Va molto di moda sui siti di eroica resistenza alternativa alla disinformazione affermare che la Germania “cattiva” immiserisce la “tenera Italia” e l’Europa tutta, in verità, grazie alle sue sordide trame. In genere tali articoli si distinguono per l’assoluta sicurezza delle affermazioni associata alla citazione di uno o due parametri, accuratamente scelti, che “dimostrano” quanto sostenuto. Poiché la saggezza si conquista prendendo dai migliori le cose buone, e scartando, se possibile, quelle cattive, vediamo se invece c’è da imparare qualcosa dalla Germania e se, per caso, queste analisi a senso unico tralascino qualche importante “dettaglio”.
Perché, vedete, i dati ci dicono che effettivamente la Germania ha fatto qualcosa di notevole dal 2000 in poi nel settore della bilancia del commercio con l’estero di beni e servizi:
Un Italiano anti Euro e anti Germania esulterebbe, ancor prima di capire cosa sta guardando: li abbiamo pizzicati! Vedete? Invadono il mondo con i loro prodotti sfruttando… sfruttando… ehm… uh. Già: come fanno? Vediamo.
Prima di tutto, cosa ci dice il grafico? Che la Germania ha incrementato in modo significativo rispetto ad altri paesi confrontabili la differenza tra quanto esporta e quanto importa. I loro prodotti sono molto ricercate all’estero, e quelli altrui a loro interessano poco (chissà se perché sono poco fantasiosi o se perché se li producono già a casa simili o persino migliori). Una cosa simile ha fatto anche l’Olanda (altro paese che in Italia sta diventando antipatico: sembra che non si veda l’ora che l’Olanda e la Germania inizino ad andar male, come i primi/e della classe che oltre ad essere secchioni e simpatici ai professori erano anche belli, ammirati e corteggiati mentre gli altri stavano a far tappezzeria).
Il dinamico duo ha la stessa moneta degli altri stati Europei presenti nel grafico, (a parte il Regno Unito, che ha la sterlina e sembra messa lì a bella posta per vedere quanto si possa andar male anche con la propria valutina) quindi, la scusa dell’Euro ce la siamo già giocata.
Significa anche la Germania, grazie all’avanzo della suo commercio con l’estero, ha accumulato una ricchezza rispetto all’Italia pari al valore dell’area compresa tra le curve dei due paesi. E il grafico è in miliardi di dollari.
Affascinante, si dice su Vulcan, quando si identifica un fenomeno che vale la pena approfondire.
Ed ecco qui gli approfondimenti, da un portale dal fascinoso nome di “Osservatorio per la complessità economica”:
Classificazione delle merci esportate dalla Germania
Paesi verso i quali esporta la Germania
Classificazione delle merci esportate dall’Italia
Paesi verso i quali esporta l’Italia
La prima cosa che, fossi Italiano, mi balzerebbe all’occhio è che una crisi della Germania è l’ultima cosa che mi dovrei augurare, poiché la Germania è il PRIMO importatore dall’Italia (e scommetto che anche il fatto che l’Italia abbia come suo primo prodotto i raffinati dal petrolio possa sorprendere e magari far riflettere a cosa succederebbe a questa industria di trasformazione di materie prime importate in caso di uscita dall’Euro). Ma questa forse è una considerazione logica valida solo su Vulcan.
La seconda, a parte l’evidente distacco in valore assoluto dei valori dell’export, è CHE COSA, principalmente, viene esportato. La Germania per la gran parte esporta beni che richiedono elevata tecnologia, un sistema industriale integrato complesso e per i quali la lavorazione nazionale aggiunge molto valore rispetto alle materie prime importate. L’Italia, invece, ha 4 delle prime 10 voci rappresentate da settori industriali a facile sostituibilità da parte dei paesi emergenti (scarpe, “altro o parti”, gioielleria, vino: l’11esima è elettrodomestici). Diciamo che non mi sento molto stupito che si avverta pesantemente la concorrenza degli ex morti di fame del terzo mondo che si stanno facendo, impudentemente, sotto, tramite industri “semplici”, che sono ahimè, le stesse dell’Italia.
Questa però è solo una prova indiziaria del perché il sistema industriale tedesco abbia una marcia in più. Perché hanno prodotti migliori, sofisticati e che sono RICERCATI dal mercato mondiale? Caspita, li comprano, mica la Germania li dà via gratis!
Su Vulcan non si sbaglia se a fronte di una cosa ben fatta c’è di mezzo il Consiglio delle Scienze, e questo mi porta a domandarmi se per caso questa logica deduzione non valga anche sul pianeta che mi ospita. Una prima idea potrebbe essere andare a vedere quanti mezzi vengano forniti alla ricerca, ma sulla terra questo si traduce in denaro, e il denaro tende a prendere vie strane, in alcuni paesi: preferisco qualcosa di più significativo. Quindi diamo un’occhiata ai risultati della ricerca scientifica industriale: i brevetti (per cosa sia un brevetto, e perché ce ne si prenda cura si veda qui).
E qui, persino il mio sopracciglio si è alzato più del solito, di fronte a questi dati:
(l’Italia è la quarta, l’Olanda l’ultima). La Germania ha avuto una crescita molto rapida di brevetti, prima della esplosione delle sue esportazioni: se conoscete cosa sia l’isteresi, è esattamente quello che mi sarei aspettato. Ma, si obietterà, è normale che la Germania abbia molti brevetti, essendo la nazione più popolosa d’Europa. Giusto. Andiamo a vedere quindi i brevetti rapportati alla popolazione:
Qui le cose diventano davvero ovvie, e sconfortanti dal punto di vista di chi si è affezionato al paese che lo ospita. L’Italia non solo ha perso il treno della innovatività tra il 1990 e il 2000 (si vede dalla “pendenza” delle curve: più sono ripide, maggiore è la velocità con la quale avviene un fenomeno, in questo caso la brevettazione dell’innovazione), ma è ancora oggi ferma al palo, o peggio. E’ spiegabile perfettamente invece, la capacità di esportazione di Germania e della geniale Olanda, nettamente prima in classifica per inventiva: posseggono le conoscenze utilizzabili per creare prodotti unici, oppure per produrre in maniera unica (e migliore o più conveniente) prodotti simili a quelli di altri in competizione e, aggiungo, tramite i brevetti, incassano, senza far nulla, le royalties di quanto prodotto dal loro ingegno e usato dagli altri nei loro processi produttivi. Una parola sulla Francia: se continua così, investite ora in azioni di società francesi.
La mia vulcaniana diagnosi è che l’Italia sia priva da almeno venti anni di una politica scientifica ed industriale, e che gli italiani che parlano di Euro, Europa, salari e competitività scorretta come causa della situazione dello Stato e di loro stessi rendano un pessimo servizio ai loro concittadini e alla possibilità di invertire questa situazione, contribuendo in maniera significativa all’affossamento definitivo della Nazione e alla migrazione delle persone preparate in Paesi dove, numeri alla mano, le capacità sono apprezzate e contribuiscono a una vita migliore per chi le ha e per gli altri.
[Questo articolo è stato originariamente pubblicato su MenteCritica, dove può essere utile leggere i commenti. Col permesso di MenteCritica]