Chi non salta negativo è! È!

Senza fare nomi, diciamo che svariate decine di anni fa (ho un’età che mi consente di misurare il passato in decenni, pensa te…) mi sono lasciato convincere da amici a fare un’esperienza di marketing multilivello. Quelle cose per cui vendi prodotti a gente che vende prodotti ad altra gente, a alla fine tu guadagni anche dalle loro vendite, e da quelle dei loro “sottoposti”, in una catena assolutamente legale e funzionante (ce ne sono di truffaldine, state attenti; questa di cui vi parlo io, notissima e diffusa in tutto il mondo è invece correttissima sotto tutti i profili, e guadagnai anche qualche soldino).

Questa organizzazione si basava sulla costante motivazione di ogni elemento della piramide che doveva vendere e trovare nuovi venditori, e in maniera molto americana faceva incontri settimanali, mensili e uno importantissimo, annuale, che all’epoca si teneva addirittura in una località straniera (adesso non so). Non c’era obbligo di partecipazione ma, insomma, se volevi scalare posizioni dovevi farlo. E io lo feci; c’erano degli amici, era un’esperienza nuova, perché no? Autobus dalla mia città zeppa di persone, lungo viaggio allegro tipo gita scolastica, arrivo, e a un certo punto raduno ufficiale, assieme ai partecipanti di decine di altre città italiane, in un maxi tendone dove ci saranno state diverse migliaia di persone. Nell’attesa dei big che ci dovevano concionare e motivare, il vocìo fu interrotto da una qualche figura di secondo piano che dal palco, dopo avere fatto alcune comunicazioni di servizio, si mise a saltellare urlando, ritmicamente: “Chi non salta negativo è – è”. Usano più queste cose? Immaginatevi un assembramento davvero imponente di persone tutte a saltare ritmicamente scandendo, con la voce di mille voci “CHI-NON-SALTA-NEGA-TIVO-È-È”. Prima saltano in piedi i 1.000 più addestrati e proni, poi dopo qualche istante altri 1.000, un po’ più vergognosi ma arrendevoli, poi via via tutti, ma proprio tutti, si mettono a saltare nel tendone scandendo

CHI-NON-SALTA-NEGA-TIVO-È-È

E tutti guardano me.

Perché io resto seduto sulla mia panca, con un sorriso tiratissimo in volto, guardando anche i miei stessi amici, al mio tavolo, che si sono arresi e saltano, e scandiscono, e mi guardano.

Il tempo si ferma. Tutti saltano, migliaia di occhi mi guardano, e io sono quello negativo, quello che rovina la festa, il Giona, e non smettono, e non smettono, e il senso d’oppressione tremendo che provai lo ricordo benissimo. C’è una forza psichica imponente in una massa urlante all’unisono, un magnete ipnotico che ti attrae e ti svuota, non riesci più a pensare se non i pensieri della folla. Anzi: IL pensiero, perché la massa ha un solo pensiero per volta, e quel pensiero ti pervade, ti percuote. O pensi anche tu quel medesimo pensiero o, semplicemente, stai male.

Lo ricordo come un interessantissimo esperimento sociologico. Poi finì, ricordo pochissimo di quel che si fece e si disse, tornammo a casa giocando a carte sull’autobus e facendo credere a un compagno di viaggio che aveva straordinari poteri telepatici e niente, dopo poco mi stancai della cosa e abbandonai quell’organizzazione. Dopotutto non era il mio mestiere. Ho amici che lo fanno ancora, e ci campano…

Credo che pochi abbiano sperimentato quella forza terribile. O che siano, comunque, riusciti a mantenersi lucidi e a viverla anche se terribile, e anzi in quanto terribile. Io che partecipai, in anni gloriosi e tragici, a manifestazioni di piazza, contestazioni, occupazioni e quelle cose che si facevano negli anni ’70, non ho affatto memoria di una potenza simile. Si andava ai cortei (chi ci andava), o alle manifestazioni di piazza (anche recenti, le sardine per esempio) con uno spirito enormemente più libero. Con la forza di un’ideologia, o con l’allegria di una comunità, o con la convinzione di una qualche logica, ma non con il cervello totalmente svuotato di ogni idea e pieno solo di una cosa: essere la massa. Non con la massa, non nella massa. Essere massa; pensare massa; urlare massa; guardare massa.

Immagino che si sentisse così la folla sotto il balcone di Piazza Venezia all’annuncio della dichiarazione della guerra. Si sente così la folla – non importa se di minor consistenza – che lincia rabbiosamente il presunto reo. Qualcosa di simile è il panico collettivo, quando arriva il terremoto e tutti all’unisono ci alziamo dalle poltrone del teatro, o dello stadio, e ci calpestiamo bestialmente accecati dalla sola volontà di fuggire.

Adesso distacchiamoci da situazioni estreme, o particolari. Senza questa così totale sospensione della volontà, con una possibile (ma limitata) possibilità di scegliere fra alcune opzioni, con un residuo di lucidità, quest’uomo-massa ha da tempo invaso le cronache fomentando un oscuro fenomeno secondario: i leader (in senso lato) vedono la massa e desiderano cavalcarla, illudendosi di poterla possedere, e quindi la sobillano, cercano di sedurla, di indirizzarla, e ne finiscono il più delle volte rivoltati come calzini. Però la stessa interlocuzione ha offerto una legittimità alle atrocità della massa, fosse anche solo un’atrocità di pensiero. La massa viene considerata soggetto, semmai anche nella critica, e diventa addirittura interlocutrice del Potere. E se anche quella massa è minoranza numerica, così legittimata diventa arrogante, pretende, e il Potere non sa cosa fare se non concedere. Perché con la massa urlante non si argomenta, non si discute, non si negozia. Non ci si può nemmeno provare.

Adesso considerate sotto questa luce ciò che accade nel mondo, e in Italia, e nelle nostra città. Dalle reazioni al virus alla lotta contro le malefatte di un commerciante vissuto quattro secoli fa, al revisionismo iconoclasta, al rapido mutare del rapporto fra i sessi (non in senso di una maggiore uguaglianza, ma di una forma esteriore di discorso vuoto e fanatico), alle diverse facce del populismo, ai capipopolo d’élite (quelli che mobilitano milioni di sguardi) a quelli straccioni che ci provano nel loro piccolo, semmai urlando un po’ di più. Guardate il passeggio nel corso principale, la gente al mare, al supermercato. Leggete i post su Facebook in gruppi lontani dal vostro pensiero, avventuratevi in quelle zone oscure. Leggete i commenti ai blog e agli articoli di quei giornali che – per ovvie ragioni di traffico – concedono spazio ai lettori. Guardate un talk show, guardate uno di quegli spettacoli dove il pubblico “partecipa”. Guardate gli ultimi sondaggi e provate a parlare, al bar sotto casa, di distanziamento sociale, caporalato e sfruttamento degli immigrati. Provate a dire “Colao”, tanto per vedere l’effetto che fa. Osservate che provvedimenti prende o non prende questo governo, quali diritti sono invocati e pretesi, con quali motivi e forme. 

E ripetete, tutti in coro:

CHI-NON-SALTA-NEGA-TIVO-È-È