Chi lo avrebbe detto, qualche decennio fa, che il sindacato avrebbe avuto posizioni simili a quelle della destra più becera? Sì, lo so da me che non sono posizioni identiche e potrebbe sembrare a qualcuno che anche l’aggettivo “simile” sia eccessivo. Ma non lo è. Sono diversi i “formati informativi” utilizzati, nel rispetto di tradizioni linguistiche, pubblico di riferimento e una maggiore vergogna sindacale. Il tipico sindacalese è di regola involuto e ambiguo, allusivo e dico-non-dico, laddove il linguaggio della destra fascistoide dice pane al pane, negro al negro e no ai vaccini con sfacciata gagliardaggine.
Riproduco qui – a titolo di esempio – il comunicato Cgil-Cisl-Uil diffuso alla Leonardo di Torino (clic per ingrandire), che non credo sia stato smentito dai segretari generali. Per inciso, il richiamo – in quel delirio – all’articolo 36 del Regolamento n. 953/2021 UE, è un falso, perché tale articolo fa riferimento alle persone che non sono vaccinate per motivi medici o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate, questioni ampiamente superate dalla normativa sul green pass. Errore degli estensori del comunicato? Malafede? Non saprei cosa sia peggio.
Uguale Meloni, che su La Verità ha infilato una sfilza di falsi palesi (QUI un’analisi critica dell’articolo) che non saprei dire se è meglio per la protagonista imputarli a una sua palmare ignoranza o a una sfacciata capacità di mentire.
L’accostamento fra Landini e Meloni (e rispettivi codazzi) può essere facilmente interpretata in chiave pragmatica: i rispettivi movimenti, gli assetti valoriali e culturali, l’azione pratica (politica e sindacale) sono in entrambi i casi orientati verso un’acuta esclusività. Come il sindacato, da decenni, e acutamente in questi ultimi anni, si arrocca nella Fort Alamo dei (presunti) diritti di minoranze di iscritti, così la destra lepenista e fascistoide di Meloni (e Salvini, solo più ambiguo e ipocrita) insiste su presunti primati nazionalistici, spacciati per patriottici, sulla difesa di sovranità impossibili, sull’appoggio di ogni minoranza che strilli contro le istituzioni.
In tema vaccinale, essendo ancora tanta la confusione e ampiamente sfumate le posizioni degli italiani in merito all’obbligo, al green pass, eccetera, soffiare sul fuoco offre un vantaggio di posizione evidente: Meloni, unica fuori dal governone, raccatta consensi da disinformati, scettici, pavidi, complottisti, suprematisti, anti-tutto, che vanno a ingrossare le fila dei neo-fascisti che per i Fratelli sono il vero zoccolo duro dell’elettorato; tutto il resto arriva come disagio, incomprensione, opposizione stolida ai vaccini e alla “dittatura sanitaria”, gonfiando il bacino elettorale (altrimenti assai più esiguo) della destra. Per i sindacati la situazione è simile: in caduta libera di consensi e iscritti, costretti da molti anni a razzolare tra precari (ricattati) e pensionati, la tutela degli insensati anti-green pass è un modo per grattare consensi dal fondo del barile, un fondo limaccioso e pericoloso.
E se Meloni, sostenendo posizioni che in realtà sono anti-patriottiche (cosa ci sia di fieramente italiano nella diffusione del virus è da capire), gonfia il portafoglio elettorale e potrebbe averne un considerevole vantaggio alle prossime elezioni, tale da condizionare il futuro governo (dio ci scampi!), Landini e gli altri geni sindacali si troveranno con un pugno di mosche in mano: l’obbligo vaccinale – come avete letto sui giornali – si avvicina a grandi passi; l’opinione prevalente degli italiani sui sindacati non è confortante; di “vittorie sindacali” mi pare se ne possano intestare davvero poche, e la crisi pandemica ha fatto probabilmente perdere loro altro terreno. La battaglia sindacale di diffidenza verso il green pass (loro continuano a dire che sono fraintesi, ovviamente…) cosa gli porterà? Probabilmente nulla. Solo un’imbarazzante somiglianza a Meloni, Pappalardo e Montesano.