L’invasione degli ultracorpi

Rolf-Buchholz

I mostri sono fra noi, aumentano costantemente nello sbigottimento dei più anziani, e si preparano a prendere il potere. Sono coloro che modificano il proprio corpo in forme sostanziali, spesso radicali, con la pittura, col piercing, con la chirurgia. I loro corpi assomigliano sempre meno ai nostri (quanto meno al mio!) e la cosa mi causa qualche turbamento. Sappiamo bene che abbiamo da sempre cercato di camuffare il nostro corpo: le donne con colori sul viso e vestiti pensati per esaltare determinate forme legate alle caratteristiche sessuali secondarie (seno, fianchi…) allo scopo di segnalarsi al maschio e contribuire alla prosecuzione della specie; gli uomini con tatuaggi e marchingegni (relativi all’abbigliamento, specie militare) per spaventare il nemico e segnalare aggressività. Non credo di dover mostrare un granché di questa premessa, se anche storia, archeologia e antropologia (ed etologia) non dovessero bastare, una banale storia dell’arte vi mostrerà questa evoluzione dei camuffamenti (qualche illustrazione l’ho messa anch’io, come vedete).

Vermeer, La ragazza con l'orecchino di perla
Vermeer, La ragazza con l’orecchino di perla

A partire da questa base, sostanzialmente connaturata al dimorfismo sessuale umano, le cose cambiano repentinamente in anni recentissimi grazie all’enorme cambiamento sociale e culturale che stiamo attraversando nel mondo occidentale. Più apertura e tolleranza, più ricerca di elementi individuali a scapito dell’omologazione, maggiore edonismo, enorme quantità di occasioni e circostanze che consentono percorsi individuali. Le donne e gli uomini, con differenze importantissime fra età e fra Paesi, vestono sempre più come pare a loro (oppure possono passeggiare nudi – in alcune città americane), tagliano e colorano i capelli come pare a loro, si truccano (donne e uomini) come pare a loro e si infilano ferri nel corpo come pare a loro.

Il
Il “body artist” Joel Miggler

Dai tatuaggi sempre meno discreti e a volte francamente devastanti fino al piercing e le mutilazioni correlate, la modifica del proprio corpo ha imboccato strade estreme che mi lasciano perplesso: lingue biforcute, enormi buchi sulle guance (quelli sui lobi delle orecchie in confronto sono bazzecole), chiodi imponenti sul petto e sul pene, anelli sulla clitoride e sulle piccole e grandi labbra fino a casi di modifica sostanziale e radicale del proprio corpo che certamente resta confinato in casi isolati o ambienti ristretti ma che diventano modello, riferimento, esempio.

Valeria Lukyanova
Valeria Lukyanova

E poi la chirurgia estetica, che una volta serviva a riparare i nasi rotti e ora serve a dare illusioni di giovinezza o – meno patetico e più tragico – a inseguire ideali fantasiosi (Valeria Lukyanova che si fa “modificare” dal chirurgo per diventare come la bambola Barbie è un inquietante esempio). All’onore delle cronache, recentemente, molte attrici rovinate da eccessi di interventi chirurgici che non aiutano a ridurre la domanda (Italia settima al mondo nel 2013 – fonte AICPE), sempre più diffuso anche fra minorenni (quella al seno per scopi estetici vietata in Italia proprio per fronteggiare il fenomeno).

Branding
Branding

Le ragioni di queste pratiche sono facili da comprendere, specie ricordando che sono molto frequenti fra i più giovani: distinzione (che spesso diventa omologazione), rito di passaggio, mancata accettazione di sé sono certamente i motivi principali che hanno molto a che fare col prevalere, nella nostra cultura attuale, di un edonismo esasperato. Purtroppo moltissimi rischiano la propria salute. Col piercing si rischiano serie infezioni, specie quelli sulla lingua e labbra; simili rischi per i tatuaggi; sui rischi della chirurgia estetica sappiamo abbastanza grazie agli eccessi di molti divi e dive. Ma il culmine fra pratiche di modifica del corpo e patologia si riscontrano nelle crescenti manifestazioni di autolesionismo che si diffondono fra i giovani: dalle pratiche di tatuaggio per scarnificazione e branding al cutting, ovvero praticarsi volontariamente e ripetutamente tagli e al burning, bruciarsi volontariamente, di moda – diciamo così – fra giovanissimi adolescenti, dagli undici anni in poi, specie femmine (fonte); l’autolesionismo per soffrire nel corpo e non nell’anima, dice lo psicologo, autolesionismo per sentirsi vivi, ma anche per imitazione (e aggiungerei anche l’anoressia, una via diversa per cambiarsi e soffrire, per stare nel gruppo, accettarsi ed essere accettati).

Cutting autolesionistico
Cutting autolesionistico

Credo che i problemi siano da vedere in forme diverse: per quanto riguarda i giovani e giovanissimi gli adulti, a partire dai genitori, devono vigilare, cogliere i segni di disagio, interpretarli e porsi come educatori, ovvero come sostegno, modello, facilitatori dell’ingresso nella vita adulta; onestamente direi che ogni tatuaggio, piercing, taglio o altro esibito da adolescenti dovrebbe costituire un immediato segnale di allarme. Per quanto riguarda gli adulti la storia è differente e, per quanto mi concerne, da trattare con la massima liberalità. La ragazza adulta che crede di essere più attraente devastandosi il seno con complicati tatuaggi, la diva invecchiata che eccede nel botox o il fanatico narciso che scolpisce il corpo con inesauribili fatiche in palestra e si pianta paletti qua e là, difficilmente possono essere miei amici ma solo perché agiscono all’interno di modelli a me totalmente estranei. Ma io appartengo al secolo scorso… Per il resto: il corpo è nostro e ciascuno lo usa, e ne abusa, come meglio crede.

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(In copertina: Rolf Buchholz)