Hic Rhodus: un blog di nicchia, un po’ invecchiato, che decide di andare avanti…

Abbiamo realizzato un piccolo sondaggio su noi stessi, chiedendo ai lettori di darci un voto da 1 a 5 e di lasciare un commento di spiegazione. Il pericolo, ovviamente, era l’autocelebrazione. Poiché difficilmente persone che disprezzano Hic Rhodus vengono sul blog, quindi non votano (con voti bassi) e non lasciano giudizi negativi; viceversa coloro che l’apprezzano e lo leggono con una certa continuità, sono motivati ad esprimere il loro voto (presumibilmente alto) e a lasciare un buon giudizio. Ne siamo assolutamente consapevoli, e in effetti i voti in sé hanno poco significato mentre i giudizi sì; sì perché solitamente non limitati – nel nostro caso – a poche frasi di circostanza ma argomentati e circostanziati, ed è in quelle argomentazioni e specificazioni che troviamo un motivo di gratificazione e di spinta a proseguire.

Perché, parliamoci chiaro: Hic Rhodus è impresa faticosa e in redazione (una redazione di due persone, per chi non lo sa: Claudio Bezzi e Filippo Ottonieri) da tempo cominciamo a sentire una certa usura, la fatica di procedere: chi ci segue da anni non può non avere notato, per esempio, che nei primi due-tre anni di vita eravamo più “rivista” e trattavamo argomenti disparati, anche avulsi dalla cronaca: geopolitica, linguaggio, diritti civili… Poi, pian piano, ci siamo un po’ ripiegati sui commenti di quanto accade oggi, di quanto è accaduto giusto ieri: molta più politica, specie italiana; alcuni ottimi collaboratori dei primi anni non ci sono più e salvo una o due eccezioni fatichiamo a trovare autori che collaborino con noi con una certa continuità. In redazione, a un certo punto, ci siamo detti che stiamo finendo con lo scrivere sempre le stesse cose, e che quelle originali, ormai, le abbiamo già scritte tutte. Avrete forse notato una conseguenza organizzativa: nei primi 4-5 anni uscivamo rigorosamente il lunedì, mercoledì e venerdì; ora pubblichiamo un po’ più caoticamente, in relazione a ciò che abbiamo a disposizione ma anche con meno “solidità”, se capite cosa intendiamo.

Insomma, qualche fatica ma, soprattutto, qualche pesante punto interrogativo: le cose che scriviamo, qualcuno le legge? Sì, certo, ci sono le statistiche sul blog e conosciamo il numero di persone che hanno fatto click su un articolo. Fidatevi: sono dati talmente discontinui che ci dicono veramente poco. Quei click originano una lettura? Una comprensione? Un cambiamento? Anche qui: alcuni storici lettori ci scrivono e commentano frequentemente; potremmo dire che siamo diventati amici in questi anni. Ma sono ovviamente pochi. E tutti gli altri? Leggono distrattamente? Apprezzano? Cosa, in particolare?

Ecco quindi che il nostro sondaggino è stato un modo per capire qualcosina di più, sostanzialmente riguardo al seguente quesito: vale davvero la pena che continuiamo a scrivere?

La risposta diremmo essere SÌ. 

E siamo un po’ commossi e imbarazzati.

I “voti”, per quel che valgono, ci dicono che di una sessantina di lettori che hanno risposto (non tantissimi rispetto ai numeri di click, ma neppure pochissimi) una metà circa ci dà 5/5 e l’altra metà 4/5. Grazie.

Ma sono appunto i commenti a essere assolutamente più importanti: a parte un paio appuntati sulla pagina Hic Rhodus di Facebook, tutti gli altri sono in calce al sondaggio; potete facilmente leggerli tutti da soli.

In sintesi, ciò che ci ha colpito (e gratificato, sì, diciamolo…) è il riconoscimento della nostra ricerca di un’argomentazione razionale; un tratto distintivo:

Vi leggo per la razionalità delle argomentazioni che proponete, e perché non vi ho mai visto usare fallacie logiche e altre tecniche manipolatorie.

Ho sempre trovato una spinta a riflettere, a cercare di andare oltre la “zona di comfort” dei propri schemi mentali.

Che si tratti di conforto per intuizioni già acquisite, o di spunto dialettico, mai le posizioni che incontro si rivelano men che ragionate e profondamente meditate, in certi casi, oserei dire, sofferte.

In questo blog si trova attenzione certosina e maniacale al ragionamento, all’argomentazione e alla sintassi, al fine di rendere comprensibile, assimilabile e condivisibile quanto espresso; ciò non tanto e non solo per presentare le proprie tesi come dogmi di fede, anzi, è vero il contrario: le argomentazioni sono sempre espresse in modo minuzioso e intellettualmente onesto.

Diversi commentatori dichiarano esplicitamente di non essere sempre d’accordo con noi, ma di apprezzarci anche e di più per questo; perché trovano una tribuna onesta, sia pure di diverso pensiero, con la quale confrontarsi:

Se sai che chi scrive non sta provando a prenderti per i fondelli, leggi volentieri e anche quando magari la ‘pancia’ ti direbbe di non essere d’accordo, inizi a farti domande, e a riflettere.

Ho sempre trovato una spinta a riflettere, a cercare di andare oltre la “zona di comfort” dei propri schemi mentali.

Naturalmente, non trovo sempre consonanza di valutazioni con le mie, ma questo ovviamente è un gran bene per la mente.

Vi leggo perché spesso fate analisi interessanti, soprattutto quando accade che abbiano un’angolazione assai differente dalla mia, anche perché diversamente diventa un po’ onanismo.

Vogliamo dire chiaramente che queste dichiarazione sono veramente di grandissimo conforto per noi. Significano, semplicemente, che la scommessa, dichiarata nel nostro “manifesto”, forse non è stata vinta ma certamente non è stata tradita.

Le piccole critiche – le potete leggere da voi alla pagina del sondaggio – saranno oggetto di riflessione. Se il “fondo verdino” delle nostre citazioni (non è piaciuto) può essere facilmente corretto, probabilmente non modificheremo “lo stile”: l’uso di citazioni (forma) e un certo pessimismo (sostanza). Gli elementi di forma appartengono a scelte redazionali (mostrare i dati, citare i testi, indicare le referenze…) che fanno il paio col razionalismo; gli elementi di sostanza sono invece propri dei nostri autori e dipendono da caratteri e caratteracci… difficile intervenire.

Quindi: per chi scriviamo? Uno dei nostri commentatori dice:

A volte vi fa difetto la chiarezza e date forse per scontato che i lettori conoscano i vostri orientamenti. Così si ha l’impressione di proseguire un discorso già iniziato. Questo a me piace ma rende più difficile diffondere i vostri articoli ad altri. Ci ho provato con i miei figli ottenendo impressioni fuorviate. Non si dovrebbe dare l’impressione di discutere in un club esclusivo.

Probabilmente è vero. Anzi, lo è sicuramente. In redazione ne abbiamo discusso fin dall’inizio e la nostra risposta (che non piacerà probabilmente a questo ed altri lettori) è la seguente: noi non scriviamo per tutti. Ne siamo consapevoli. La nostra scelta non riguarda la divulgazione – un’attività encomiabile – ma l’approfondimento e l’argomentazione con chi ci sta; con chi è in grado sia per strumenti culturali che per predisposizione morale, se così possiamo dire. Noi, per capirsi, non parliamo ai populisti per far loro capire che si sbagliano; noi non parliamo ai no vax per mostrare i dati che confermano i loro grossolani errori; noi non parliamo a chi ragiona per slogan (per incultura, per difetto intellettivo, per qualunque ragione) semplicemente perché lo consideriamo inutile. Sì, certo, è molto snob ed elitario. Abbiamo fatto un po’ di conti arrivando alla conclusione che abbiamo poco tempo, abbiamo pochissima pazienza, e Wilde aveva ragioni da vendere: parlare a chi non ti vuole ascoltare è inutile, sia che costoro non ti ascoltino per incapacità che per partito preso.

Noi scriviamo per chi vuole, e sa, e può confrontarsi con argomentazioni, con spiegazioni, con cavilli – a volte, sì, esageriamo – perché questo aumenta la costruzione di senso condiviso. E l’aumento di senso (semantica, connotazione…) è aumento di valore di capitale sociale, è strutturazione condivisa di pensiero, di azione, di volontà.

Il mondo forse va a rotoli (il nostro pessimismo…) ma c’è un nucleo di resistenti. Questo nucleo è un’infima minoranza, numericamente, ma rappresenta la semenza necessaria per il mondo che verrà; un mondo più bello e ricco? Bene, questa semenza fiorirà rigogliosa! Un mondo tragico? Bene, senza questa semenza non ci sarebbero speranze.

Noi vogliamo essere parte – assieme ad altri – di questa semenza. Noi parliamo a chi vuole essere semenza e desidera non trovarsi solo, avvitato sui propri ragionamenti, e speranze, e dubbi, e paure.

A questo punto, ovviamente, non abbiamo scuse: Hic Rhodus prosegue; un po’ invecchiato, un po’ più discontinuo, un po’ smemorato, non sempre capace di esplorare nuovi territori, ma deciso ad essere, ancora e ancora, semenza.

Fino a quando? Non ha molta importanza, dopotutto…

La redazione di Hic Rhodus al completo, settembre 2014…

N.B.: Questo testo, con l’esito della votazione, è stato chiuso alle ore 19.00 del 14 aprile 2020, e non tiene conto, ovviamente, di voti e commenti successivi.

Tutti i lettori possono continuare a commentare, sul precedente post (quello che includeva il sondaggio) o su questo.

La redazione