Cronache del virus # 4

Il lavoro lo faccio on line. La mia comunità di fotografi, capitanata da due Maestri attivissimi che propongono lezioni, conferenze, piccole competizioni e semplici chiacchierate, si vede quasi tutti i giorni on line. Gli acquisti (generi alimentari a parte) li faccio on line. Il mio posturologo (ho problemi alla schiena) fa sedute on line, e devo dire che va proprio bene uguale (mi chiedo: finita la crisi, chi me la fa fare di tornare allo studio del posturologo? Mi sa che gli chiederò di continuare così…). Agli amici si scrive, si telefona o ci si vede su Skype (o altro strumento analogo). Giocare, che ve lo dico a fare, si gioca on line, i quotidiani li leggo da anni on line, al cinema non vado da anni perché mi disturbano gli altri spettatori, e tanto sei mesi dopo vedo tutto su Netflix… a questo punto il nostro futuro è chiarissimo. Finalmente liberi dagli atomi, e prigionieri dei bit!

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A sentire chi lo sta facendo, con lo smart working si lavora di più. Scatterebbe una sorta di senso di colpa, di necessità di mostrare al diretto superiore, imprenditore, general manager, che non si imbroglia, che ci si impegna veramente anche da casa. Se poi il lavoratore è parte di un gruppo, c’è anche l’elemento competitivo; c’è sempre qualcuno che si dà particolarmente da fare e gli altri non possono essere da meno, e devono lavorare ancora di più.

A ben guardare, ho l’impressione che se i responsabili dell’organizzazione del lavoro sono furbi, questa cosa potrebbe veramente prendere piede. Credo che la maggioranza dei lavoratori preferisca evitarsi il disagio (e le spese) di una o due ore al giorno in auto o in bus per andare e tornare dall’ufficio, imparando anche a gestirsi il lavoro dal tinello potendo, comunque, guardare il bimbo, rispondere al citofono e mantecare il risotto, mentre i datori di lavoro, se ben riorganizzati, potrebbero a loro volta risparmiare cifre considerevoli negli affitti di spazi enormi sottoutilizzati (per 30-40 ore settimanali) o, se di proprietà, li possono riconvertire per attività più produttive (senza menzionare i risparmi di energia, pulizie etc.). Insomma: sapevamo da almeno 20 anni che c’era questa possibilità ma solo ora, che la sperimentiamo obtorto collo, ci accorgiamo che può essere veramente smart.

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E comunque, prima di trastullarci con l’idea dello smart working, ricordiamo che siamo il paese del clamoroso flop dell’Inps, delle mascherine sbagliate distribuite agli ospedali e della crisi isterica permanente. Oltre che dei cazzoni in servizio permanente effettivo che se ne fregano delle precauzioni. Ma perché in Italia tutto è sempre così difficile?

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Von Der Leyen all’ Italia: “Vi chiedo scusa, siamo con voi”; la poliziotta [che fa la] buona, assieme a Draghi ormai ex poliziotto ora in pensione. Christine Lagarde, Mark Rutte, Weidmann e un discreto manipolo di altri sono i poliziotti cattivissimi. Angela Merkel non si sa, è del gruppo dei cattivi ma ogni tanto fa mostra di un filo di empatia. Bisogna aspettare la fine del film per capire chi è cosa in realtà. Europa matrigna.

P.S. Mentre chiudo l’articolo apprendo che anche i nord europei stanno facendo un po’ di autocritica… Vedremo.

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Ferrara promuove Conte, Speranza e Co. nella gestione della crisi: “So che il prezzo in corso di pagamento è altissimo. Ma non si può negare, proprio no, che Conte e i suoi cari hanno preso il passo giusto per quella che non era una passeggiata, che una classe dirigente, quasi senza saperlo e senza essercelo meritato, ce l’abbiamo avuta, e che nella sua modestia questa congrega politica improvvisata e per definizione mediocre ci ha portato a disciplinarci, a costruire un argine, a tenere duro, e chissenefrega se con mille smagliature, finché il famoso plateau è stato a quanto pare raggiunto, e appena in tempo per evitare guai giganteschi, ancora più mostruosi di quelli che ci ha procurato comunque il corona. Non avrei voluto nessun altro in charge, per l’occasione, certo non uno di quegli strongman che hanno furoreggiato altrove.”

E se non avesse, alla fine, tutti i torti?

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Chi sta veramente male per questa situazione? Ho fatto un micro sondaggino sul gruppo Facebook Codice Giallo; nessun valore scientifico, nessuna possibilità di generalizzare… è l’equivalente del fare qualche telefonata agli amici. Però… 

Su 37 rispondenti 16 rispondono “ombre e luci” (non stanno bene, ma insomma neppure troppo male); altri 14 rispondono “bene” (non soffrono particolarmente per le costrizioni causate dalla pandemia) e 2, addirittura, “molto bene”. Solo 5 rispondenti si collocano fra “male” e “molto male”.

Ribadendo che i dati sono relativi ad amici evidentemente fortunati – per la maggior parte – mi sollecitano comunque una riflessione:

Tralasciamo ovviamente il dramma di chi ha sofferto un lutto in questo periodo, o si è ammalato o ha avuto un congiunto  ammalato; tralasciamo tutti i sanitari che stanno in prima fila nella lotta contro la pandemia e anche, ahimè, tutti coloro che dall’oggi al domani si sono ritrovati senza lavoro e senza reddito. Tralasciamo cioè tutti coloro che hanno realmente avuto un impatto diretto, pesante, a volte irreversibile sulla loro vita da parte del coronavirus (per carità, sono cosciente che parliamo di milioni di nostri concittadini…). Per gli altri, pensionati, insegnanti, persone che possono telelavorare, salvo casi specifici di claustrofobia, le cose non vanno affatto malaccio; si sta in casa, sì, e a qualcuno può mancare la passeggiata quotidiana (spesso sopperita con ausilio di cane, di figlio o di necessità di fare spesa); qualche convivenza familiare può essere pesante, in appartamenti piccoli di città; il telelavoro può creare qualche fastidio… Ma non scherziamo!

Insomma, se c’è una verità poco sottolineata è che gli italiani oggi sono divisi in due gruppi assolutamente differenziati: chi dalla crisi ha ricevuto il peggio, e ancor di più; chi da questa crisi non è stato affatto toccato o, addirittura, sta ben bene.

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E comunque: fino ad oggi sto bene, non ho sintomi, la cattiveria non è stata scalfita, vi terrò aggiornati.

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Nella puntata n. 1: disinformazione e necrofilia; non tirate fuori l’analisi costi benefici per il virus; esempi piccoli e marginali di tentativi di ripresa sociale.

Nella puntata n. 2: la bellezza delle città deserte; sono scomparsi i sovranisti, grazie virus! Responsabilità istituzionali e responsabilità individuali. 

Nella puntata n. 3: incominciamo a vedere i cambiamenti nei nostri comportamenti, nei nostri giudizi… Intanto assistiamo al disastro fuori dall’Italia, dove ripetono – forse in peggio – i nostri vecchi errori. E l’Europa cosa fa?

(Foto di copertina dell’autore)