Forse i lettori si aspettano, da Hic Rhodus, un commento sulla crisi di governo e il suo esito. Ha fatto bene Renzi? Ha fatto male? E Conte, Conte, è giusto tenerlo lì, a Palazzo Chigi, con la pandemia che ci minaccia? I cambia-casacca sono stati eroici repubblicani o, al solito, ruba merende in puro stile Scilipoti? Quanto dureranno, ora? Cosa succederà?
Mi dispiace, cari lettori, ma non risponderemo a questi quesiti. Non abbiamo un parere arguto, politicamente corretto, informato dei dietro-le-quinte parlamentari, capace di rassicurare, o di ammonire. Ho sentito solo alcuni degli interventi alla Camera e un paio al Senato, perché proprio mi sono sentito totalmente estraneo. Ho sentito una Meloni cantarle chiare a Conte, in maniera che ho per lo più condiviso, seguito da una Gelmini altrettanto acuta. Poi, ovviamente, ho sentito Renzi, che a modo suo (è un formidabile oratore) ha detto un sacco di cose apparentemente giuste (e attenzione all’avverbio, è importante). Perché le critiche a Conte (venissero da Meloni o da Renzi) erano facili, e all’ingrosso corrette. Poi ho ascoltato Conte nella replica al Senato e ho capito il senso della crisi.
Il senso della crisi è il totale vuoto di politica (lo diciamo da tempo, qui su HR) incarnato da Conte ma, intendiamoci, incarnato dalla coalizione che lo sostiene, coalizione voluta e parimenti sostenuta da Renzi fino a ieri. Lasciamo stare le ragioni che hanno portato Renzi a rovesciare il tavolo: grandi ideali portati avanti con vigore o egoismo miope, non lasciatevi ingannare. È una discussione falsa, che riconduce la politica a gossip, a dinamiche psicologiche personali, che ovviamente hanno il loro peso ma non sono la politica.
Conte 1 prima, e Conte 2 fino a ieri (e continuerà uguale con le prossime puntate) sono stati il vuoto della politica, totale assenza di visione e di programmi, nascosti nel Conte 1 dalla burbanza di Salvini che occupava le prime pagine con la sua battaglia idiota contro gli sbarchi, e nascosti nel Conte 2 dalla vicenda pandemica (condotta a nostro avviso comunque male). Durante il Conte 1 la domanda era “con chi se la prenderà oggi Salvini?”, mentre durante il Conte 2 ci siamo chiesti, ogni giorno, “è rallentata la pandemia, arriveranno i vaccini?”. Ci siamo tutti dimenticati le domande fondamentali: sulla scuola (pandemia e banchi a rotelle a parte, la scuola, l’ordinamento scolastico); sull’economia (ristori a parte, il tessuto industriale, la sua necessaria riconversione, un sostegno che sia organico e strutturale, e quindi nuova occasione di sviluppo, e non solo pelosa carità); sulle forme della democrazia (il disastro del taglio dei parlamentari non è mai stato corretto, come promesso, da una nuova legge elettorale, da nuovi regolamenti alle Camere) e così via.
Quando vedo amici intelligenti, commentatori sagaci, stampa specializzata, chiosare l’intervento di Renzi, o cercare di dare un voto su vincitori e vinti di questo scontro, mi prende lo sconforto: ancora una volta a incaponirsi su questioni pre-politiche, ancora una volta senza un colpo di reni verso una reale politica, che in Italia manca da troppo tempo. Soffocati dall’inconsistenza di Conte, dall’inesistenza di Zingaretti, dall’imbecillità grillina che è ancora convinta di avere sconfitto la povertà, avere punito la casta e messo in galera i delinquenti, nonché dall’egolatria di Renzi, il Paese tutto è stato sconfitto.
Il Paese è in declino da decenni, e a questo declino si è accompagnato un progressivo scadimento della classe politica. In anni più recenti il populismo ha rappresentato la devastazione di quanto rimaneva della capacità di costruire politiche di sviluppo, e a questa devastazione si è accompagnata la consunzione della sinistra e del pensiero socialdemocratico e riformista (quello liberale aveva già subito un colpo mortale dall’era berlusconiana).
Oggi siamo morti, e semplicemente non ce ne accorgiamo. Non contiamo nulla negli scenari internazionali (Egitto, Libia, Cina ce l’hanno ricordato anche in questi mesi), siamo una spina nel fianco dell’Europa, abbiamo risorse che non sappiamo spendere, la sanità è a pezzi, e non solo a causa della pandemia, che il suo processo di demolizione è iniziato da anni sotto i magli del regionalismo di destra e di quello di sinistra, ugualmente voraci, ugualmente ottusi; il tessuto industriale non esiste più, oggi fare impresa significa strappare qualche sussidio dallo Stato, sempre a debito, un debito che la giustificazione sanitaria ha reso incontenibile, folle, quasi gioioso.
La crisi non l’ha aperta Renzi. Renzi, come Conte, come Di Maio, Zingaretti, sono le comparse di una sceneggiatura scadente, da serie Netflix da battaglia, quelle dove non succede quasi mai nulla, salvo piccoli pretesti per tenere gli spettatori incollati alla prossima puntata, e poi a quella dopo; cosa dicono i sondaggi dopo la crisi? Cosa farà Mattarella? Nencini abbandonerà Italia Viva? Berlusconi si sgancerà dalla morsa sovranista di Salvini e Meloni? Sono tutte domande sbagliate.
Sono domande da serie Netflix, appunto; sono domande da gossip buono per i giornaletti italiani che – con lodevoli eccezioni – si accaniscono su questi dettagli perdendo di vista il quadro generale.
E il quadro generale è chiaro, limpido, evidente: abbiamo bisogno di politica, di vera politica, di buona politica, ma in Italia quelli che vedono il problema, che sarebbero in grado di fare politica, di rimboccarsi le maniche e indicare una strada, sono quattro gatti e non contano nulla. Non fanno notizia, non sono attraenti, parlano difficile, parlano – addirittura – di sacrifici, i malnati! Sono al di fuori dalle ideologie e sono al di fuori dalla sirena populista. In poche parole: non contano nulla e non sono messi in grado di fare alcuna differenza.
Il Paese ha una più che decennale (più che ventennale) crisi politica che, sia chiaro, è una crisi dei valori costitutivi della nostra comunità nazionale; è una crisi delle intelligenze, delle visioni collettive che muovono un popolo. Non basterebbe un demiurgo, non andiamo a cercare uomini e donne della provvidenza. Guardiamo in noi stessi, se ne abbiamo il coraggio, e mettiamoci tutto a spingere in una direzione. Una qualunque, ché siamo immobili da troppo tempo.