L’India ha bisogno di recuperare valori morali prima di fare sogni da superpotenza
(Vandana Shiva)
Oltre l’India da cartolina, del Taj Mahal e della cucina tandoori, dei santoni e del sitar che conquistò George Harrison esiste un’India tragica, violenta, povera e spaventosa. L’India in cui un terzo del territorio è in mano a guerriglieri sedicenti maoisti, dove il governo non arriva e dove non c’è legalità, delle violenze religiose fra induisti e altre religioni, delle violenze domestiche contro i bambini (un sommario e testimonianze le trovate QUI) ma soprattutto della violenza contro le donne. È di pochi giorni fa la notizia delle due adolescenti stuprate e impiccate da un branco che comprendeva due poliziotti, orrore che segue a ripetute analoghe notizie che arrivano alla nostra attenzione periodicamente e che spesso associano la violenza sessuale all’omicidio.
La violenza contro le donne non è un fenomeno sporadico in India. Gli stupri in questo Paese sono raddoppiati fra il 1990 e il 2008 (Fonte). Solo nel 2011 sono stati denunciati oltre 24.000 stupri ma si ritiene che quelli non denunciati siano moltissimi (Fonte). Il grafico mostra l’impressionante aumento dei casi denunciati nell’ultimo decennio.
Fonte: All India Crimes against Women during 2001-2012, National Crime records Bureau, Ministry of Home Affairs.
Amore di verità impone di ricordare che l’India non detiene comunque il record degli stupri: il numero altissimo di casi deve essere ricondotto al miliardo e duecento milioni di abitanti. Nel 2011, per esempio, a fronte dei 24.206 stupri indiani, negli Stati Uniti, con un quarto delle popolazione, gli stupri accertati sono stati 83.425 (Fonte). Come sempre i dati vanno contestualizzati e compresi. Negli Stati Uniti la cultura protestante e anglosassone, l’emancipazione femminile, l’attenzione dell’opinione pubblica e una legislazione veloce e intollerante verso gli abusi sessuali proteggono le donne, che sono portate a denunciare le violenze certe della tutela; in India, al contrario, lo stigma e la vergogna, specie nei villaggi rurali, i condizionamenti sociali e religiosi, incluso il fatto che una ragazza stuprata non è considerata più “maritabile”, inducono moltissime giovani donne a subire la violenza in silenzio.
Degli stupri indiani colpisce spesso la violenza: stupri di gruppi, utilizzo di strumenti atti a ferire, il fuoco… Per non tacere della giovanissima età di molte vittime. Com’è noto l’opinione pubblica indiana si sta muovendo sempre più forte contro questo crimine, e anche il legislatore è costretto a muoversi. Il tasso di condanne per stupro in India è più alto di quello di molti tribunali occidentali (Fonte) ed è stata approvata da un paio d’anni la pena di morte in determinati casi; pena di morte già eseguita per alcuni stupratori ma, come sostiene Amnesty, questa è una forma di vendetta sociale che non fermerà gli stupri. Lo stupro, specie se attuato in forme così violente, ha a che fare con un substrato culturale diffuso, una concezione del rapporto uomo-donna e della virilità, con l’ignoranza e la povertà che nell’India “nazione emergente” sono sempre diffusissime.
Purtroppo non è finita, perché alla violenza sulle donne va aggiunto il femminicidio infantile e l’aborto selettivo. Le statistiche più recenti mostrano come la forte preponderanza di maschi sia dovuto, in India, alla volontaria soppressione delle bambine: sono 23 ogni 1000, in India, le bambine decedute dopo poche settimane di vita, contro la media del 14 per mille tra i neonati maschi; negli stati indiani più poveri questo fenomeno è conseguenza della povertà, delle consuetudini relative all’onerosità della dote e all’ignoranza, ma anche negli stati più ricchi il fenomeno è in crescita a causa di pregiudizi tradizionali e religiosi.
Qualunque futuro capo del governo non potrà prescindere dall’affrontare la questione: sono scomparsi in un ventennio tra i 5 e i 10 milioni di piccole indiane, nonostante le cinque precise norme del codice penale create per dissuadere e punire chi procura l’aborto, uccide o ferisce neonati o semplicemente lascia morire di incuria un figlio minore di 12 anni. È che l’India non ha mai compiuto un passo fondamentale: far penetrare i principi di uguaglianza tra i sessi sancite dalla legge in una società modellata su basi ataviche di supremazia maschile e difettosa del più elementare rispetto per l’infanzia, dove il tasso di denutrizione – questo per entrambi i sessi – è del 42,5%. Basta fare un paragone con l’altrettanto popolata Cina, dove quel dato si assesta al 3,8%, per capire che non è meramente una questione di povertà (R. Bultrini, vedi “Risorse” qui sotto).
La cosa tragicamente ironica è che la penuria di donne (32 milioni in meno degli uomini in India – Fonte) è in relazione col crescere dell’aggressività maschile, come diversi studi mostrano (riferiti in particolare all’India e alla Cina dove sussiste un fenomeno analogo, sia pure minore). Il circolo vizioso conclusivo è il seguente:
Risorse per approfondimenti:
- La pagina Wikipedia in inglese offre ampia documentazione e bibliografia;
- Is India the Rape Capital if the Word? di Sally Kohn, “More”;
- Why Rape Seems Worse in India Than Everywhere Else (but Actually Isn’t) di Nilanjiana Bhowmick, “Time”, 8 Nov 2013;
- L’India senza figlie, di Raimondo Bultrini, “La Repubblica D”, 11 Aprile 2014;
- Le donne mancanti: lo squilibrio demografico in India, di Antonella Rondinone, “Jura Gentium”;
- Gender Imbalance: the Perils in China and India, di Munindra Khaund.