La foto del festival di Venezia e la psicosi da pedofilia

Se lo chiedeva già Umberto Eco, in una delle sue brillanti Bustine di Minerva, “Perché manifestare contro i pedofili?”, nel lontano 1996, in occasione di una marcia a Genova. Che senso ha una manifestazione popolare contro un crimine che già la società condanna in modo unanime? E’ come manifestare contro il furto, la rapina, l’omicidio. Eco si rispondeva che “sono cadute le grandi ideologie, ma il corpo sociale avverte ancora il bisogno di sentirsi unito”, e questo può avvenire solo in battaglie su temi morali universalmente condivisi. Oggi che il corpo sociale è diventato social, alla marcia in piazza è subentrata la shitstorm e all’ideologia il dovere d’indignazione, è bastata la condivisione da parte di SkyTg24 di un’immagine (la riportiamo sotto) giudicata “ambigua”, a scatenare la furia iconoclasta. E si sa, la pedofilia è un po’ come l’olocausto: molto utile, specie quando non c’entra niente, ad avere ragione quando non la si ha. Anche perché se ti opponi, è sempre in agguato l’accusa infamante che “allora forse sei pedofilo anche tu”. Specie se sei un uomo. Se invece sei una donna, sarai di certo una cattiva madre, o comunque una persona poco sensibile verso l’infanzia.

Ha iniziato la destra più becera, urlando al complotto omosessualpederasta di sinistra, che dai gangli del potere culturale punterebbe a sdoganare gli abusi sui bambini. Hanno continuato, dalla parte diametralmente opposta, le femministe dell’ennesima ondata, difficile ormai anche numerarli, questi marosi fuori controllo. Sotto attacco: la frase, la posa, la biancheria, la grata, lo sguardo, e apriti cielo, i piccioni.

Ma andiamo con ordine. La foto è in realtà un fotogramma tratto da uno dei film in concorso a Venezia, Le sorelle Macaluso di Emma Dante, una storia familiare che narra le vicende di sette sorelle siciliane, dall’infanzia alla vecchiaia, e che nulla ha a che fare con la pedofilia.

La frase, “il festival è donna”, si riferisce al fatto che in questa edizione ci sono otto registe su diciotto film, un record di presenza femminile. Ora, è una frase stupida, indubbiamente, ma per altre ragioni. Un festival del cinema è un festival del cinema, non è “donna”, non lo sarebbe nemmeno se le registe fossero tutte donne: per fortuna l’arte è al di sopra del genere. Però vedere un’allusione sessuale nell’accostamento della parola “donna” alla foto di una bambina è davvero da cintura nera di cavillosità, da alto grado di psicopolizia. Una bambina non appartiene forse al genere femminile? Non diverrà a breve una donna? Forse avrebbero dovuto usare il termine “femmina”. Ma certo che no, sarebbe stato molto peggio, è un termine ancor più sessualizzato!

La bambina nella foto non è truccata, non indossa abiti o biancheria da adulta, anzi, indossa proprio biancheria infantile. Di norma una bambina di quell’età, tra i sei e gli otto anni, può stare tranquillamente in spiaggia anche in soli slip, senza che nessuno si scandalizzi. Non è in compagnia di adulti, non ha un atteggiamento sessuale né si trova in un contesto sessuale. Siamo ad anni luce da un’immagine pedopornografica. Ma a quanto pare il pubblico social non ha bisogno di mostre, quanto di mostri, così in un crescendo rossiniano tocca i più alti vertici alti di paranoia: la bambina è nuda,  imprigionata dietro una grata (fatto normale, per ogni stanza al piano terra), e soprattutto è circondata da uccelli, notorio simbolo fallico!

Leggendo tutto questo mi sono resa conto all’improvviso di certi miei ambigui trascorsi infantili tra i piccioni di Piazza San Marco, con ampia documentazione fotografica da parte di quella nota pervertita di mia madre. Scherzi a parte, nella presentazione del film si legge che “le sorelle Macaluso sono uno stormo di uccelli che partecipano al proprio funerale e a quello degli altri”. Sarebbe quindi presente un simbolismo, in questi numerosi pennuti che adornano la stanza e danno un tocco surreale all’immagine, tutt’altro che sessuale. Ma il punto è ancora un altro: se approdiamo a un tale livello di sofisticheria moralistica da attribuire in automatico a ogni sema comunicativo il suo significato più torbido, sarà spianata definitivamente la strada alla censura di ogni creatività. 

C’è chi insinua che l’immagine sia stata scelta apposta per far discutere. Tutto può essere, ma si tratta di un processo alle intenzioni che, a giudicare dalla rapidità con cui SkyTg24 l’ha rimossa in seguito alle critiche, non trova riscontro. Anche perché il fotogramma è oggettivamente bello, affascinante nella sua surrealtà, quasi metafisico, e occorre davvero molta fantasia per vederci il sesso. E’ evidente invece il potere quasi immediato della censura a furor di popolo, anche ove questo popolo, spesso più rumoroso che numeroso, sia difficile da quantificare. 

E a ben guardare, non è solo un problema artistico, ma anche sociale. La pedofilia è un fenomeno terribile, nessuno lo nega, ma molto più raro di quanto non lo faccia oggi percepire una sorta di psicosi collettiva. Già da tempo persino un parente prossimo esita ad avere un gesto d’affetto verso un bambino: sa che potrebbe venire equivocato. E’ sempre meno frequente vedere bambini giocare in cortile, fatto invece quotidiano nella passata generazione. Molte famiglie vivono come se il mostro fosse sempre dietro l’angolo, eppure è davvero improbabile, almeno nel mondo occidentale, che un bambino venga aggredito da un estraneo. Ma così come ogni uomo è visto sempre più come potenziale stupratore, analogamente ogni adulto è un potenziale pedofilo. Siamo sicuri che questo sia un bene per i bambini, e che realmente li protegga? 

Omnia munda mundis, dicevano i latini. Tutto è puro per i puri.Se vediamo la provocazione sessuale in una foto come questa, che erotica può apparire solo ad un fruitore realmente pedofilo, forse è proprio perché abbiamo interiorizzato uno sguardo che va alla ricerca sistematica del male. Questo non significa che chiunque sia infastidito dalla foto sia pedofilo, per carità. Ma di certo un po’ paranoico, o forse portato ad accodarsi all’indignazione generale, che è sempre un modo a buon mercato per sentirsi puri. Ma anche ove fosse in buona fede, credo sia bene che tale sguardo iperprotettivo dai bambini stessi non venga recepito. Li porterebbe in molti casi a vergognarsi prematuramente, oltre che in seguito, del proprio corpo e della propria bellezza. A sentirsi prede, specie protetta. A vivere in uno stato d’ansia perenne. 

Un’altra immagine del film

Davvero qualcuno crede che l’immagine di una bimba graziosa in canottiera possa suscitare istinti sessuali deviati in chi non li abbia già? Sappiamo infatti che come non sono le donne attraenti o in minigonna a venire stuprate più di frequente, altrettanto non sono i bambini belli o involontariamente seduttivi a scatenare la perversione, ma quelli più indifesi, deboli, poveri, abbandonati e per questo accessibili. Spostare l’origine del male dal pedofilo al bambino, come se avesse, se non colpa, potere di determinare la violenza con il proprio atteggiamento o abbigliamento, è pericoloso e fuorviante. Quanto passerà dalla censura di immagini pubbliche del tutto lecite al controllo totale dei bambini, sempre più proprietà esclusiva dei genitori, “oggetti sacri” da proteggere da tutto, anche dalla vita?

Ma allora perché questa foto e non altre ha suscitato scalpore? Un motivo, in ogni caso, deve esserci. Forse la risposta sta proprio nello sguardo della bambina, da molti definito malizioso e ammiccante, ma che in realtà comunica altro, e proprio per altre ragioni può turbare.

Paradigmatico in questo senso è quanto detto dalla Garante dell’Infanzia per l’Abruzzo, che non punta sulla pedofilia, oggettivamente non presente, ma va oltre, quando afferma che l’immagine lede la dignità dei minori in quanto “volto e sguardo della bambina sono senza gioia o spensieratezza”, mentre noi adulti dovremmo aiutarli ad “affrontare la vita con la giusta forza e infondere loro allegria, trasmettere sogni”

La bambina è felice o triste? Sta bene nella sua stanza o vorrebbe fuggire? Non si capisce. Il suo sguardo è arguto, intelligente, interrogativo, persino indagatorio. Ma soprattutto è enigmatico. E’ uno sguardo effettivamente ambiguo, ma di quest’ambiguità la declinazione sessuale è proprio l’ultima. E’ come lo sguardo della Gioconda, forse è la Gioconda da bambina. Ma come dice la Garante, un bambino deve sempre sorridere, o almeno sempre così deve essere rappresentato, per rassicurare l’adulto. Poco importa che l’infanzia sia spesso tra i periodi più drammatici della vita, più densi di solitudine, anche per chi non subisca alcuna violenza. E non serve l’immarcescibile “se non sei genitore non puoi capire”, spesso basta ricordare la propria, di infanzia. 

Ma il bambino deve essere in un solo modo, quello che il genitore, o l’adulto in genere, vuole vedere: felice, solare, sereno. Un contenitore da riempire con i propri pensieri e i propri sogni. Un diverso stato d’animo, o ancor più, come in questo caso, uno stato d’animo non intelligibile, può turbare. Può turbare l’adulto, non il bambino e non il pedofilo. La pedofilia è sempre un ottimo pretesto, ma la verità è che questa bambina può turbare perché nessuno sa cosa pensa. Non si sa se è felice o infelice, se ama o se odia. Perché come nel titolo di un magnifico romanzo di Simona Vinci, che a sua volta fece scalpore tra i benpensanti, “dei bambini non si sa niente”. Sono l’ignoto, il mistero del futuro. Togliere loro il diritto alla tristezza, alla malinconia, al silenzio, forse è la più grande delle violenze.