Ad Est la situazione è sempre sul punto di precipitare, con uno straordinario ammassamento di truppe e mezzi corazzati russi sul confine ucraino. Si parla di 150-170.000 uomini, che basterebbero alla grande per una rapida azione rispetto alla quale la NATO, sia chiaro, potrebbe fare poco. I leader europei (alcuni) si sono mossi tardivamente e in ordine sparso, e questa non è una novità, ma con l’ulteriore handicap di alcune gravi contraddizioni come quelle viste negli anni in Germania, per esempio in merito alla controversa questione del gasdotto Nord Stream 2. E se Putin è indiscutibilmente un bandito internazionale, non dobbiamo commettere l’errore di pensare che sia un cattivo a tutto tondo, stupido e irresponsabile, mentre dall’altra parte, la “nostra”, ci sarebbe qualcuno buono e saggio col potere e la capacità di sanare la situazione e difenderci se le cose dovessero mettersi male; per essere chiari, nonno Biden in politica estera ha dimostrato di essere completamente inadeguato, privo di sensibilità geopolitica, avventato e, quel che più conta, impaurito dalle imminenti elezioni di medio termine, che lo coglieranno in grave deficit di popolarità. Per non rischiare una catastrofe elettorale Biden deve fare qualcosa, rinnovare la sua immagine, e cosa più di un macho yankee che schiaffeggia l’orso russo? Anche perché – per lui – sarebbe una guerra lontana, giocata in territorio europeo, cioè a casa nostra. Ma le cose non sono affatto così semplici, e i desideri di rivalsa si scontrano col duro esame di realtà.
In questo post vi fornirò solo una piccola guida ragionata di letture, in modo che possiate farvi un’idea generale. Incominciamo col vecchio articolo pubblicato su Hic Rhodus nel 2014, all’epoca della precedente crisi, quella dell’invasione della Crimea:
- Claudio Bezzi, La terza guerra mondiale inizierà in Ucraina fra tre, due, uno…, “Hic Rhodus”, 8 set 2014;
Le ragioni della crescente aggressività russa nel tradimento, da parte della NATO, del NATO-Russia Funding Act, che secondo i russi garantiva – dopo la caduta del muro – un cuscinetto di stati confinanti demilitarizzati, mentre per la NATO si trattava di un atto politico privo di significati pratici; di conseguenza – con l’aggressiva campagna atlantica sempre più ai confini di Mosca – Putin si sente tradito e accerchiato. Da aggiungere il fortissimo sentimento panslavo che considera fratelli tutti i russofoni che in Ucraina (come in diversi altri paesi dell’area) sono discriminati quando non oppressi, a causa del forte sentimento anti-russo di paesi a suo tempo dominati dall’Unione Sovietica.
Fra le letture italiane più recenti consiglio:
- Giulia Belardelli, “Putin non invaderà. L’Occidente si è svegliato, ma comprendo la diffidenza di Biden verso l’Ue”, “HuffPost” 25 gen 2022;
Un’intervista al generale Vincenzo Camporini che spiega le debolezze europee, sostenendo comunque che quello di Putin è un bluff per contare di più nell’area e ottenere qualche concessione a favore dei separatisti russofoni del Donbass.
- Gabriele Lagonigro, Ucraina, viaggio nella città divisa di Kharkhiv: tra chi sfida Putin all’invasione e nostalgici che incolpano i “nazionalisti golpisti di Kiev”, “Il Fatto Quotidiano”, 26 gen 2022;
Una corrispondenza da Kharhiv, popolosa città a 40 Km dal confine russo, dove metà cittadini è filo occidentale, ma l’altra metà è russofona e non teme Putin. Ma, intanto, arrivano gli aiuti militari occidentali, si scaricano armi, e in caso di invasione sarebbe guerra civile.
- Gianluca Di Feo, Ucraina, il ministro Guerini: “L’Italia farà la sua parte. Deterrenza sostenendo il dialogo”, “la Repubblica”, 25 gen 2022;
E l’Italia cosa farà? Sarà ovviamente a fianco degli alleati, e ha già dispiegato le sue forze. Un battaglione (dicasi: battaglione; meno di 1.000 uomini) in Lettonia e una squadriglia di intercettatori (significa una dozzina di velivoli) a Costanza, prossima al confine Ucraino. Non credo che faremo la differenza, ma esserci vuole dire – ovviamente e giustamente, visto che siamo membri dell’alleanza – essere da un preciso lato della storia.
Fra le letture in inglese:
- Michael Schwirtz, As West Warns of Russian Attack, Ukraine Sends Different Message, “The New York Times”, 25 gen 2022;
Mentre aumentano gli iscritti ai corsi di combattimento tenuti dalle autorità ucraine, il presidente Zelensky fa di tutto per buttare acqua sul fuoco e minimizzare la minaccia russa. Perché? In parte per non allarmare i mercati e non gettare la popolazione nel panico, ma in parte anche perché non vuole provocare il temibile vicino con messaggi bellicosi. La conclusione pare essere una discreta confusione e lo scollamento fra posizione ufficiale del Paese e sentimento popolare.
- Simon Jenkins, A measure of autonomy in eastern Ukraine is the only way out of this crisis, “The Guardian”, 24 gen 2022;
Una lettura interessante sulla complessa partita a scacchi che si sta giocando. Jenkins sostiene che l’obiettivo di Putin è semplicemente depotenziare l’influenza occidentale in Ucraina e Bielorussia, per la sindrome di accerchiamento che ho già raccontato all’inizio; scrive Jenkins: “Gli Stati Uniti consideravano il posizionamento di missili a Cuba da parte di Mosca, nel 1962, e il sostegno agli stati centroamericani, come una minaccia intollerabile. Allo stesso modo, Mosca non è disposta a tollerare i missili statunitensi in Ucraina o le truppe statunitensi che arrivano per sostenere un regime anti-russo a Kiev.” Se si applicasse il protocollo di Minsk del 2015 (prevede l’autonomia del Donbas di lingua russa, la fine dell’espansionismo della Nato, il ritiro della Russia e il ripristino del confine con l’Ucraina) i problemi sarebbero tutti risolti ma l’Occidente – che pure quel protocollo ha sottoscritto – non ha mai messo in cantiere la sua reale attuazione.
- Chris Miller, How Will China Respond to the Russia-Ukraine Crisis?, “Foreign Policy Research Institute”, 21 gen 2022;
Concludo con un articolo che segnala il ruolo della Cina in questa vicenda. La Cina non è un attore attivo della vicenda, ovviamente, ma a differenza della crisi del 2014 non potrà solo stare a guardare. La reazione americana sarà vista, da Pechino, come un test riguardo le reazioni possibili all’invasione cinese di Taiwan, mentre l’eventuale inasprimento delle sanzioni occidentali verso Mosca non potrà che segnare un ulteriore avvicinamento di Russia e Cina.
In conclusione, dopo un po’ di letture, possiamo riassumere la crisi in questo modo:
- La Russia mostra muscoli eccezionali e minacciosi, ma pochi credono in una vera e propria invasione su ampia scala; ricordiamoci che l’economia russa è debole (il suo PIL è inferiore a quello italiano) e i costi della guerra e, ancor più, quelli dell’occupazione, potrebbero essere insostenibili;
- resta ovviamente l’allarme per incursioni e penetrazioni limitate nel territorio ucraino che, come dice il generale Camporini, è pur sempre un atto di guerra. In questo caso la situazione in Ucraina, almeno nelle aree russofone, potrebbe precipitare in scontri fra fazioni filo russe e filo governative;
- malgrado gli strepiti di Biden è molto difficile immaginare un intervento militare NATO in Ucraina; l’analisi di Simon Jenkins è in questo senso illuminante, perché dice esplicitamente che gli europei (lui parla dei britannici) non hanno alcun dovere di intervenire. Non solo c’è una sproporzione incolmabile nei dispiegamenti militari (a favore della Russia), ma – questa è la verità – dell’Ucraina non importa nulla a nessuno, mentre le relazioni con la Russia dovranno essere salvaguardate;
- indubbiamente si farà la manfrina lamentatoria; com’è cattivo Putin, quanto è brutta la Russia, etc. Si metteranno altre inutili sanzioni e gli ucraini si mettano il cuore in pace.
- Intanto Biden – in ogni caso – ne uscirà con le ossa rotte; la Cina ne sarà comunque rafforzata; Putin acquisterà consensi interni; gli europei, sguardo a terra, profilo basso, e avanti così. Con almeno il dovere di una riflessione geopolitica seria su come va affrontato, complessivamente, il multiforme problema del confine orientale.
(La copertina mostra un’infografica di Limes)