Il vino fa male al cervello ma bene all’anima

L’Irlanda ha deciso di mettere un freno al consumo di alcol, sovrapponendo la scritta “Nuoce gravemente alla salute” anche alle bottiglie di vino (fonte). Considerando che gli irlandesi sono discreti consumatori di alcol (quasi 11 litri pro capite annui, contro i 7,65 italiani – fonte) forse la necessità salutista era necessaria, non saprei. Altri paesi europei consumano più alcol degli irlandesi, e comunque, chi più e chi meno, qui in Europa il bicchiere di vino a tavola, l’aperitivo, l’ammazzacaffè e via discorrendo piacciono assai, più che altrove (secondo la WHO negli USA si beve meno, circa 9 litri di alcol annui; ma com’è che nei film americani hanno sempre un bicchiere pieno in mano? Mah…).

Comunque sia, come per i pacchetti di sigarette che mostrano, ai tabagisti, polmoni incatramati e gente morente, così si farà col vino, se ho capito bene. Per ora in Irlanda, ma poiché le boiate buoniste, perbeniste, politicamente corrette e salutiste hanno costi zero e sono difficilmente contestabili (salvo passare per cattivi, nevrotici e antisociali), vedrete che la cosa si espanderà. In Italia ci sono già voci, di quelle che vengono definite autorevoli, che plaudono, come la prof.ssa Viola, biologa dell’Università di Padova, che mi informa che l’alcol fa malissimo, compreso il bicchiere di vino ai pasti, e – questo mi ha colpito moltissimo – “chi beve ha il cervello più piccolo” (fonte).

Quindi adesso faccio una pubblica confessione, se no non si capisce perché scrivo di queste scemenze. Io bevo. Sia chiaro: mi sono ubriacato una volta sola in vita mia, avevo sui 25 anni, e il mio bere si limita al massimo a 3-4 unità alcoliche in una sola giornata (ma non tutti i giorni). Da un po’ di tempo ho scoperto il divertimento della miscelazione, e faccio (per me e qualche amico) dei fantastici cocktail. Se mi faccio un cocktail come aperitivo allora non bevo vino a pranzo. Generalmente se me lo faccio a pranzo non lo faccio a cena. Qualche volta non bevo nulla per giorni. Altre volte mi sento di festeggiare qualcosa (o mi devo consolare per qualche altra cosa) e bevo sia a pranzo che a cena. Insomma, diciamo così: faccio come mi pare. Ho fatto le analisi del sangue la settimana scorsa e vanno benissimo. Il mio cervello si sarà rimpicciolito – come afferma la professoressa padovana – ma si vede che conservo abbastanza materia grigia per fare lavori, credo discreti, che – mi dicono – sono apprezzati e richiesti.

Allora facciamo un discorso serio: l’alcol non fa bene (l’insalata sì, fa bene; quasi tutto il resto insomma, così così; l’alcol, decisamente, non fa bene). Non fa bene se bevuto con moderazione e fa male se bevuto senza discernimento: in forma massiccia e ripetuta come rito sociale giovanile (binge drinking); in persone malate, anziane, fragili e con patologie; alle donne incinte; e in un sacco di altre circostanze. Esattamente come fumare. Come mangiare in modo compulsivo o sbilanciato. Praticare troppo sesso. Stare troppo sui social.  Giocare troppo coi videogiochi. Comperare troppi “Gratta e Vinci”. Credo che anche passare troppo tempo a collezionare tappi di birra faccia male.

Il succo è: qualunque cosa, fatta troppo, è indice di squilibrio, di problemi irrisolti, di ansia, di qualunque altra cosa che induce un comportamento alla lunga dannoso. E questi comportamenti compulsivi, alla lunga dannosi, sono tali per il singolo individuo ma anche per la collettività, in termini di costi sociali ed economici (sviluppare una patologia perché si è alcolisti, o tabagisti, o bulimici, comporta ovviamente dei costi di cura, una mancanza di produttività e così via).

Sperando che il precedente paragrafo sia stato sufficientemente chiaro e prudente, e sensato, adesso però dirò che le pruderie proibizioniste mi fanno orrore e io sono assolutamente per la tolleranza antiproibizionista. Se volete fumare, purché non mi soffiate il fumo in faccia direi che sono affari vostri (vale anche per le canne, per quanto mi riguarda; io sono favorevole alla liberalizzazione della cannabis); se siete dei golosi, se vi piace fare sesso, se collezionate tappi di bottiglia, direi che sono allegramente fatti vostri, a patto che quei “fatti vostri” non danneggino la collettività, e quindi anche me; quindi: fumate quanto volete, ma non diventate tabagisti forsennati a rischio di infarto; mangiate quello che volete, ma non fatevi venire il colesterolo a livelli invalidanti; bevetevi il cocktail (se passate da qui vi farò un Manhattan che ve lo sognate) senza diventare alcolisti; comperatevi il “Gratta e vinci” senza precipitare nella ludopatia, eccetera.

Certo, detta così è un po’ ingenua e forse ipocrita. Il tabagista ha iniziato da una sigarettina dopo pranzo, il ludopatico ha iniziato per caso, prendendo la cartolina al bar dopo il caffé, l’alcolista ha iniziato giusto come “aperitivo” con gli amici… Dove si fissa l’asticella oltre la quale è una patologia, una dipendenza, la strada maestra verso un problema di salute grave? La risposta dovrebbe riguardare la sfera della responsabilità individuale, ma poiché non siamo tutti dei super uomini e delle super donne cazzutissimi, con una volontà di ferro, capaci di assoluto autocontrollo, ecco il ruolo pubblico nella prevenzione, nell’educazione sanitaria (e in generale civica).

Spieghiamo nella scuole che fumare fa male, bere fa male, e sostanzialmente tutto fa male (tranne l’insalatina) se se ne abusa; provate voi a fare una dieta di sola carne rossa e vedrete le patologie che svilupperete; troppo sport fa male; troppo sole fa male, ma anche niente sole fa male; il caffé fa male; i cani e gli animali domestici trasmettono malattie; la gente attorno a noi ci trasmette i virus… Aiuto! Ecco; spieghiamo nelle scuole che occorre stare attenti, che ci sono norme igieniche da rispettare e che ogni abuso induce patologie anche gravi. Facciamo pure anche campagne contro il fumo e l’alcol, va bene. Contro il gioco compulsivo. Per l’uso del preservativo. Per il consumo di pesce. Tutte queste belle cose.

Ma attenzione che la spinta salutista non diventi una pretesa moralista. Già a me pare assurda la proibizione della cannabis, sciocca e controproducente. Sulle sigarette siamo sulla strada, mi pare, e i segnali verso l’alcol non mi piacciono. Lo Stato deve consigliare, sorvegliare, ammonire, ma senza impicciarsi poi troppo se, nelle pieghe dei convulsi casini quotidiani, fra una seccatura e una delusione, nel mezzo del caos cittadino o nella solitudine contemporanea, decido di fumarmi un sigaro, bermi un calice di vino, fare sesso, mangiarmi una fiorentina o guardarmi una serie Netflix (che, in questo elenco, potrebbe essere il comportamento più dannoso).