Ecco come stiamo uscendo dalla Fase 2

Da quando siamo entrati nella cosiddetta Fase 2 della lotta contro il Covid, devo confessare che avverto un certo disorientamento, come se stessi rotolando lungo un piano inclinato, governato da forze esterne non dico alla mia volontà (anche durante la Fase 1 la mia personale volontà non contava poi molto), ma a quella in genere di tutti gli altri, incluso il governo e le autorità sanitarie. Ho insomma la chiara sensazione che nessuno abbia davvero un piano per la fine della Fase 2 e l’ingresso nella Fase 3 (che poi dovrebbe essere l’ultima), e che stia accadendo quello che può accadere, quasi per inerzia.

Si tratta di un eccesso di scetticismo? Forse, ma i segnali mi sembrano chiari: anche per le lacune di comunicazione su cosa dovesse davvero essere la Fase 2 (ne abbiamo parlato qui), tutti noi stiamo agendo un po’ a casaccio, un po’ cercando di conservare un minimo di prudenza, un po’ abbandonandoci a comportamenti che poi magari sono oggetto della pubblica riprovazione delle stesse autorità che però non ci hanno dato indicazioni chiare. D’accordo, gettarsi in massa in una fontana per festeggiare il risultato di una partita di calcio (giocata peraltro a porte chiuse appunto per evitare che i tifosi si ammassassero) è sicuramente sbagliato, ma al di là di simili casi eclatanti basta guardarsi in giro per capire che ormai l’italiano medio non è più disposto a subire restrizioni per via del Covid. Pochi usano davvero le mascherine (tenerle sotto il mento, o lasciare il naso fuori, non vuol dire usarle), e in generale le precauzioni sono osservate sempre meno e stancamente.

D’altronde, anche i messaggi dalle fonti “istituzionali” sono vaghi, a volte contraddittori. È piuttosto diffusa l’informazione secondo cui il virus sarebbe ormai depotenziato (qualunque cosa ciò possa significare), e in effetti affermazioni ottimistiche di questo tenore sono state espresse pubblicamente da esperti come Matteo Bassetti e Alberto Zangrillo, mentre inviti alla cautela arrivavano da altri esperti come Massimo Galli e Massimo Andreoni. Qualche giorno fa, Andrea Crisanti, il virologo che ha sostanzialmente governato la strategia anti-Covid nel Veneto, ha dichiarato che è preoccupante che la discesa dei casi si sia arrestata, e che in autunno potremmo dover affrontare una recrudescenza dell’epidemia. Quanto al Governo, non mi pare si sia andati molto oltre lo “state attenti” che mi diceva sempre mia madre quando uscivo per fare qualcosa che lei giudicava rischioso (cioè sempre).

Quindi, com’è davvero la situazione? Hanno ragione gli ottimisti o i pessimisti? Gli spericolati o i tremebondi?
Come al solito, vorrei ricorrere ai dati più che alle parole, che come abbiamo visto sopra sono tante e diverse. Preferisco quindi sottoporvi i dati aggiornati, dedicando un’attenzione particolare a Rt, il fattore di riproduzione della trasmissione del virus. Come ricorderete, se Rt è minore di 1 l’epidemia tende a esaurirsi, se è maggiore di 1 tende a crescere; dato che il Covid-19 ha un R “intrinseco” (R0) ben maggiore di 1, per tenerlo basso sono appunto state necessarie le misure di distanziamento e prevenzione che conosciamo; all’allentarsi di queste misure il rischio che Rt cresca, almeno in alcune aree, è presente e va monitorato. Dunque vediamo.

Cominciamo con l’andamento generale dei casi e dei decessi, approfittando della grafica del Sole 24 Ore. Come si vede, il calo di entrambi questi parametri è piuttosto lento, e se da un lato l’ingresso nella Fase 2 non ha provocato una risalita, dall’altro nelle ultime settimane l’andamento è circa costante, come dice Crisanti.

Quanto alla distribuzione geografica dei casi, non ci sono grosse sorprese, come si può vedere dal grafico qui sotto, che riporta il numero di casi nelle due settimane precedenti l’ultimo aggiornamento del Bollettino dell’ISS sulla sorveglianza integrata Covid-19. Come si vede, al Sud i casi sono ormai sporadici, mentre la Lombardia continua ad avere un elevato numero di nuovi positivi e il Lazio si segnala in negativo a causa del focolaio sviluppatosi all’interno dell’istituto di cura San Raffaele Pisana.

Il solo numero dei casi però, come dicevamo, non è sufficiente a “fotografare” efficacemente l’andamento dell’epidemia. È necessario tener conto anche del valore (stimato sempre con una certa approssimazione) di Kt, il numero medio di contagi provocati da ciascun positivo. Anche questo è un dato che il Bollettino dell’ISS riporta settimanalmente su base regionale; vediamo quindi i suoi ultimi valori nella tabella e nel grafico qui sotto.

Stima di Rt – Elaborazione Hic Rhodus su dati dell’Istituto Superiore di Sanità
Stima di Rt – Elaborazione Hic Rhodus su dati dell’Istituto Superiore di Sanità

Cosa ci dicono questi numeri? Pur non essendo un esperto della materia, vorrei comunque provare a tirare le (provvisorie) somme, oggi che possiamo dire che quasi tutte le attività sono state riavviate almeno parzialmente, fatta eccezione per la scuola, che come avevamo visto dall’analisi del Comitato Tecnico Scientifico è considerata la più pericolosa fonte di contatti e potenziali contagi.
Ebbene, mi pare che la situazione non si sia aggravata più di quanto ci si attendesse. Una vera e propria ripresa dei contagi, che pure si poteva temere, non c’è stata, e in ampie aree del Paese, tra cui praticamente tutto il Sud, i contagi sono ormai al minimo, così come Rt, a indicare che i nuovi casi non solo sono pochi, ma destinati a scendere. Non è però così in tutta Italia: come si vede nella tabella qui sopra, accanto a Regioni dove Rt è ulteriormente calato dopo l’avvio della Fase 2, ce ne sono alcune in cui è vero il contrario. La Lombardia, che partiva già con un elevato numero di casi, continua ad avere un tasso di nuovi positivi relativamente alto, e il suo Rt ha raggiunto 0,8, che è un valore che richiede attenzione. Il Lazio, che invece all’inizio della Fase 2 aveva pochi casi, ha visto crescere il loro numero per un paio di focolai tra cui quello grave del S. Raffaele, e contemporaneamente ha visto Rt salire oltre 1, proprio perché questo pericoloso focolaio per alcuni giorni si è sviluppato molto velocemente. Si può sperare che i contagi da esso derivanti siano ora sotto controllo, ma questo è un chiaro esempio di quanto sia ancora possibile che il virus, se non tenuto a bada, si diffonda nella popolazione con velocità impressionante, tanto più se questo accade in una metropoli come Roma o Milano.

In conclusione, non è il caso di essere catastrofisti: nel complesso, l’epidemia arretra lentamente, ma arretra. I nuovi casi, per molte ragioni, sono mediamente meno gravi di quelli rilevati qualche mese fa, e l’avanzare della stagione calda dovrebbe rafforzare queste linee di tendenza. È però certamente il caso di essere ancora prudenti: Lazio e Lombardia soprattutto, anche perché ospitano le due città maggiori del Paese, sono in una situazione delicata, che potrebbe riservare ancora spiacevoli sorprese. L’uso di misure di protezione individuale e la prudenza nel mantenere la distanza interpersonale sono ancora oggi essenziali, proprio perché tutte le attività riaprono e le occasioni di contatto, per forza di cose, non possono che aumentare. Passare dalla Fase 2 al “new normal” si può, a patto di non dimenticare che il virus è ancora saldamente in mezzo a noi.

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