Il meraviglioso mondo virtuale

Antefatto: domenica 27 settembre, verso sera, a causa – mi hanno detto – di alberi caduti in zona e conseguenti lavori dell’Enel sulla linea, c’è stato un lungo sovraccarico energetico che ha causato danni diversi a molti residenti. A me è saltata la caldaia, un aggeggio di archiviazione e WiFi Apple, una macchina elettrica del caffè, due caricabatteria iPad, piccole parti di impianto elettrico, lampadine, per un danno complessivo che dovrebbe aggirarsi sui 1.000 Euro (alcune riparazioni sono tuttora in corso). Per caso, in quei giorni, si è anche rotta la lavastoviglie, che godeva di una estensione assicurativa stipulata non con l’azienda produttrice, ma con una parte terza. Questa ve la devo spiegare un attimo: al momento dell’acquisto in uno di quei giganteschi punti vendita di elettrodomestici e robe simili, il venditore (nel ruolo del venditore, che più vende e meglio è per lui) ci ha chiesto se desideravamo l’estensione di garanzia. E noi (nel ruolo dei compratori fessi) abbiamo detto di sì. Punto. Non abbiamo affatto capito che tale estensione fosse di una parte terza e probabilmente non ci sarebbe importato, non sapendo per esempio che anche il produttore offre tale estensione. Inoltre, per completare la ciliegina, dovevo ricevere un rimborso per un reso, per un accessorio da cucina acquistato da un altro mega magazzino (capirete fra un po’ cosa c’entri). Quindi – concludendo l’antefatto – ci siamo trovati per due settimane, da quel 27 settembre ad oggi che leggete, senza diversi elettrodomestici e accessori (eccetto la caldaia che è stata parzialmente messa in funzione dopo due giorni, e completamente dopo quattro).

Bene. Tutto sommato sono cose che capitano, per la caldaia non siamo ancora in inverno, per la lavastoviglie ciccia, i piatti si possono lavare a mano, per il campanello che non funziona, pazienza, i bravi portalettere mi riempiono la buca di avvisi di giacenza che mi toccherà andare in posta (abbiamo scritto “Il campanello non funziona”, ma loro mica si possono mettere a urlare in mezzo alla strada, giusto?), e così via. La cosa interessante è l’incredibilmente lunga e complicata e confusa trafila per rimediare. Perché da un lato, con l’Enel, abbiamo diritto a un rimborso per i danni; mentre per la lavastoviglie bisognava attivare la procedura per il tecnico. Giusto? Ora non c’è più la botteghina di Peppe, dove hai comperato un aggeggio, e lo chiami, e lui viene, e te lo ripara o sostituisce. No. Adesso hai i numeri verdi e le chat sui siti delle aziende. Oppure dei moduli da mandare a email non rivelate; cioè tu riempi tutti i moduli, inclusi gli eventuali codici prodotto, che sono campi obbligatori, ma tu non sai dove trovarli perché è passato del tempo e non ritrovi più i documenti di acquisto.

Naturalmente – so che ve l’aspettate e vi confermo, avete immaginato il giusto – non funziona nulla. Prendiamo la richiesta di rimborso per il reso: fra telefonate e chattate ne abbiamo fatte almeno dieci in due settimane. Qualcuno ci ha detto che non bisognava compilare alcun modulo e il rimborso era automatico, qualcuno che sì, bisognava compilare un modulo, che era tutto fatto, che avrebbero sollecitato… Miracolo! Proprio mentre scrivevo la riga che avete appena letto, mi hanno telefonato dall’azienda venditrice (ma che gentili!); al modulo andava allegato un documento di riconoscimento, cosa ignota, non indicata sul modulo e da nessuno prima detto. Evviva, gli mando subito la copia della mia carta di identità, vuoi vedere che questa l’abbiamo risolta?

Ma la partita grossa è quella dell’Enel, ovvio. Solo che io ho un contratto con Eni. Chi deve pagare? Io mi sono posto il problema e ho chiamato subito Eni che, al telefono, mi dice, anche un po’ scocciato, che loro sono i venditori ma il rimborso riguarda il gestore nazionale, Enel. Ok, solita trafila, scrivi, telefoni a Enel… al telefono un simpaticissimo romanaccio (immaginatevelo…) che mi dice qualcosa tipo “Ai voja, certo che c’hai diritto, c’è ’n modulo, tu lo compili e ‘r gioco è fatto! Prego, ma se figuri!”. Ma ho bisogno di certezze; per esempio l’aggeggio Apple che serve ad archiviare e a distribuire il WiFi, non è più in commercio, e un sostituto costa varie centinaia di Euro. Lo compro e loro pagano a occhi chiusi? Perché onestamente, se non pagassero, preferirei non affrontare la spesa. A chi scrivere? Ideona: una PEC. Cerco PEC Enel su Google e me ne escono tre, Per non sbagliare scrivo a tutti e tre una email cortese in cui riassumo genericamente il danno e chiedo lumi sul coso Apple. Dopo due giorni uno dei tre PEC Enel risponde che non compete loro rifondermi, e che mi devo rivolgere ad Eni. L’hanno scritto, eh? In una PEC… Mi sento un po’ sperduto e vado a chiedere ai vicini – che hanno avuto danni come i miei – come si sono comportati. Ce ne fosse uno che ha fatto come un altro; le soluzioni si sprecano per creatività. Una vicina però mi dà un numero, verde o di un qualche colore simile, diverso da quello del romanaccio. Chiamo. Mi rispondono subito: certo che pagano loro; no non devo compilare un modulo; sì hanno ricevuto la PEC (non quell’indirizzo di cui sopra, un’altro, perché uno dei tre era giusto) e hanno preso in carico la faccenda. Mi risponderanno entro 30 giorni per dirmi che mi rimborseranno in linea di massima, poi un loro perito verrà a verificare i danni e dirmi se me li rimborseranno effettivamente e cosa, incluso il coso Apple. 30 giorni (ma come massimo, eh? ha detto la gentile telefonista). Intanto avevo mandato anche una PEC a Eni, per dire loro che possiedo una PEC Enel che dichiara che deve essere Eni a rimborsare. Eni, al momento, non mi ha ancora risposto.

Intanto lavo ancora a mano i piatti e le pentole, e le teglie, perché alla fine sì, oggi (venerdì scorso) ci hanno autorizzato praticamente ad arrangiarci e anticipare noi le spese poi loro ci rimborseranno, dopo un’ultima telefonata di fuoco dove abbiamo dovuto alzare la voce e minacciare avvocati. E quindi ora stiamo cercando di contattare l’assistenza ma, diamine, c’è il week end e quindi starò lavando pentole anche mentre leggete questo post. Ho mandato la scansione del documento a quegli altri. Dicono che entro dieci giorni mi accreditano la somma. Io ci credo, ovviamente… Per l’Enel, come ho già scritto, dovrò aspettare di più.

Se ci pensate si è trattato di piccole cose; cose che faccia a faccia si risolvono in 5 minuti, oltre il disturbo di recarsi sul posto. Andare al negozio e chiedere spiegazioni per il rimborso; in quell’altro negozio ad avvertire che la lavastoviglie è guasta, che mandino qualcuno; al servizio dell’energia elettrica a spiegare che è successo un disastro e chiedere i termini precisi per il pagamento dei danni. Diciamo che avrei fatto tutto in mezza giornata? Dai, mettiamo che allo sportello Enel ci fosse fila: due mezze giornate.

Invece – rimborso a parte che è stata una storia più lunga – sono due settimane che tutto galleggia nell’incertezza, fra romanacci concilianti, anonimi risponditori di chat aziendali mendaci, PEC mandate a vanvera, risposte ambigue… E non c’è niente da fare; bisogna passare per i servizi di assistenza clienti che le aziende hanno predisposto. Il loro personale è adeguato, cortese e competente? Bene. È poco competente, facilone e trascurato? Peggio per voi. Non conoscete il numero verde o la PEC? C’è Google, che ve ne sforna un po’ a casaccio, a voi beccare quello giusto.

È il mondo virtuale, è il mondo moderno. Fra qualche anno anche il medico risponderà in chat, o tramite moduli. Il salumiere vi manderà l’affettato via PEC, e se sbaglierà sul peso dovrete capire quale diavolo di modulo sia quello giusto per avere il rimborso.