Ma ai diciottenni non piace il bonus o la cultura?

Tra le questioni spesso obiettivamente più rilevanti che affollano in questi giorni le prime pagine, ha fatto timidamente la sua comparsa anche una discussione partita dai dati relativi al cosiddetto bonus cultura, ossia quel contributo di 500 Euro che chi compiva diciotto anni nel 2016 poteva richiedere per comprare libri o per altri “consumi culturali”. Come quasi tutti i giornali hanno pubblicato, solo il 61% dei diciottenni nati nel 1998 ne hanno fatto uso, e il 39% della somma stanziata è quindi rimasto inutilizzato.

consuntivi
Statistiche sul bonus cultura – Fonte: Repubblica a partire da dati MIBACT

Questo risultato apparentemente non troppo esaltante ha indotto molti a criticare l’impostazione del bonus, considerato “troppo restrittivo” (una “soluzione” molto all’italiana l’ha trovata Amazon, che ha inserito un po’ di tutto nella categoria Libri, tanto poi va’ a controllare), e non è mancato chi semplicemente ha rivenduto il buono ad altri o ha adottato altri sistemi per trarne impropriamente qualche profitto. In effetti, anche il governo sembra pensare che sia il caso di “allargare le maglie” visto che già per i nati nel 1999 sarà possibile usarlo anche per l’acquisto di musica (su CD o in streaming) e per la frequentazione di corsi. Un compromesso che non è detto che raggiunga il suo scopo, visto che non mancano i ragazzi che obiettano “beh, se ci si potesse comprare la PlayStation allora sì…”.

Già, ma qual è lo scopo? A costo di andare controcorrente, personalmente trovo che il fatto che il bonus non sia stato pienamente utilizzato non dimostra in sé che si tratti di un insuccesso. Anzi: se il bonus fosse stato integralmente utilizzato avrei pensato che fosse stato concepito male.
Un bonus come questo è infatti innanzitutto un incentivo, nel caso specifico a sperimentare forme di consumo culturale “di base” (leggere un libro) ma nonostante questo meno diffuse di quanto si riterrebbe necessario. Se tutti i giovani avessero ritirato il bonus e l’avessero utilizzato per comprare libri, io ne concluderei che con tutta probabilità i diciottenni avrebbero comunque comprato libri, e che avrebbero approfittato del bonus per farlo gratis. Sarebbe stato un premio a chi ha già il comportamento desiderato, insomma.

Se invece si vuole incentivare a provare qualcosa che non si fa già, bisogna mettere in conto che non tutti aderiranno. Se a me arriva a casa un buono per provare un nuovo parrucchiere per uomo, lo butto nel cestino dei rifiuti, perché vado da decenni sempre nel vecchio, arcaico barbiere di quartiere assolutamente non cool. Però questo non vuol dire che io sia il target sbagliato per quella promozione, perché se io fossi meno irrimediabilmente ancien régime, magari proverei e mi convertirei alle delizie delle moderne acconciature maschili. Dal punto di vista del parrucchiere vale la pena provare, no? Quindi, chi vuole spingere i ragazzi a leggere di più e ad andare a teatro farà bene ad attendersi di non ottenere un tasso di conversione pari al 100%. Chi non accetta, non spende il buono e non costa nulla allo Stato; dov’è il problema? D’altra parte, se il tasso di conversione di chi non legge è zero, allora effettivamente stiamo finanziando solo chi è già lettore.

Insomma: per capire se il bonus sia stato o meno utile, nel senso descritto sopra, non basta sapere quanti l’hanno utilizzato.

Per capire di più, potremmo ricorrere a una fonte indipendente per sapere quanti giovani non leggono, sulla base di dati precedenti il bonus, come questi raccolti dall’Istat:

lettori diciottenni 2015
Giovani di 18 e 19 anni che nei 12 mesi precedenti hanno letto almeno un libro – Fonte: Istat, dati 2015

Quindi: posto che circa il 50% dei diciottenni legge(anzi leggeva, nel 2015) almeno un libro l’anno, con una lenta tendenza al calo, e osservato che a usare il bonus è stato il 61%, che ha speso in libri l’80% del valore dei bonus, cosa possiamo concludere? Beh, se volessimo essere rozzi potremmo osservare che 61% x 80% = 48,8%, e concludere che la quota di ragazzi che grazie al bonus ha comprato almeno un libro si colloca tra il 49% e il 61%. Considerando anche i fenomeni “distorsivi” di cui ho accennato sopra, concluderei che in effetti è probabile che abbia usato il bonus per leggere solo chi leggeva già. In questo senso, il bonus non sembra essere stato in grado di modificare i comportamenti dei ragazzi. Ma non perché il bonus fosse troppo restrittivo: perché chi non legge ha continuato a non leggere.

Questo mi sembra un esempio di un’evidenza più generale e ricorrente: non basta un incentivo economico a cambiare il comportamento delle persone, e anche delle imprese. Se non si accompagna il bonus con una politica coerente, il bonus stesso sarà percepito non come un’occasione di adottare un comportamento “socialmente utile”, ma come un regalo una tantum per una fetta di popolazione. E dato che in Italia regali del genere la politica ne fa (e se ne fa) spesso, chi non rientra in quel target anziché cambiare il proprio comportamento chiederà semmai che quella platea venga allargata fino a includerlo.

E infatti quello che ci si dovrebbe chiedere è: quali azioni sinergiche sono state fatte, ad esempio nella scuola, ma anche nella comunicazione, per favorire l’uso del bonus da parte dei ragazzi non lettori? Quale comunicazione è stata fatta specificamente verso quel 50% di ragazzi che non legge nulla? Secondo un ragazzo intervistato, “A scuola poi il messaggio non è passato, nessuno dei miei insegnanti ci ha parlato di bonus, nessuna circolare li obbligava a farlo”. Appunto. E fuori della scuola?

Ho provato a chiedermi cosa avrei detto a uno di questi ragazzi io, che sono, e soprattutto sono stato da giovane, un lettore forte. Sono giunto alla conclusione che, almeno d’istinto, avrei provato a consigliare un elenco di bellissimi libri da leggere assolutamente. Cercando sul web, ho scoperto di non essere il solo:

  • Il Corriere della Sera, proprio in questi giorni, sforna un elenco di libri consigliati nientemeno che da… Ernest Hemingway nel 1934 (!). L’elenco include mattoni come Guerra e pace, I Buddenbrook, Anna Karenina, I fratelli KaramazovMadame Bovary (tutti libri che ho letto, intendiamoci, e alcuni li amo molto). Insomma una lista di classici “imperdibili” con qualche autore poco conosciuto, libri prevalentemente dell’Ottocento. Roba difficilmente digeribile.
  • A suo tempo, il Giornale aveva addirittura compilato un elenco per far spendere ai diciottenni esattamente 500 Euro (e …20 centesimi). Peccato che l’elenco si aprisse con le Vite dei più eccellenti pittori di Vasari (!) per proseguire implacabile con la Recherche, Moby Dick, Don Chisciotte, il Dizionario Filosofico di Voltaire (!!!), i Pensieri di Pascal con testo francese a fronte…
  • L’Espresso gioca in contropiede e propone un catalogo di libri sulla musica classica prima di consigliare un certo numero di spettacoli operistici e sinfonici. Alè.
  • Non si è tirato indietro neanche un sito non strettamente culturale come Tom’s Hardware, che propone una lista di libri di diverse discipline con la particolarità (derivante appunto dalla vocazione del sito) di dare spazio soprattutto alle discipline scientifiche, come Fisica, Matematica, Biologia, e anche alla fantascienza. I titoli sono validissimi, ma anche qui mi riesce difficile credere che un non lettore cominci la sua avventura nel mondo della letteratura da un’esposizione divulgativa della Relatività einsteiniana.

Insomma: pochissima narrativa contemporanea (tolto, in qualche caso, l’onnipresente Harry Potter che per me può validamente sostituire il “nostro” amatissimo Salgari), pochissime opere lievi, valanghe di classici e libri “difficili”, storia della musica e altri saggi. Forse a non capire a cosa dovesse servire il bonus sono io, ma confesso che se fossi un diciottenne che non legge libri mi guarderei bene da iniziare così. Insomma: resta il dubbio se il problema sia il bonus, il modo in cui (non) è stato accompagnato, o se sia proprio la nostra idea di cultura a essere irrimediabilmente ancorata nell’Ottocento dello scorso millennio.

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