Solo l’ultima di una serie crescente di notizie deprimenti: la cantante da record Adele ai Brit Award ha osato dire:
Grazie Brits, grazie a tutti voi del pubblico, congratulazioni a tutti gli altri vincitori e ai candidati, siete fortissimi! Capisco perché hanno cambiato il nome di questo premio, ma amo davvero essere una donna, amo davvero essere un’artista donna!
Apriti cielo, ha osato dire che ama essere una donna in un evento (i Brit Award), che ha abolito le categorie maschili e femminili ed è diventato senza genere perché, diamine!, ci sono cantanti che non si riconoscono nei generi binari.
Giù una marea di polemiche, e accuse ad Adele di essere transfobica, che è come dire sozza fascista, schifosa pedofila o giù di lì. Adele subì un’aggressione simile anni fa quando dimagrì 45 chili; perché fu criticata? Perché il suo dimagrimento era un’implicita critica agli/alle obesi/obese e di conseguenza faceva (lei, Adele) del body shaming.
Notizie di questo genere ne leggo con sempre maggior frequenza. Sì, vengono per lo più dal mondo anglosassone, ma in una mondo globalizzato l’eco prodotta anche da noi suscita conseguenze.
Io sono talmente arcistufo che faccio, qui, ora, una serie di solenni dichiarazioni.
C’è una differenza biologica fra uomini e donne. Tale differenza riguarda la riproduzione, ovvio, ma anche la struttura del cervello e i conseguenti modi di pensare e di comportarsi. Nessuno dei due generi è superiore all’altro, ma sono entrambi differenti. Oltre la biologia, ci sono poi differenze e variazioni psicologiche, sociali e culturali che portano, in particolare in questi anni, a sottolineare preferenze affettive e sessuali assai articolate delle quali non mi importa un fico secco. Ognuno può amare chi gli/le pare, nel consenso e nel rispetto delle persone bersaglio di tale attenzione. Io credo che chiunque possa fare tutto ciò che vuole, e che abbia – in quanto persona – tutti i diritti che hanno le altre persone che esprimono differenti stili di comportamento affettivo, familiare, sessuale; non uno di meno ma, certamente, nessunissimo di più. Credo che le coppie omosessuali debbano avere gli stessi diritti degli eterosessuali, incluso quello di adottare bambini. Ma credo anche di avere tutto il diritto di affermare, privatamente o pubblicamente, di essere uomo, di sentirmi uomo, di amare le donne, di provare piacere nel gioco seduttivo maschio/femmina e tutto ciò che segue. Io non rompo le scatole agli omosessuali, che possono amare come pare a loro senza che io mi senta ferito, o minacciato; loro non rompano le scatole a me se faccio lo stesso. Loro hanno ogni diritto di affermare ed esibire la loro omosessualità (o non binarietà, o quello che pare a loro), io ho il medesimo di affermare ed esibire la mia eterosessualità. Al di là dei comportamenti sociali, comunque, oltre la sfera culturale, artistica, relazionale, psicologica e bla e bla, resta l’evidenza biologica della differenza organica fra maschi e femmine, e il fatto che nella stragrande maggioranza della popolazione mondiale questa differenza biologica si sostanzia anche in comportamenti e atteggiamenti differenti, per brevità definibili “maschili” e “femminili”.
Ognuno veste come gli pare, tiene i capelli come gli pare, e controlla il proprio peso corporeo come gli pare. Se siete secchi o se siete in carne sono affari vostri. Io stesso sono sovrappeso, mi vado bene così. Ma se il modello di bellezza che avete in testa è anoressico o bulimico, allora avete oggettivamente un problema. Da un punto di vista psicologico si chiama “problema” se crea una dipendenza, una coazione, un comportamento che vi costringe, o vi limita, e comunque non rende scorrevole la vostra vita. Così è per anoressici e bulimici, che vanno incontro a malattie serie e alla morte, oltre che a comportamenti compulsivi e auto-lesionistici dai quali sono dominati. Oltre ai costi sociali di tali malattie e morti, c’è il disagio e la sofferenza, delle vittime e dei familiari, che può – che deve! – essere considerato un effetto negativo. In conclusione: va bene volersi vedere magri, come va bene farsi piacere un po’ di ciccia, entro un intervallo accettabile. Non si tratta di body shaming, ma se siete ciccioni siete malati, con conseguenze sociali del vostro comportamento. Le modelle anoressiche e quelle obese sono un cattivo messaggio sociale, perché intendono far transitare l’idea che la malattia non è importante, che dovete accettarvi – col vostro disagio – così come siete. Il corretto messaggio sociale è: mangiate poche porcherie, fate del moto, se avete dei disturbi dell’alimentazione rivolgetevi a uno specialista.
Gli stranieri che vengono in Italia (in Europa, in Occidente) devono seguire le regole italiane. Non solo le leggi (ci mancherebbe!) ma anche gli usi e i costumi, derivati da secoli di storia. In questa storia ci sono, fra le altre cose, la laicità e la tolleranza; di conseguenza, se vuoi pregare il tuo dio lo puoi fare in assoluta libertà, a patto che quella preghiera non sia un pretesto per fomentare l’odio. Puoi partecipare ai riti e ai precetti della tua religione, certo, a meno che quei riti e precetti non siano occasione di identità oppositiva, di separazione e odio. Per essere chiari: il velo islamico (che non è un precetto ma un segno identitario islamista, ovvero dell’islam politico, quello che odia l’Occidente) non è tollerabile. In Italia, in Occidente, il viso non può essere coperto, e non puoi invocare il tuo dio e la tua libertà, anche perché solitamente, nel tuo paese, io non potrei corrispondentemente esibire la mia eventuale cristianità. Da ateo, da persona che vorrebbe abolire il Concordato, trovo che le cautele sul linguaggio cristiano, sulle feste natalizie, cautele prese per non offendere i membri di altre comunità religiose, e altre amenità viste recentemente, siano completamente sbagliate. L’Italia dovrebbe essere un paese laico, la religione semplicemente non dovrebbe entrare nelle scuole e negli uffici. Poiché però c’è quella iattura del Concordato, bene la pluralità delle religioni nelle scuole multietniche, ma non a scapito delle preesistenti tradizioni.
Il passato, la storia, gli eventi dei secoli scorsi, sono la fucina dalla quale siamo nati noi. Ci sono state guerre (e ci sono ancora), c’è stata la schiavitù (e c’è ancora), ci sono stati personaggi pubblici discutibili (e ce ne sono ancora); non è negando il passato che facciamo un favore alla contemporaneità, né biasimando i comportamenti dei nostri antenati, coi criteri e le logiche e le morali di oggi, faremo alcun passo avanti verso un mondo più giusto. La cosiddetta cancel culture, che fa parte della perversione del linguaggio corretto, è un pensiero stupido, come stupidi ne sono gli interpreti, assieme ai woke, a chi sostiene e a chi combatte (sono uguali) le teorie gender, assieme a tutti coloro che brandiscono una morale, la loro, per liquidare quello che a loro non piace, che non capiscono, che li infastidiscono o intralciano.
In conclusione, un mondo inclusivo e giusto non è affatto quello che esalta la separazione, indica come modello una parte, chiede dei diritti particolari, marca un’identità ma, al contrario, quello per il quale tutte le persone, semplicemente in quanto tali, hanno gli stessi diritti e, udite udite, perché evidentemente non l’avete udito spesso, gli stessi doveri. Le donne hanno gli stessi diritti degli uomini; punto, è più che sufficiente, mettiamolo in pratica (gli unici diritti particolari riguardano la maternità, che in realtà è un discorso differente). Gli omosessuali hanno gli stessi diritti degli eterosessuali; punto. I neri, i gialli e i blu hanno gli stessi diritti dei bianchi. Ma anche gli stessi doveri, e vale per le religioni e per chi manifesta le proprie identità sessuali, eccetera.
Non mi sembra difficile da capire. Emma ha diritto di essere felice di essere donna, come qualcun altr* ha diritto di affermare la più qualunque stravagante variante affettiva e sessuale (se non lede dignità e salute altrui). Gli islamici hanno diritto al loro culto, nel rispetto delle leggi del paese che li ospita, e della sua cultura: in occidente trattiamo le persone (persone: uomini e donne) in un determinato modo, e anche loro devono conformarsi. Se i neri, sulla base di una mutazione semantica facile da spiegare, non vogliono essere chiamati “negri”, hanno tutte le ragioni, e noi dobbiamo evitarlo, ma poi anche loro devono mostrarsi esempio di cittadinanza e integrazione; non siamo noi a dovere accettare qualunque comportamento perché, sai, poveretti… (“Sai, poveretti…” è razzista; possibile che non viene capito?)
Qualunque rivendicazione identitaria è foriera di conflitto.
Qualunque sottolineatura di parte implica la richiesta di privilegi.
Qualunque invocazione morale reca il germe mortale dell’intolleranza.