Avrete letto che la Corte suprema americana ha in animo di cancellare una storica sentenza di 50 anni fa, lasciando la legislazione sull’aborto a ciascuno stato:
Se il parere dei giudici conservatori dovesse prevalere, l’aborto rimarrebbe legale in poco più della metà degli Stati americani ma diverrebbe illegale o fortemente limitato in 22 Stati del Sud e del Midwest – dove vive il 42 per cento delle donne in età fertile.
Questo ribaltamento dell’impianto giuridico sul tema è possibile anche perché Trump ha pesantemente interferito nella composizione della Corte nominandovi – quando era ancora Presidente – Amy Coney Barrett, una super conservatrice antiabortista, dopo altre due nomine precedenti di analogo segno, mettendo in pratica la Corte nelle mani delle ideologie più intransigenti della destra (fonte).
Massimo Teodori ci spiega bene come la faccenda, oltre ad essere un pessimo segnale per le donne e per i diritti civili in generale, mini l’intero impianto federale americano, perché il meccanismo legislativo impugnato dalla Corte, e la natura e sostanza della sua (eventuale, lo sapremo a giugno) sentenza, può innescare una ciclopica catena di ricorsi e ribaltamenti decisamente grave, gravissima, per la democrazia americana.
Non spreco una riga per parlare dell’aborto e delle donne. Per quanto mi riguarda ogni diritto civile è sacrosanto e ne abbiamo scritto fin troppe volte qui su HR.
Quello su cui trovo interessante riflettere, invece, è il perché qualcuno dovrebbe negarli, in America, in Italia o altrove. Pensateci: se non mi sbaglio, si tratta di diritti generalmente “etici”, che riguardano scelte di vita e comportamenti individuali che in nessun modo incidono sulle scelte e gli interessi altrui: avere il diritto di professare una religione, di votare, di sposarsi o divorziare, di amare qualcuno, viaggiare, leggere etc., non minano la proprietà altrui, non minacciano le persone, non tolgono diritti alla collettività, non ostacolano il progresso, non limitano il lavoro…
Come abbiamo scritto, Stefano Machera ed io, nel nostro recente libro, si tratta di “diritti di libertà” che, a differenza dei “diritti di servizio”
sono accomunati dalla caratteristica di essere gratis: uno Stato, per riconoscere il diritto di libera associazione, non ha bisogno di fondare esso stesso associazioni con questa o quella finalità, spendendo soldi pubblici. È sufficiente che non impedisca ai cittadini di farlo, e saranno i cittadini a destinare le risorse che riterranno opportune alle attività che preferiscono. Ciò comporta che questa categoria di diritti sia idealmente fruibile universalmente. Anzi, il fruire di un diritto di questa categoria spesso ne facilita la fruizione ad altri. I diritti di libertà sono per natura moltiplicativi: l’esercizio della libertà di mille cittadini rende più agevole al milleunesimo fruire della medesima libertà. Per questa categoria, anziché di diritti è preferibile parlare appunto di libertà. Il ruolo della politica, nel garantire le libertà dei cittadini, non è quindi investire in tali libertà, proprio perché esse devono per loro natura essere gratuite per la collettività. La creazione di organismi e istituzioni che, con l’utilizzo di risorse pubbliche, pretendono di garantire i “diritti” di libertà sono una distorsione, che non di rado anziché promuovere quelle libertà le ostacola. La libertà di stampa non si favorisce creando quotidiani e TV di Stato, anzi nei fatti la si riduce, né la libertà di culto si agevola finanziando una Chiesa con denaro pubblico; quando la politica decide simili iniziative, tipicamente sottrae libertà e non l’accresce.
Se il problema non è economico, se il problema non riguarda una corrispondente diminuzione delle libertà altrui, perché mai un’istituzione dovrebbe impiegare tempo e fatica per escogitare modi per impedire tali libertà? Perché una parte di opinione pubblica si agita, si mobilita, fino al limite della sommossa violenta, per impedire a suoi concittadini di praticare comportamenti privati, generalmente confinati nella sfera domestica, che in nessunissimo modo potrebbe danneggiare chicchessia?
La domanda è in buona parte retorica, perché le diverse e sovrapposte risposte sono arcinote e quasi banali. Se mi concedete una bella semplificazione, questo è il meccanismo repressivo:
- la base è l’ignoranza che crea un atteggiamento difensivo di diffidenza e paura: verso lo straniero, prima di tutto, quello con la pelle diversa, che parla una lingua barbara, che si comporta in maniera incomprensibile; l’ignoto – per la parte più primitiva del nostro cervello – è sempre una potenziale forma di pericolo;
- la classica reazione alla minaccia – ci spiega la psicologia – è l’attacco o fuga: se la potenziale minaccia è più debole (è un individuo isolato, mentre noi siamo i giovani maschi della tribù) l’attacchiamo e annulliamo; se appare forte (o troppo spaventosa e incomprensibile) diamocela a gambe;
- chi vuole fare il capocaccia deve sapere velocemente indirizzare la tribù verso l’attacco o verso la fuga, massimizzando i guadagni collettivi. Se è bravo a farlo diventa capo tribù, ha le donne più belle e mangia il boccone migliore del bufalo cacciato. Se tutto va troppo bene, non ci sono minacce, e lui continua a mangiare il boccone migliore, qualche giovanotto con la testa calda potrebbe mettere in dubbio la sua legittimazione, quindi – a ben pensarci – qualche minaccia ogni tanto torna utile, qualche paura nella tribù fa bene al sovrano;
- dai e dai, sia il sistema di legittimazione del potere sia quello di costruzione del sistema di verità, utile per stabilire cosa sia buono e giusto e cosa no, hanno avuto il loro bel tempo per organizzarsi, strutturarsi, costituire il supporto logico all’ignoranza popolare.
Le conseguenze operative, pratiche, di tutta questa evoluzione culturale, sono essenzialmente due: da un lato un discreto numero di brave persone, molto imbevute di ideologie, false credenze, problemi irrisolti e paure razionalizzate, sono diventate i chierici e le chieriche del Potere. La Amy Coney Barrett nominata sopra è una giurista “originalista” che ritiene che Costituzione vada presa alla lettera, cattolica fanatica carismatica, madre di cinque figli (più due adottati), nota anti abortista, insomma: il quadro della persona che davanti agli occhi ha parecchi schermi ideologici che plasmano i suoi (legittimi come cittadina) comportamenti, e idee. Di questi chierici (in senso lato) è pieno il mondo, e sono la base granitica sulla quale persone spregiudicate – come Trump, nel caso americano – costruiscono e mantengono il loro potere. Trump forse è un convinto anti abortista, o forse no, non ha alcuna importanza; è solo un mascalzone ignorante e arrogante che mette se stesso al centro dell’universo, e cerca di rimanere lì, nei suoi privilegi, usando tutti i mezzi possibili, inclusa la menzogna; specialmente la menzogna. Le persone come la Barrett sono fondamentali perché funzionano da agenti di collegamento con la parte più retriva e ignorante del popolo; sono i giudici accecati, i professori ignoranti, gli intellettuali falliti, quelli – per capirsi – che in Italia popolano i talk show e sobillano le folle, l’abbiamo ben visto col Covid e ora con la guerra in Ucraina.
Il popolo ignorante e impaurito, e per ciò stesso fanatico e cattivo, trova in questi chierici la legittimazione, la ragione, la logica, la visione; senza necessariamente capire tutto, e anzi poco, che quegli intellettuali e dirigenti e professionisti parlano comunque una lingua strana, si appellano a codici, a tavole, a storie che solo una scolarizzazione media o alta rendono riconoscibili ma – straordinario effetto perverso! – quell’intellettualità poco compresa dà loro ragione; questi pre-intellettuali (pseudo? Proto? Para? Qualcuno è certamente molto para…) sono pilastri della certezza popolare di essere nel giusto, perché vanno in televisione a dirlo, ci scrivono pure dei libri, diamine! quindi anche noi bifolchi, sia pur senza quei paroloni, avevamo capito subito la verità, e quindi dagli alle femministe lesbiche abortiste, brucia il negro, assalta Capitol Hill…
Quindi: il tema oggi – in America – è l’aborto, mentre da noi semmai è la questione dei diritti delle coppie, del fine vita e altri. Ma dobbiamo capire bene che c’è un tema superiore e trasversale: i diritti civili sono diritti di civiltà; significano che non ci facciamo fregare dal capo tribù prepotente e dal suo sciamano colluso, e che buttiamo via gli schermi ideologici che ci fanno temere ciò che non è da temere; ci fanno attaccare o fuggire dove invece potremmo capire e condividere; ci fanno perdere tempo, risorse, benessere e felicità dove potremmo, invece, vivere serenamente nella reciproca accettazione.
Il Potere vuole la nostra soggiogazione, ma sarebbe sbagliare restare a questi livelli astratti di definizione: il Potere non esiste, esistono uomini e donne di potere; e il loro potere si mantiene grazie ai chierici che li servono, falsi intellettuali accecati da miserie personali, che traggono senso e un loro, più piccolo, spazio di potere dall’ombra del Capo. Non ascoltiamo questi chierici; liberiamoci del potere malato.