezione di quest’ultimo), per colpa propria o altrui non importa, tutti con un debito da reclamare, tutti con un dente avvelenato in cerca di un rilancio.
Sarà un disastro.
Io, personalmente, sono impressionato da tanta improvvidità.