La diversità di Draghi

Giuro, ho fatto un salto sulla sedia. Non tutti i giornali riportano con la dovuta enfasi la straordinaria dichiarazione fatta da Draghi ieri in conferenza stampa, quando – commentando lo sgarbo di Erdogan verso Ursula von der Leyen (Presidente della Commissione europea) – ha detto, papale papale, 1) che Erdogan è un dittatore, 2) che con costui (e altri come lui) bisogna dire chiaramente che ci divide totalmente la diversa visione del mondo, ma che 3) si può e si deve cooperare per garantire gli interessi del Paese.

Per non togliervi il piacere, ecco il video integrale con le parole del Presidente del consiglio:

Come forse avrete letto Ankara non l’ha presa bene, ha convocato il nostro ambasciatore e pretende scuse.

Mentre scrivo non ho idea di cosa succederà ma, immaginando che uno come Draghi non si lasci sfuggire sciocchezze dalla bocca come un Di Maio qualunque, prevedo (e spero) che non succederà proprio niente salvo un’eventuale tiepidissima dichiarazione sui generis, giusto per fare un gesto accomodante verso Erdogan, di quelli che fanno ben capire che l’idea resta quella, che noi continuiamo esattamente a considerare Erdogan un dittatore, un individuo incompatibile con i valori europei, ma col quale – questo è il senso – “cooperiamo” turandoci il naso e solo e fin quando ci conviene. Non succederà niente perché è vero che il dittatore ricatta l’Europa regolando a piacere il flusso di disperati che sfuggono dal fronte siriano, che è un pezzo importante dell’export europeo, che sta nella Nato (facendo l’occhiolino a Putin) eccetera, ma quelle di Erdogan sono armi spuntate, avendo un’economia al collasso e un crescente dissenso interno represso con la forza. Erdogan e la sua Turchia servono all’Europa, sì; ma l’Europa serve disperatamente a Erdogan e lui, semplicemente, è più cinico e spregiudicato dei timidissimi politici europei.

Se questo profondo senso di identità liberale e democratica, europeista, avesse colto anche il pavido Charles Michel, Presidente del Consiglio europeo che una sedia, da Erdogan, l’ha avuta, staremmo scrivendo un pezzetto di storia europea in altro modo; se oggi, o domani, altri leader europei si esprimessero come Draghi, incominceremmo a scrivere la storia europea in altro modo.

Non deve sfuggire l’assoluta novità di questo gesto; per quello che io ricordo – mi aiutino i lettori – devo tornare al Craxi di Sigonella per ricordare un’azione diplomatica indipendente, fuori dagli schemi, capace di guardare alla realtà delle cose senza piegare la schiena dimenticando il Diritto, il concetto di giustizia e libertà, e i valori che ispirano la democrazia italiana e dell’Europa occidentale.

Voglio concludere con una riflessione su Draghi, perché vedo delle critiche continue e piuttosto banali, sempre e assolutamente ideologiche. Da sinistra si è disposti a riconoscere qualche merito a Draghi a patto che nazionalizzi i mezzi di produzione e proclami la repubblica dei soviet; a destra gli si darebbe credito se aprisse tutti gli esercizi commerciali e i ristoranti impedendo magicamente la diffusione dei contagi; la Lega salviniana cerca un pretesto al giorno perché senza l’evidenza mediatica dell’insulsaggine perde consensi a favore di Meloni, mentre nella nebbia grillo-piddina ci si trascina all’ombra di Draghi sperando che risolva lui le magagne dei politici. 

Allora, vediamo di parlarci chiaro: Draghi è lì perché questa sinistra, questa destra, questo PD etc. non hanno saputo governare, non hanno trovato soluzioni; in caso contrario ci sarebbe ancora il loro amato Conte. Draghi non ha una forza politica alle spalle e gli tocca governare con questo scadente materiale politico. Infine, Draghi non è il demiurgo che deve fare rinascere l’Italia, ma il traghettatore che deve farci uscire dalla pandemia con meno danni economici possibile (dei tantissimi già evidenti). Guardare all’operato di Draghi con la puzzetta di chi – avendo una chiarissima visione dell’Universo – saprebbe bene cosa si dovrebbe fare, e non lo vede fare dal premier, è più che sciocco.

C’è però un’altra cosa che Draghi può fare e in effetti fa: mostrare uno stile che, in realtà, è una visione dell’agire politico. Una visione fatta di coerenza, di principi liberali e democratici, di solidità di idee e rigore nella loro messa in pratica.

Io confido ardentemente che Draghi non receda dalla dichiarazione verso Erdogan proprio per questo motivo: questa è la strada: rigore, coerenza, lucidità; nessuna arroganza, nessun avventurismo ma anche nessuna paura. Questa strada Draghi sta mostrando agli italiani e – si badi bene – a tutti i leader europei.