- Ognuno può pensarla come gli pare su qualunque argomento. Se non altro per ragioni pratiche: nessuno sa veramente cosa gli altri pensino, e non abbiamo alcun modo per impedirlo.
- Ognuno può dire e scrivere quello che gli pare su qualunque argomento, entro i limiti delle leggi vigenti. In realtà tali limiti sono labili perché, trattandosi di parole, il confine semantico è vago; comunque: chiunque può dire “Mussolini ha fatto anche cose buone”, mentre la legge punisce chi afferma pubblicamente la necessità della ricostituzione del partito fascista; chiunque può dire “Bisogna fermare gli sbarchi dei migranti” ma nessuno può dire che bisogna sparare sui barconi di quei negri di merda. Occorre ricordare che la Costituzione italiana e le leggi vigenti proteggono (in teoria) la libertà di parola mentre, d’altro canto, non vietano espressamente l’imbecillità.
- Chi ricopre ruoli pubblici rilevanti (da dirigente pubblico a ministro, da responsabile Istat a generale) dovrebbe avere il senso delle responsabilità legato al suo ruolo; se il ruolo è “pubblico”, chi lo ricopre dovrebbe avere una minima sensibilità “pubblica”. ‘Pubblico’ è l’opposto di ‘di parte’. Chi ricopre ruoli pubblici dovrebbe conoscere il pudore della parola; invece, l’arroganza del ruolo induce alla sguaiataggine verbale esibita come dimostrazione di potere. II tema da discutere, quindi, non è la qualità del dire, di questi personaggi così sottili e vacui, ma come diavolo abbiano fatto ad arrivare a tali incarichi, come (mal)funzionino i processi di selezione della dirigenza. In questa fase storica il busillo riguarda una buona percentuale della classe dirigenziale pubblica italiana, inclusa una fetta consistente di ministri, presidenti regionali, segretari di partito.
- Strepiti e cachinni per avere scoperto che un generale della folgore pensa certe cose e le scrive pure, anziché discettare della critica della ragion pura, serve a gonfiare oltre modo l’ego – già non indifferente – dell’autore, ad aumentare a dismisura la vendita del libercolo, a dare a Salvini una nuova strepitosa finestra di visibilità, a piantare un’ennesima bandierina identitaria nella sinistra degli slogan, quella che ha sopraffatto da molti anni la sinistra della proposta programmatica. Soprattutto: a confezionare su un individuo ambiguo, affetto da spacconaggine, il vestito del martire perseguitato cui si nega la sacrosanta libertà di parola. Risultato netto: generale Vannacci 3; destra 1; sinistra zero spaccato.
- La risposta alla vannacciata è esattamente quella immediatamente messa in atto dal ministro Crosetto (non a caso criticato anche dalla destra sguaiata): sospensione dall’incarico pubblico del generale per indisciplina (un militare non può fare dichiarazioni pubbliche se non preventivamente autorizzate) e, per il resto, rinvio alla commissione disciplinare militare che, ovviamente, avrà assai poco su cui discutere (e a decisione definitiva presa da tale commissione, potete scommettere, ci sarà un rinnovo di inutili strepiti).
- Tutto questo è acqua molita, aria fritta, tormentone estivo, acchiappagonzi, strumento di distrazione di massa, incitazione alla cretineria. Ohi, ci fosse uno (o una) che si è sottratto!
Sopraffatti dal nulla
