Pulcinella e il Drago

I commenti politici, se realmente “politici” sono sostanzialmente inutili. Non solo in Italia, da quel che capisco, ma certamente con straordinarie peculiarità in Italia, la politica non è più quella cosa che intendeva Weber (ma quello era un tedesco calvinista) e neppure quella che vivevano con passione i nostri Costituenti, da Togliatti a Malagodi passando per De Gasperi e La Malfa (e quasi quasi aggiungerei anche Almirante, un gigante rispetto a questi). Se quella era politica, questa è farsa, teatro, commedia. Se la politica è passione civile, questa è protagonismo interessato; se quella era ideale, questa è tatticismo; se quella era visione e programma, questa è piccolo cabotaggio opportunista quotidiano.

La crisi aperta da Conte, fra gli sghignazzi di leader che starebbero bene nelle patrie campagne, e invece ci governeranno a breve, non è il frutto, semmai amaro, di un agire politico, e non si può spiegare con le categorie che i sociologi ascrivono a quell’agire. Non ci sono categorie politologiche adatte a “spiegare” quello che è successo; forse antropologiche, sì; psicopatologiche certamente; anche sociologiche, ma di una sociologia del disagio, dell’effimero contemporaneo, della perdita del senso dell’agire umano in generale. Una ricerca approfondita sui militanti grillini e leghisti spiegherebbe l’epoca politica contemporanea con categorie quali anomia, frustrazione, grande disagio, analfabetismo funzionale, rivalsa, edonismo, individualismo esasperato…

Fra Pulcinella e il Drago c’è un insormontabile abisso cognitivo. I “giochi linguistici” sono nettamente differenti, i “frame” sostanzialmente incomprensibili reciprocamente. L’assetto valoriale di Draghi è incentrato sul rigore, la responsabilità, il servizio, l’analisi e la valutazione. Pulcinella (un Pulcinella qualunque fra i tanti, avete ampia scelta) è improntitudine, improvvisazione, opportunismo, mancanza di memoria, ignoranza abissale. Il primo è composto quanto l’altro sguaiato. Il primo ha misura laddove il secondo è smisurato nella sua imbecillità. Il primo ha competenze palesi, il secondo esibisce un curriculum artificioso e gonfiato. Il primo è internazionale e il secondo strapaesano. Il primo lavora, il secondo fa cose e vede gente.

Non ci può essere dialogo. Le semantiche sono inconciliabili. 

Il primo cerca la strada migliore, fra le poche possibili e ardue, per ottenere un vantaggio apprezzabile per il maggior numero di persone; il secondo propone una strada qualunque, fra le innumerevoli fantasticabili, per ottenere un titolo in prima pagina, per sopravvivere fino a domani, per cavalcare l’onda, per blandire i sodali irrequieti. 

Le dimissioni di Draghi non sono il puntiglio dell’uomo offeso, ma le conseguenze di una semantica che fa dell’impegno e della parola data un principio della stessa fatta, della stessa pasta del rigore economico o della competenza internazionale come della serietà professionale. Le dimissioni di Draghi sono un gesto politico, laddove le improntitudini di Pulcinella sono pernacchie, che saranno anche liberatorie, vitalistiche, irriverenti contro i potenti (una cosa che piace moltissimo al popolino!), furbesche e denunciatarie, ma restano sterili. Sterile la denuncia per la denuncia se non c’è proposta. Sterile il diniego se non c’è alternativa. Sterile il vitalismo se non c’è costruzione faticosa di un progetto.

Queste due “province di significato” sono e restano inconciliabili.

Un certo popolo non può comprendere – e quindi valutare e apprezzare – Draghi, e un altro popolo non può condividere e accettare Pulcinella. Il primo popolo è ampio e in crescita: crescono disagio, sottoccupazione, povertà, ignoranza, e quindi crescono invidia, rivalsa, insofferenza, disagio, e infine vitalismo ribelle, istanze nichiliste, populismo protofascista. 

Comunque finirà questa crisi (a pensarci bene una questione marginale), il vero appuntamento sarà per primavera prossima e le elezioni politiche. Quanto resterà del rigore draghiano, quanto del vaffa di Pulcinella? Gli argomenti (necessariamente complessi) di Draghi faranno breccia in quelli sgangherati e approssimativi di Pulcinella?

Il popolo, insomma, è pronto per il rigore e la serietà, o è intrinsecamente plasmato sul qualunquismo pulcinelliano?

Non oso darmi una risposta.