Devo confessarlo: io non sono di natura una persona bellicosa. Anzi, al contrario, sono riflessivo, misurato, mite e persino piuttosto pigro, certamente meno battagliero dell’amico e socio hicrhodusiano Claudio Bezzi che ha imbracciato il suo Codice Giallo ed è sceso in campo contro la “non-politica” che minaccia di travolgerci.
Però, per pacifico che io sia, quando qualcuno mi dichiara guerra me ne accorgo. In questi giorni, ho ricevuto appunto un’aperta, e per questo in fondo onesta, dichiarazione di guerra da parte di Steve Bannon, il noto advisor politico, fautore del populismo globale e già vicinissimo a Donald Trump, che oggi proclama che l’Italia è il centro della politica mondiale, se non universale.
Inutile dire che non è certo questa la dichiarazione di Bannon che mi allarma; ben altro è il progetto che il gentiluomo della Virginia ha predisposto e che sta illustrando in questa sua campagna d’Europa, che dopo l’Italia lo vedrà nei paesi dell’Est che aderiscono al cosiddetto gruppo di Visegrad. Bannon, accolto con tutti gli onori da Giorgia Meloni ad Atreju, la kermesse (sic) organizzata a Roma da Fratelli d’Italia, negli ultimi tempi ha infatti reso piuttosto chiaro il suo obiettivo: smantellare l’Unione Europea, puntando innanzitutto alle prossime elezioni per il Parlamento Europeo. Un proposito velleitario? Non è detto.
In Europa, Bannon ha annunciato la costituzione di una fondazione internazionale chiamata The Movement con sede a Bruxelles. La missione di The Movement è costruire un network politico tra partiti della destra populista di diversi paesi europei, e contemporaneamente offrire una serie di “servizi gratuiti” a sostegno delle campagne di questi partiti: questi servizi saranno simili a quelli a suo tempo forniti da Cambridge Analytica alla campagna di Donald Trump: profilazione e analisi dell’elettorato basata su sondaggi e sulle tecniche big data, consulenza e training su come utilizzare la comunicazione e i social, analisi dei temi politici comuni ai diversi paesi; insomma, un insieme di think tank e agenzia di comunicazione, ma in realtà molto di più, visto che ambisce a essere il vero centro di coordinamento politico di un’alleanza trasversale tra partiti populisti di destra. Come ha dichiarato lo stesso Bannon a The Daily Beast, «Il nazionalismo populista di destra è il futuro. Saranno loro a governare». In Italia, Lega e Fratelli d’Italia hanno dichiarato l’intenzione di aderire a The Movement.
Se questa è la visione strategica di Bannon, quella tattica è tutta focalizzata sulle prossime elezioni per il Parlamento Europeo, che si terranno a maggio 2019. Sempre citando le parole di Bannon, «Tutti concordano sul fatto che l’appuntamento di maggio sarà di enorme importanza, il primo vero confronto su scala continentale tra il populismo e il “partito di Davos”. Sarà un momento di enorme importanza per l’Europa». Già: il partito di Davos, le élite, Soros e i suoi accoliti: in altre parole, il nemico di cui le tecniche di propaganda politica che Bannon e i suoi usano da sempre hanno bisogno per accreditare la destra qualunquista (che, per quanto sia un termine solo italiano e piuttosto fuori moda, mi sembra una definizione migliore di populista) come campione che protegge gli interessi dei cittadini comuni, in quel paradossale cortocircuito tra il massimo dell’autocrazia e il massimo della demagogia che da sempre caratterizza i regimi democraticamente eletti. Ma se questi sono i nemici di facciata di Bannon, contro cosa si batte davvero? Non è difficile dirlo: contro l’Unione Europea. Bannon conta di portare nel Parlamento Europeo un blocco di deputati populisti sufficiente di fatto a paralizzare l’Unione e a porre le basi per la sua dissoluzione. «Spingeremo per formare un gruppo unico populista al Parlamento Europeo», ha dichiarato al Messaggero. Già oltre un anno fa, quando Bannon era ancora il principale consigliere di Donald Trump, l’autorevole testata online Politico.com spiegava che uno dei principali obiettivi di Bannon era smantellare l’Unione Europea.
Fin qui, quello che Bannon (certo non da solo: lui ama la ribalta, ma è difficile pensare che si muova da isolato) punta a fare nel prossimo futuro contro l’UE. Ma, è lecito chiedersi, cosa ha già fatto in passato? Lui, Cambridge Analytica e le altre organizzazioni che ruotavano intorno ad essa, hanno avuto un ruolo nella recente evoluzione politica in Europa, e quale? E in Italia?
In realtà, sappiamo che Cambridge Analytica (di cui, ricordiamolo, Bannon era Vicepresidente) ha avuto un peso (quale, è forse difficile dirlo) nel risultato del referendum sulla Brexit in UK. Un articolo su The Guardian del 2017, ad esempio, attribuisce a Cambridge Analytica un’enorme influenza su quella che chiama “La grande rapina della Brexit”. E d’altronde la stessa Cambridge Analytica prima del referendum aveva chiaramente affermato in un documento riservato ai promotori del Leave di poter offrire loro «una campagna olistica» a favore del sì alla Brexit grazie a tecniche di Microtargeting politico in grado di profilare ogni singolo individuo, tecniche che Cambridge Analytica poteva realizzare grazie alla disponibilità di «vaste quantità di dati, inclusi la storia dei consumi, informazioni sullo stile di vita, informazioni anagrafiche e comportamenti elettorali», per classificare in linea di principio ogni singolo elettore. Queste sono esattamente le stesse tecniche che Bannon ha applicato a favore della campagna di Donald Trump, abusando, come si sa e come abbiamo già discusso qui su Hic Rhodus, dei dati personali degli utenti di Facebook. E non commettiamo l’errore di sottovalutare l’efficacia di queste tecniche: il loro uso in ambito commerciale sta diventando generalizzato, e l’applicazione alla politica non è in fondo diversa, grazie anche a fenomeni che abbiamo provato ad analizzare in un altro post.
E l’Italia? Per quanto riguarda analoghi interventi per determinare il risultato delle elezioni italiane, ad esempio le ultime politiche, non ci sono evidenze altrettanto esplicite. Certo, sappiamo che Bannon era in Italia subito prima delle elezioni di marzo, “sognando” che ne emergesse un governo tra Lega e M5S; sappiamo che ha manifestato entusiasmo per il loro risultato; sappiamo che, come dicevamo all’inizio, considera l’Italia un laboratorio politico decisivo. Infine, per riportare le sue stesse parole dette appunto ad Atreju, «La Brexit, l’elezione di Trump e quello per cui avete votato a marzo 2018… È tutto collegato».
Collegato come? Forse vale la pena di ricordare una cosa di cui non si parla molto: è da diversi anni che Cambridge Analytica si occupava del panorama politico italiano. Come riporta un articolo di SkyTG24, nel 2014 un post (ora non più online) sul sito di Cambridge Analytica mostrava a titolo di esempio una mappa di un campione della popolazione italiana colorato in base al “profilo politico” di ciascuna persona. Difficile pensare che quei dati non siano stati conservati e arricchiti nel tempo, e forse ancora più difficile pensare che non siano mai stati usati.

In conclusione: il signor Steve Bannon ha l’organizzazione, la tecnologia, l’esperienza e la determinazione per porsi, dal suo punto di vista realisticamente, l’obiettivo di smantellare l’UE, manipolando i risultati delle prossime Europee, svuotandone gli organismi sovranazionali e consegnando i singoli stati che la costituiscono a governi di destra nazionalista e populista. Questo è quello che intende fare, e non è il caso di sottovalutarlo perché l’ha già fatto. E perché lo dice tanto apertamente? Probabilmente per lo stesso motivo per cui Cambridge Analytica lo scriveva apertamente a proposito della Brexit o delle elezioni USA: perché dichiarare questa capacità significa mostrare di avere qualcosa di molto importante da vendere. Frantumare l’UE può favorire l’interesse degli altri grandi poli geopolitici mondiali: USA, Russia, Cina. Rispetto a questi poli, l’UE non è inferiore per sviluppo economico, per tecnologia, per cultura; ma è tremendamente più fragile, e per questo è aggredibile, con una strategia del divide et impera su più larga scala, ma molto simile a quella usata nelle campagne Brexit e Trump, e forse anche nelle ultime elezioni italiane.
Per questo, dico che Steve Bannon ha pronunciato una dichiarazione di guerra. Guerra all’UE e ai principi sovranazionali che essa rappresenta in nome dell’interesse dei centri di potere extraeuropei; guerra alle politiche socialdemocratiche e liberali in nome della destra antiistituzionale; guerra alla ricerca di punti di convergenza e alle politiche comuni in nome del sovranismo nazionalista; guerra all’analisi critica dei problemi in nome della propaganda populista che rifiuta le argomentazioni razionali.
Per questo dico che sarei davvero cieco se non capissi che Steve Bannon mi ha dichiarato personalmente guerra senza bisogno di conoscermi. I suoi algoritmi sanno chi sono e come la penso, e sanno che quelli come me e che la pensano come me non vanno convinti ma sconfitti con la forza dei numeri. Perché mai come oggi con dati e algoritmi si governa il mondo, naturalmente con il suo consenso.