Alpha, Delta, AstraZeneca, Pfizer… che devo fare?

Anche noi, redattori hicrhodusiani, siamo alle prese con il puzzle (interessante, se vogliamo, ma io ne avrei fatto a meno) della vaccinazione anti-Covid. Parlo di puzzle non perché io abbia il minimo dubbio se vaccinarmi, ma perché la combinazione tra gli ondeggiamenti delle linee guida ufficiali e le incertezze provocate dall’evolvere di varianti al virus più o meno pericolose rende poco chiaro con cosa vaccinarmi. Ma, dato che questo problema, e i fattori che determinano questo con cosa, non riguarda solo me, ho pensato di condividere con i nostri lettori i miei ragionamenti.

Partiamo dalle premesse: io non ho ancora compiuto 60 anni, e a inizio maggio mi sono sottoposto a una prima dose del vaccino AstraZeneca. Non ho avuto particolari problemi (un po’ di febbre e di mal di testa, passati in 24 ore), e ovviamente non mi ero fatto dissuadere dai timori sui possibili effetti indesiderati del vaccino (d’altronde parecchio prima ancora di potermi prenotare avevo scritto qui su Hic Rhodus perché non avevo paura di AZ, anzi).
Verso fine luglio ho l’appuntamento per la seconda dose, ma nel frattempo sono accaduti alcuni fatti che potrebbero modificare i miei programmi: il vaccino AstraZeneca è stato sostanzialmente abbandonato per i minori di 60 anni, e alcune varianti del virus, in particolare la Delta, hanno preso piede e potrebbero essere meno efficacemente contrastate dai vaccini.

Passiamo alla situazione attuale: la circolare ministeriale del 18 giugno scorso sostanzialmente dice che se chi si trova nella mia situazione «rifiuta senza possibilità di convincimento, il crossing a vaccino a mRNA (cioè, in sostanza, Pfizer)», allora gli si può somministrare una seconda dose di AstraZeneca. Gira gira, siamo alle solite: tra linee guida, raccomandazioni, persuasioni e dissuasioni a decidere come sempre devo essere io cittadino; e, dato che per come sono fatto io le decisioni le prendo dopo essermi documentato, mi documento. Vediamo un po’, tenendo presente che io non ho nessuna preparazione medica, e quindi quelle che vi esporrò sono le considerazioni di un cittadino qualsiasi al quale è stato affidato il compito di decidere quale farmaco ricevere come seconda dose.

  1. Rischi ed effetti avversi: in teoria, il motivo per cui a noi infrasessantenni è sconsigliato sottoporsi a una seconda dose di AstraZeneca è proprio una «rivalutazione del rapporto benefici/rischi» relativo a questo vaccino (v. circolare ministeriale dell’11 giugno 2021). In realtà, specie per un uomo quasi sessantenne, i rischi associati all’assunzione di una seconda dose di AstraZeneca sono assolutamente minimi, e in particolare quelli di trombosi associata a trombocitopenia secondo la stessa circolare sono significativamente inferiori a quelli relativi alla somministrazione della prima dose, che io ho già ricevuto. Quindi, onestamente, per me un vero motivo per evitare la seconda dose di AstraZeneca secondo me non c’è. Quanto ai rischi associati al vaccino Pfizer, è vero che ci sono stati casi di pericardite e miocardite, ma secondo l’ultimo documento dell’EMA sulla sicurezza del vaccino Pfizer sono molto pochi (circa 1,5 per milione di dosi somministrate), riguardano prevalentemente persone sotto i 30 anni e in genere non hanno dato esiti gravi. Poi ci sono ovviamente da valutare i possibili effetti indesiderati di somministrare Pfizer a chi abbia prima assunto AstraZeneca; su questo i dati sono ovviamente limitati, e occorre affidarsi, oltre che a valutazioni “a tavolino” come quelle riportate nella circolare che ho citato, ad alcuni studi, su un numero di casi per forza di cose limitato, che sono tutto sommato tranquillizzanti. Una ricerca è stata compiuta in Spagna su 448 soggetti che, dopo aver ricevuto una prima dose di AstraZeneca, sono stati poi sottoposti a una seconda dose con Pfizer; in un articolo recentemente pubblicato su Lancet, gli autori della ricerca riportano che pochi dei soggetti hanno mostrato una reazione relativamente intensa entro sette giorni dall’iniezione (mal di testa, malessere generale, febbre), e nessuno ha subito conseguenze serie. Un altro studio condotto in UK, i cui risultati sono per ora disponibili sotto forma di un preprint sottoposto a Lancet, evidenzia come in coloro che avevano ricevuto una seconda dose con un vaccino diverso da quello della prima dose gli effetti avversi a breve termine siano stati più frequenti ma comunque transitori e non gravi. Più o meno lo stesso risultato è stato osservato in uno studio effettuato in Germania, anch’esso disponibile come preprint.
  2. Efficacia, la cosa più importante: in fondo, lo scopo di vaccinarsi non è evitare effetti avversi (altrimenti si potrebbe semplicemente evitare di farlo), ma acquisire una protezione efficace contro un virus che sta mutando in varianti diverse. Da questo punto di vista, per quanto sia ovviamente difficile pensare che ci sia un vaccino efficace contro tutte le varianti attuali e prossime, i dati disponibili complessivamente indicano una maggiore efficacia del vaccino Pfizer nel prevenire la malattia, nei confronti sia della versione “originale” del virus, sia delle sue varianti, inclusa la Delta. Gli stessi studi che ho citato riportano che la vaccinazione “eterologa” AstraZeneca+Pfizer appare più efficace di quella omologa AstraZenea+AstraZeneca, e non meno di quella Pfizer+Pfizer. In particolare per quanto riguarda la variante Delta, che realisticamente a breve sarà quella dominante anche in Italia, un’analisi ancora in preprint attribuisce al vaccino Pfizer un’efficacia contro una forma della malattia che richieda un ricovero ospedaliero del 96%, mentre per AstraZeneca si stima un’efficacia del 92%. Numeri entrambi molto alti, ma che significherebbero comunque che chi assume AstraZeneca avrebbe il doppio del rischio di ospedalizzazione. Altri articoli mi pare forniscano indicazioni analoghe.
  3. Affidabilità dei dati: qui, ovviamente, siamo su un terreno incerto. Gli studi disponibili sono inevitabilmente freschi di stampa e basati su un numero di dati piccolo; effetti avversi rari o che si manifestino a lungo termine sfuggirebbero alle analisi che ho citato. Non a caso, probabilmente, la circolare ministeriale che dispone l’uso di Pfizer per la seconda dose a coloro che, avendo meno di 60 anni, abbiano ricevuto AstraZeneca per la prima, pur citando sostanzialmente gli stessi studi di cui ho riassunto i risultati, osserva che «la vaccinazione “eterologa” trova un suo solido razionale immunologico e biologico», ossia, interpreto io, più che i dati parziali a disposizione su questo specifico abbinamento è la conoscenza dei meccanismi biologici alla base del funzionamento dei vaccini a far ritenere che questa strategia sia valida.

In conclusione, io credo che più che i possibili rischi, che mi sembrano francamente minimi in tutti i casi, a guidare la mia decisione possano essere le considerazioni sull’efficacia del vaccino, che sono moderatamente ma chiaramente a favore di Pfizer. Aggiungerei che è possibile che in autunno ci si debba sottoporre a una terza dose, magari progettata appositamente contro le principali varianti, ed è escluso che possa essere fornita da AstraZeneca, quindi forse tanto vale “fare il salto” a Pfizer subito. Vorrei però sottolineare che quanto ho riportato qui non ha lo scopo di convincere nessuno a fare l’una o l’altra cosa, e che non ho nessun consiglio da dare a chi si trova nella mia stessa situazione, se non quello di informarsi, eventualmente consultare il proprio medico di base, e poi decidere senza preoccuparsi troppo di quel che penso io, che non ho alcuna qualifica per dare raccomandazioni. È solo perché la scelta alla fine è lasciata a noi cittadini che ho voluto condividere gli elementi sulla base dei quali farò la mia. E, forse, la cosa che mi lascia meno tranquillo è di dover attendere ancora circa tre settimane per la seconda dose: tutti i dati che ho letto raccomanderebbero di fare la seconda dose di vaccino il prima possibile (trascorso ovviamente un tempo minimo di alcune settimane).