Abbiamo chiesto ad alcuni amici di Hic Rhodus di affiancarci nell’analisi post elettorale. Cosa cambierà in Europa? Cosa in Italia? Qual è il risultato più eclatante? Ecco le loro risposte (e le nostre); ciascuno ha scritto a titolo personale senza un confronto preliminare; le opinioni non riflettono necessariamente quelle di Hic Rhodus.
Il quadro europeo
Alba
Rispetto alle elezioni del 2009, quasi tutte le famiglie della politica europea (PPE, Socialisti, ALDE, Verdi, Conservatori e Riformisti Europei) hanno perso in percentuale e seggi. Rilevante è il calo del PPE (-7,4%); da notare la sconfitta di liberali (-2,3%). La sola formazione tradizionale che guadagna voti è l’estrema sinistra (+1%), grazie all’esito delle elezioni nell’Europa del Sud. Nel frattempo, specie a destra, emergono nuovi attori capaci di attirare una buona percentuale dell’elettorato europeo. I risultati dei partiti cosiddetti ‘euroscettici’, tra loro molto diversi, si trovano qui.
Oltre all’euro, sono così messi in discussione alcuni capisaldi della tradizione politica europea: il generoso modello sociale, la politica di asilo e d’immigrazione, l’integrazione politica ed economica. Popolari e socialisti si accorderanno probabilmente per decidere il governo dell’Unione, forse con l’esclusione dell’ALDE. Dubito che un’alleanza a due sarà capace di riaccendere il motore dello sviluppo economico e della modernizzazione.
Il passaggio decisivo sarà probabilmente la sorte dell’accordo di libero scambio transatlantico. Si stima che, a pieno regime, esso produrrebbe un incremento del 2,2% del PIL europeo. Il precedente parlamento europeo aveva già sollevato perplessità in merito. In quello neoeletto le resistenze corporative e nazionaliste saranno certo più forti. Meno difficile dovrebbe invece essere la sburocratizzazione delle istituzioni comunitarie.
Il risultato più impressionante è l’avanzata del Front National in Francia. Nel 2009 FN era sotto il 10%; ora è al 25%. Il suo programma è radicale: uscita della Francia dall’euro, ripristino del Franco, opposizione al trattato transatlantico, politica agricola nazionale e non più comunitaria, uscita da Schengen, politica molto restrittiva dell’immigrazione, introduzione di un “protezionismo intelligente”.
La diagnosi è semplice: la globalizzazione “selvaggia”, il libero scambio e l’immigrazione sono le cause principali del declino economico della Francia. La terapia è la chiusura, a merci e persone, delle frontiere francesi, e un ridimensionamento radicale delle istituzioni comunitarie.
La Francia mostra così l’arretratezza della sua struttura sociale ed economica, le carenze del dibattito politico, le incertezze e le debolezze delle forze politiche tradizionali. Hollande raccoglie i frutti di promesse errate e di una politica economica incapace di far fronte alla crisi. Il tentativo di Valls, pur generoso, è stato tardivo e forse abortirà.
Bezzicante
L’imponente presenza di forze politiche ostili all’Unione è la rappresentazione plastica del fallimento delle idee originarie di Unione Europea. Il voto euroscettico (termine assai inadeguato) non bloccherà il lavoro delle Commissioni e quello dell’Assemblea, ma fornisce l’evidenza di una crisi culturale profonda capace di avvelenare il progetto europeo. In questo coacervo magmatico e diversissimo entrano partiti e movimenti come la Lega e il M5S (e sarebbe entrato anche Fratelli d’Italia se avesse superato il quorum), come esemplificazione italiana abbastanza esaustiva. Si va infatti dalla proposta di valori fortemente nazionalistici (o più spesso localistici) al generico populismo anti-sistema. I gruppi identitari esprimono esattamente il concetto antitetico rappresentato dalle ambizioni (opache, lontane, quasi dimenticate) dell’Unione, e quelli anti-sistema si pongono con una criticità ambigua e priva di potenzialità collaborative.
Queste tendenze centrifughe, presenti da tempo, sono naturalmente esplose nel momento in cui a una crisi colossale si è contrapposta una risposta assolutamente sbagliata da parte europea che ha affidato a un rigore ottuso, antropologicamente identificato col rigido calvinismo teutonico, la missione impossibile di salvare il sistema-Europa trascurando i Paesi membri e più ancora i loro Popoli. L’esperienza Greca grida vendetta; quella di Malta, pur nell’enorme differenza, ha lasciato perplessi… Ciò nonostante non è tanto dal Sud dell’Europa che vengono i problemi maggiori all’integrità europea. L’esplosione lepenista in Francia ha occupato i titoli di tutti i giornali, ma quasi peggio è stata l’affermazione dell’UKIP di Farage in Gran Bretagna, che per la prima volta diventa il primo partito in quel Paese con possibili futuri orizzonti assai preoccupanti in termini di tenuta, all’interno dell’Unione, della più grande piazza d’affari occidentale. E in pressoché tutti i Paesi si registrano analoghi fenomeni, inclusa la Germania, dove l’Alternative für Deutschland riesce a conquistare un seggio col suo 6.5%.
La principale conseguenza di tutto questo è l’impossibilità di una reale politica europea credibile all’interno (per i popoli europei che dovrebbero guardare ad essa con speranza) e all’esterno, con grande soddisfazione per i nostri maggiori competitori internazionali (USA e Russia innanzitutto) che continueranno a sentirsi liberi di agire indipendentemente dalle reazioni, puramente verbali o poco più, dell’Europa (la recente crisi Ucraina insegna).
Ottonieri
Queste elezioni rappresentano certamente un punto di discontinuità (“terremoto” lo hanno chiamato molti giornali europei, specie francesi) e hanno portato in grande evidenza forze e linee politiche centrifughe rispetto al progetto dell’Unione Europea. I successi degli euroscettici di UKIP in Gran Bretagna e del FN in Francia sono i fenomeni più appariscenti, vista l’importanza dei due Paesi, ma l’onda di disaffezione è più estesa, e attraversa la Grecia (con la sinistra di Tsipras primo partito e gli estremisti di destra di Alba Dorata che sfiorano il 10%), la Spagna (Podemos, il partito ispirato agli indignados, porta 5 parlamentari a Strasburgo) e i molti Paesi dove l’astensionismo è stato fortissimo.
Rispetto a questo scenario “tellurico”, gli effetti pratici sulla politica europea potrebbero essere limitati. Il PPE conserva la maggioranza relativa, ma perde molti seggi e, visto il pessimo risultato dei liberali, non c’è alternativa a un’alleanza tra il PPE e il PSE, che ha sostanzialmente mantenuto le sue posizioni. I due partiti “tradizionali” sono infatti molto più vicini tra loro di quanto lo siano alle nuove forze che si affacciano al Parlamento Europeo, e la cui frammentazione renderà loro difficile incidere realmente sulle politiche europee.
Credo che il dato francese vada guardato con attenzione, e non si possa collocarlo semplicemente nel filone “euroscettico” che attraversa questi risultati elettorali.
A differenza del Regno Unito, la Francia è infatti da sempre un pilastro dell’unità europea. Il suo progressivo indebolimento come partner privilegiato e contraltare della Germania culmina in queste elezioni, che di fatto azzoppano Hollande come leader europeo. Il Partito Socialista è ridotto a un 14% scarso, e questo avviene in un momento in cui la Francia in Europa è in una posizione molto ambigua: se formalmente è sempre considerata un Paese leader dell’Unione, nella realtà nasconde una grande vulnerabilità economica e politica. Una Francia palesemente subalterna sarebbe ancora più preda di movimenti populisti, e sarebbe un problema per tutta l’Europa.
Signor Spok
Guardiamo alla composizione del parlamento europeo, dall’ottimo sito della BBC che con anglosassone efficienza ci mostra in sintesi tutto quello che conta:
- l’affluenza alle europee è rimasta stabile, un ottimo risultato presumibilmente da attribuire alla massiccia partecipazione degli anti Euro/Europa; in ogni caso questo implica che l’importanza delle decisioni di un “Governo Europeo” è cominciata ad arrivare alla grande massa della popolazione;
- il previsto tsunami si è rivelato, a dir molto, una debole risacca. Esiste una solidissima maggioranza pro europa, rappresentata da PPE, PSE, Liberali. Questi 3 partiti hanno perso globalmente, rispetto alle ultime elezioni, circa il 9%; nel nuovo parlamento europeo sono comunque in grado di far passare, a larghissima maggioranza, qualsiasi provvedimento (un’ottima analisi sintetica QUI);
- I tradizionali partiti euroscettici sono rimasti percentualmente invariati (EFD), pur incrementando i seggi.
La pressione, operativa e propagandistica, degli altrimenti irrilevanti antieuropeisti sulle istituzioni europee aumenterà quindi quel tanto che basta per indurre una maggiore velocità ed efficienza nell’integrazione europea. La Germania rappresentata dalla Merkel, alla quale non conviene un collasso Europeo quasi quanto non conviene a noi, si trova con una posizione indebolita e la necessità di cercare la collaborazione dei Socialisti Europei: non può che derivarne un’evoluzione positiva in termini di convergenza delle politiche comunitarie: integrazione bancaria, politica estera, politiche fiscali e sociali.
Il successo dell’UKIP in UK viene presentato come “stravolgente” rispetto ai raggruppamenti tradizionali, che in UK sono i Labour e i Conservatori. Se andiamo a guardare i dati osserviamo invece che questi due partiti, insieme, sono aumentati di circa il 6% grazie al grande successo dei Laburisti, che hanno scavalcato i conservatori. L’UKIP è comunque diventato sufficientemente ingombrante da rendere probabile un referendum per la permanenza dell’UK nella comunità europea, cosa che valuto in maniera estremamente positiva considerata la disomogeneità culturale, economica e regolatoria del Regno Unito rispetto agli altri principali paesi europei e la sua tendenza, per questo, ad agire da formidabile freno per i necessari processi di integrazione. Qualunque sia l’esito di questo referendum, l’Europa ne uscirà molto rafforzata.
Ben più interessante è la situazione in Francia, che è stato uno dei due assi portanti dell’Europa insieme alla Germania. In questo paese un’ulteriore avanzata degli elementi antieuro potrebbe effettivamente mettere in crisi il progetto europeo. E, storicamente, i francesi ne sarebbero capaci.
I riflessi in Italia
Alba
Lo straordinario risultato del PD è stato ottenuto nonostante la debolezza politica di molti esponenti nelle sue liste. Renzi esce confortato da questo consenso; per l’effetto bandwagon alcuni suoi oppositori interni limiteranno forse in Parlamento pregiudiziali, impuntature e trabocchetti. In ogni caso Renzi dovrà muoversi in fretta. La politica italiana ha la memoria corta; le fazioni e le corporazioni hanno invece idee chiare sugli interessi dei loro affiliati.
La destra conosce una sconfitta politica, prima ancora che nei numeri. FI è alla ricerca di un nuovo leader, che ancora non s’intravvede, a meno di prevedere successioni dinastiche (che in Francia hanno funzionato, però). Gli elettori di Scelta civica hanno deciso di votare per Renzi, e non si sa se e quando ritorneranno all’ovile. NCD, in alleanza con l’UCD, non sembra avere un’idea politica chiara del futuro del nostro paese e dell’Europa. La novità è la rivitalizzazione della Lega Nord. Messo in secondo piano il progetto federalista, appannato dagli scadenti risultati ottenuti e dagli scandali, Salvini ha sposato le idee e i programmi lepenisti. Visti i risultati, questa linea sarà certo approfondita in futuro. Ciò accentuerà le fratture interne allo schieramento politico di destra, condannandolo probabilmente a un lungo periodo di marginalità politica ed elettorale.
Bezzicante
Il voto italiano combina e intreccia tre elementi macroscopici la cui combinazione non prefigura necessariamente qualcosa di buono per l’immediato futuro. Occorre infatti inquadrare lo strepitoso successo personale di Renzi (esaltato percentualmente dalla bassa affluenza al voto, ma in ogni caso notevolissimo) con lo spappolamento della destra sedicente liberale e con la forte presenza dei populisti anti-sistema di Grillo (fortemente ridimensionati ma sempre sopra il 20%, e quindi virtualmente secondo partito italiano). Ciascuno di questi tre fattori è stato concausa degli altri, in un combinato disposto che si può così riassumere: 1) Renzi al momento semplicemente è privo di interlocutori e può fare ciò che vuole; 2) Renzi al momento è privo di interlocutori e difficilmente potrà fare ciò che vuole. Intendo dire che all’indiscutibile sua leadership dentro e fuori il PD e alla valanga di consensi indicatrice del gradimento popolare alla strada delle riforme da lui intrapresa, si contrappone il sistema sclerotico (elettorale, parlamentare, costituzionale) che lui vorrebbe cambiare e delle forze in campo fotografate in maniera molto differente 14 mesi fa, forze ancora capaci di rendergli difficile l’azione politica. Renzi potrà “difendersi” solo attaccando ancor più vigorosamente, col sostegno di due fattori: 1) al momento tutte le forze politiche temono nuove elezioni tranne il PD; 2) il ruolo che Renzi potrà giocare in Europa, inedito e inaspettato, potrà avere straordinari riflessi in Italia blindando la sua leadership per i prossimi anni. Un compito davvero difficilissimo.
Ottonieri
La lettura immediata dei risultati italiani è obbligata: si tratta di un grande successo del PD, ma soprattutto di Renzi. Anzi, si può ritenere che una delle ricadute più immediate, sul piano interno, di questo voto possa consistere nel costringere almeno temporaneamente al silenzio i “frondisti” interni al PD. Gli italiani, con tutta evidenza, desiderano che Renzi abbia la possibilità di giocare le sue carte fino in fondo.
Se Renzi è il vincitore, io credo che i “grandi sconfitti” Grillo e Berlusconi siano meno sconfitti di quello che sembra. Il PDL alle ultime politiche aveva il 21,5%, e, considerata la scissione di Alfano, Forza Italia ha quindi sostanzialmente confermato la sua forza elettorale, mentre i suoi alleati “naturali” Lega e FDI sono cresciuti. Il M5S ha perso voti e soprattutto un’occasione in cui credeva, ma è il secondo partito italiano e può puntare a una rivincita dopo che il Governo Renzi sarà stato messo alla prova dei fatti.
Gli italiani, insomma, hanno dato a Renzi un mandato chiaro, ma non irrevocabile.
Non c’è dubbio: Renzi ha fatto Bingo. Dopo l’imbarazzante serie di autogol commessi dal PD dalle elezioni del 2013 in poi, era davvero difficile prevedere che avremmo assistito al più grande successo elettorale della storia della sinistra. Questo risultato, mentre certamente dà ossigeno a Renzi e ne toglie ai suoi oppositori interni, specie quelli aggregati intorno all’eterno Massimo D’Alema, rappresenta anche un’enorme assegnazione di responsabilità. Renzi ora deve governare e completare le molte riforme avviate o solo annunciate; ma si trova anche a dover svolgere un ruolo decisivo in Europa. Speculare all’indebolimento di Hollande, il rafforzamento del PD lo porta a essere la più forte componente del PSE, così come la CDU della Merkel è la più forte componente del PPE. Merkel e Renzi guida dell’Europa? Sulla carta, dovrebbe essere così.
Signor Spok
Il risultato è a mio avviso diretta conseguenza dalla paura suscitata dall’apparente montante marea dei minacciosi vaneggiamenti M5S, paura che ha fatto saltare i tradizionali arroccamenti ideologici destra/sinistra. I temi proposti con entusiasmo e modalità dialettiche molto incisive (per usare un eufemismo) dal M5S sono stati compresi, al di là di ogni possibile dubbio, come a contenuto demagogico e totalitario, molto più del suo pur nefasto predecessore e omologo FI/PDL (vedi https://ilsaltodirodi.com/2014/04/30/qi-e-democrazia/) e hanno evidentemente superato un livello di soglia di allarme che era sembrato, in Italia, inesistente. Questo imprevedibile “cambiamento di stato” della percezione della situazione da parte degli elettori non è stato rilevato dai tradizionali metodi di sondaggio, anche se, e questo è molto positivo, si è notato sui social media: un numero insolitamente alto di persone con un buon livello culturale ed argomentativo, non per questo affiliate a partiti, sono uscite allo scoperto nelle discussioni pre-elettorali.
Il PD, o Renzi, potrebbe considerare questi voti come suoi, invece che dei moderati che lo hanno scelto come male minore in un desolante panorama di impresentabili. Dovesse compiere questo errore esiziale e continuare ad avere come riferimento ideologie e automatismi appartenenti a un centinaio di anni fa, è destinato a subire in breve una punizione severissima.
Ha per contro un’opportunità unica di realizzare una vera semplificazione e rilancio della società italiana. Operazione non facile, considerate le incrostazioni presenti non solo nel PD stesso, ma anche e soprattutto nei cittadini italiani.
Nei risultati italiani la divisione tra una concezione razionale, positiva, civile della società e una fideistica, demagogica e ascientifica è nettissima. Da tempo considero questa la vera sfida in corso nelle società occidentali, all’esito della quale è appeso il destino storico dei popoli che le costituiscono.
I partiti demagogici in Italia (mia lista, con livello di demagogia decrescente: M5S, Lega, FI, Tsipras) hanno ottenuto un brillante 48%. E ci sono vaste frange di elettorato PD che ne condividono molti elementi ideologici. C’è molto da lavorare.
Hanno collaborato a questo articolo: Alberto Baldissera Negli ultimi trent’anni ha più volte descritto il ruolo delle corporazioni (che lui preferisce chiamare ‘coalizioni distributive’) e delle loro pratiche spartitorie nel declino economico, sociale e civile del nostro paese. Bezzicante Era un sociologo. Di sé dice che preferisce sbagliare con la sua testa che far bene con quella altrui, ma è una scusa per straparlare impunemente. Ottonieri Middle-manager prematuramente sottratto agli studi scientifici, è spassionatamente appassionato di numeri. Signor Spok Con alcune competenze che pensa siano decenti e molte passioni che sa di coltivare male. Interessato a ciò che è rilevante su larga scala, poco a quanto ritenuto importante localmente. Di conseguenza, ha la mente ingombra di nozioni del tutto inutili alla vita quotidiana. Trova la mancanza di curiosità ed ironia tipico delle persone pericolose.