Il recente scontro fra Laura Boldrini e il direttore dell’HuffPost, Mattia Feltri, mi intristisce, e mi indispettisce. In breve: Boldrini ha un blog sull’HuffPost e scrive un pezzo in cui critica anche Vittorio Feltri, padre di Mattia. Mattia Feltri telefona a Boldrini chiedendole di evitare quei riferimenti, e gli viene risposto qualcosa che suona come “Lei non sa chi sono io!”. Feltri (Mattia) non pubblica il pezzo, Boldrini diventa una furia, Feltri (Mattia) è costretto a una sorta di difesa-accusa che trovate QUI, incassando anche la solidarietà della redazione. Quanto sopra è la versione di Feltri ma, cosa vi devo dire?, non dubito che sia fedele alla realtà. Comunque il parere di Laura Boldrini lo trovate QUI, mentre il suo pezzo è stato poi pubblicato dal manifesto. Ora che avete tutti gli elementi per farvi una vostra opinione, mi permetto di scrivere la mia.
Feltri ha fatto bene; Laura Boldrini male.
Ciò che di male ha fatto Laura Boldrini non è avere scritto ciò che ha scritto, che ne ha tutto il diritto e che potrei benissimo sottoscrivere a mia volta, parola per parola, ma la non voluta comprensione della difficoltà in cui metteva il figlio nonché direttore del giornale in cui chiedeva ospitalità (Mattia Feltri spiega benissimo questo punto nel suo intervento), nonché – e qui divento una iena – avere cavalcato l’onda di proteste contro l’HuffPost; peggio: avere aizzato opposte tifoserie (i giornalacci di destra sono tutti contro Boldrini); peggio ancora: essere parte di quel mainstream che proclama “o con me contro di me”, “o con me o il Giudizio Universale ti devasterà!”. Il “bene” di Feltri è che ha fatto come gli pare, come conviene a un direttore di giornale e, più in generale, a una persona che ha una responsabilità: di fronte a un bivio dove sarebbe andato a sbattere comunque, ha scelto la coerenza con le proprie idee e la lealtà alla propria professione.
La cosa che mi infastidisce, e che non sono sicuro di riuscire a trasmettere adeguatamente ai lettori, non riguarda la querelle Boldrini-Feltri in sé. Nella classifica dei problemi più rilevanti, urgenti, drammatici o semplicemente degni di considerazione questa querelle viaggia verso il 500° posto. E considerando che ritengo Vittorio Feltri una persona inqualificabile, non ho certo difese “di parte” da sostenere.
Il problema è l’arroganza. Punto.
Il problema è anche una particolare conseguenza dell’arroganza, che porta chi ne soffre a ritenersi ottimo, perfetto, intelligente, superiore, per ciò stesso autorizzato a parlare, dicendo qualunque cosa e ritenendo (loro ci credono, davvero!) che le loro parole siano preziose uniche, fondamentali. Costoro parlano. Le esternazioni di ministri e presidenti di Regione di questi mesi sarebbero da raccogliere in volume; chi ha un’età ricorderà quel fortunato libretto, florilegio di strafalcioni infantili, dal titolo Io speriamo che me la cavo; con le gaffe, le cadute di stile, le falsità ciniche assieme a quelle dovute semplicemente all’ignoranza, le posizioni farsesche di questa continua commedia che riempie di vuoto i quotidiani e i telegiornali, ecco: un’enciclopedia si riempirebbe! Titolo suggerito: Loro se la cavano sempre; perché male male che vada (ma proprio male, quando la bischerata rischia di finire in tribunale) basta scusarsi, dire che ci si è sbagliati, o meglio che si è stati fraintesi (e poi via a dirne subito un’altra!); se invece la materia non è da querela, allora si battono i pugni sul tavolo, sempre difesi da una parte: la Boldrini ospitata dal manifesto e osannata dalla sinistra, domani toccherà a uno di destra difeso a spada tratta da loschi ruffiani di quella parte.
Essere di parte è il problema.
Essere di parte non ti fa più vedere nulla, non ti fa capire il mondo e naturalmente ti priva di ogni possibilità di mediare, di trovare – se possibile – un giusto mezzo, un equilibrio che parta dall’idea, o meglio: dalla profonda e assoluta convinzione che, tolta una manciata di mascalzoni, gli altri potrebbero anche essere persone per bene, proprio come te, solo con alcune idee differenti. Essere di parte significa sempre, assolutamente, ritenersi dalla parte della ragione, e anzi ancor di più: dalla parte dei giusti, che è solo un paio di passi prima di ritenere di avere dio dalla propria parte. Noi comunisti, noi fascisti, noi che siamo i veri democratici, noi che sappiamo, noi che siamo noi, e voialtri, lasciatemelo dire, non siete un cazzo.