Umbria – Epilogo

Quando la sconfitta (peraltro attesa) si trasforma in una tranvata senza precedenti, non c’è più spazio per i “ve l’avevo detto”, per i “dovevate essere ciechi per non capirlo” e altre piacevolezze di scarso buon gusto. Comunque sì: dovevate esser ciechi, e qualcuno ve l’aveva pur detto…

  1. A livello locale ha certo influito lo scandalo “Sanitopoli” della Presidente Marini, ma nel massiccio voto a destra hanno pesato grandemente almeno due decenni di perdita di identità della sinistra umbra. Arrogante, autoriferita, priva di ogni capacità di analisi delle trasformazioni in atto nella società locale, incapace di mantenere il livello di buon governo (presunto o reale) nella gestione del territorio, del welfare e della sanità, dell’ordine pubblico (mai stato un tema di un qualche interesse per la sinistra). Quello che è accaduto è uno “sblocco” psicologico nella popolazione umbra; il successo nazionale di Salvini e della destra più truce ha creato una legittimazione implicita, una sorta di “liberi tutti” da vincoli ideologici (e politici, e morali) per cui gli elettori, alla fine,  l’hanno fatta pagare dopo lustri di mugugni; prima a livello di comuni, poi di Regione. 
  2. Come ha risposto la sinistra (?) locale? Con patetici appelli contro l’imminente barbarie, firmato da buona parte dei responsabili storici dello sfascio locale. Ma quale barbarie? In Umbria? Come scrive oggi Cerasa sul Foglio, Salvini non farà uscire l’Umbria dall’Europa, non toglierà l’Euro agli umbri; questo potrebbe accadere a livello nazionale, ma qui in Umbria cambierà ben poco. Adesso che comanda la destra più stolida (ma – attenzione – con capacità amministrative ben consolidate altrove), ci saranno solo micro-terremoti personali, e una leva di protégée di sindacato, di partito e di letto “di sinistra” (?) sarà sostituita con una leva di protégée di altri partiti e di altri letti “di destra”. La risposta doveva essere locale, una risposta di buon governo e di ricambio che doveva partire sin dalla prima vittoria di Romizi (Forza Italia) a Perugia, un sindaco – rammentiamo – grandemente e pienamente riconfermato al secondo mandato.
  3. Ma poi ha fallito l’alleanza col M5S, ovviamente. Un’alleanza considerata “strategica” da Zingaretti e dai vertici di quel partito. Sconsiderata. Folle. Contronatura. La dirigenza PD ha imboccato la strada della pentastellizzazione e ora ne paga le conseguenze, peraltro privando un intero settore politico di rappresentanza, una colpa storica mai sufficientemente pagata. L’unione dei perdenti non può costruire una forza vincente, e non occorre avere letto SunZu per capirlo (ma si dice che D’Alema l’abbia letto, forse deve ripassare…). Per quale ragione un PD individuato popolarmente come oggetto di colpe da punire, dovrebbe trovare riscatto nell’alleanza con un pezzo di sinistra pseudo-radicale (LeU) e con populisti arraffoni, in affanno, demagoghi? Molto meglio i populisti autentici della loro copia sbiadita. Colpisce il fatto che la terza possibile scelta elettorale, il moderato Ricci, è stato affossato senza pietà; gli elettori non hanno voluto scorciatoie, terze vie, soluzioni “democristiane”. 
  4. Quello che la sinistra italiana, riformista e radicale (presente con TRE liste in Umbria) continua a non capire è che il voto a destra del 60% degli umbri (!!!) non è un voto di Salvini ma un voto di popolo. La deriva populista italiana è strutturale, storica; la lenta e capillare “educazione” popolare da parte della sinistra è finita negli anni ’70, sostituita da una posizione di rendita che si è trovata impreparata al giro di boa della cosiddetta Seconda Repubblica. Qui la sinistra riformista ha solo inseguito Berlusconi prima e Grillo ora; cercando la soluzione dei problemi di democrazia tramite l’intervento dei giudici anziché cercando un linguaggio diverso, tornando nei quartieri, nelle fabbriche, nelle scuole… E il popolo – che privo di guida è bestia – si è reso disponibile alla seduzione del populismo truce, egoista ed egotista. In Umbria si è rivelato un nuovo patto fra classi dirigenti reali e Palazzo; se i cavatori e gli edili e i massoni e tutti accettavano di buon grado il PCI-PD, perché mai contrastati, ora si troveranno benissimo con la Lega. Anzi meglio. E gli artigiani, e i commercianti, e i professionisti, che votavano “a sinistra” (?) perché qui era così, e andava bene così, ora semplicemente hanno indicato un nuovo cavallo col quale tirare la carretta dei loro affari. Cos’ha fatto la sinistra (?) riformista? Nulla, salvo rendersi insopportabile e famelica, mentre la sinistra radicale si masturbava su concetti buoni nel Novecento.
  5. È questo popolo che va recuperato. Non insistendo, con una pervicacia satanica, sul piano populista, con alleanze (già morte, ovvio) coi pentastellati. La sinistra moderata, laica, riformista, liberalsocialista, non troverà una soluzione in Renzi, ma solo nel recupero di una capacità di analisi, ascolto e costruzione che durerà, almeno, una generazione. Quindi: prepariamoci pure al peggio.