Massimo D’Alema, intervenendo poche ore fa all’evento Ri-generazione 2020 promosso da Confcommercio Giovani, ha dichiarato: “Io credo che l’attuale governo non ha alternative” (fonte). Senza sarcasmo: se lo dice D’Alema (che, potete dire quello che volete, ma di governi se ne intende, specie di quelli fatti cadere), penso che sia vero. E sinceramente lo pensavo già da me, e credo che i lettori di HR, che seguono da tempo il filo del pensiero politico qui sviluppato, lo sappiano e probabilmente lo condividano.
Siamo intrappolati in un governo che ha una maggioranza parlamentare che non riflette il suo reale peso nel Paese (di molto inferiore); già questo fatto suggerisce ai sostenitori di questa maggioranza, tutti, nessuno escluso, di tenersi stretto Conte fino alla fine della legislatura, perché l’avventura delle urne premierebbe la destra. Perché la frase di D’Alema sarebbe in realtà da correggere in questo modo: “L’attuale governo non ha alternative gradite a me, alla sinistra, ma nemmeno ai moderati, all’Europa e ai mercati”; in parole povere: certo che ci sarebbe un’alternativa, assolutamente democratica nella forma ma altrettanto assolutamente inaccettabile dalle persone che non amano le grossolane posizioni di Salvini e Meloni, la loro ampiamente dimostrata (nel caso di Salvini) incapacità di governo, l’ostilità che circonderebbe immediatamente l’Italia, in un momento in cui ci occorre solidarietà, e non parlo neppure di cose più specifiche come la posizione sull’immigrazione, l’ordine pubblico, le droghe o qualunque altro argomento che implichi un minimo di liberalismo (se non proprio libertarismo), capacità inclusiva e tolleranza.
Il fatto che il governo Conte non abbia alternative praticabili non deve però significare che ce lo dobbiamo fare andare bene per forza. Questo sillogismo sarebbe profondamente sbagliato e pericoloso e ci lascerebbe in balìa del populismo di lotta e di governo (Di Maio & Co.) e di quello governativo e sottogovernativo (Zingaretti e Renzi) senza una speranza.
Non ci stancheremo mai di ripeterlo, qui: il governo è inetto, ondivago e contraddittorio sulla questione pandemica, ma è – soprattutto – totalmente assente sugli altri temi di una normale agenda governativa: economia (e questione MES, e pianificazione decente del Recovery Fund), territorio, immigrazione (cambiare la legge Bossi-Fini, che compirà 20 anni l’anno prossimo, non sembra evidentemente un tema abbastanza “di sinistra”), digital divide, scuola, ricerca e università, riflessione attenta e quindi riordino della previdenza sociale (significa avere il coraggio di parlare di pensioni, di mettere mano a quota 100, di dare respiro all’INPS e forse una speranza alle generazioni che andranno in pensione nei prossimi decenni), dare una sterzata alla sanità pubblica (alla luce della lezione del Covid) dopo anni di deriva privatistica selvaggia e di sprechi immondi, approvvigionamento energetico, infrastrutture adeguate al terzo millennio e infine un ciclo di vere riforme (costituzionali e non) che portino l’Italia almeno a una capacità di efficienza decente, superando il regionalismo becero e autarchico attuale, causa di immobilismo e perpetuo conflitto istituzionale.
Un elenco certamente da far tremare i polsi, assolutamente fuori dalla portata di uomini come Conte e Zingaretti, per tacere di Crimi e Di Maio. Forse il solo Renzi ha contezza di almeno una parte di questi problemi, ma la sua involuzione personalistica, e la sua ridicola forza elettorale, non ci consente di porre fiducia sul suo partito.
Quindi sì, ha ragione D’Alema, ma la versione finale della sua dichiarazione è da me così interpretata: “Siamo in trappola!”. Abbiamo un governicchio incapace, che non ha spessore culturale né capacità politica, non abbiamo alternative accettabili, c’è la pandemia, ci stiamo indebitando fino alla quarta prossima generazione e, semplicemente, non possiamo fare nulla.
Salvo, come cittadini, reclamare a gran voce una politica, accidenti!, uno straccio di politica! Gridiamo che vogliamo una politica del territorio, strilliamo che vogliamo una nuova legge sull’immigrazione, battiamo i pugni sul tavolo per una politica del lavoro sottratta ai fumi di Parisi, manifestiamo per infrastrutture decenti, per una scuola decente e una sanità efficace.
Se rimaniamo silenti, zittiti dalla paura del Covid, impietriti dal timore di Salvini, prigionieri da logiche “di parte” che ci fanno tollerare l’intollerabile, beh… non avremo un gran futuro.