Non spreco una parola sui negazionisti. I seguaci di QAnon e di Sana Cunial. Quella gente con la bava alla bocca che ci lascia testimonianze indelebili di subumanità, di minorità psichica, di irrecuperabile marginalità culturale e di ignavia sociale (andate a recuperare i video fatti da Fanpage in mezzo a quella piccola folla radunatasi a Roma, sabato scorso…). Sono invece infastidito dalle persone intelligenti che, con sofismi degni di Cacasenno (immortale personaggio di Giulio Cesare Croce), discettano sulle misure liberticide, tutt’uno con gli alternativi che vedono nelle misure proposte dal governo i segni prodromici di una deriva autoritaria, assieme a chi dichiara la sua ilarità di fronte alle uscite (davvero, le ultime, non felicissime) di Speranza sul numero di ospiti legittimati ad affollare il tinello…
Se i negazionisti strillano in piazza un giorno, fortunatamente lontani dalle mie orecchie, gli intelligenti affollano la mia bacheca Facebook disturbando il mio estremo bisogno di logica. Logica, cari amici intelligenti, e non la vostra diverticolite che vi fa sparare giudizi non sufficientemente meditati, né la vostra ideologia, bellissima, simmetrica, pura, dove non c’è posto per le mascherine, né il vostro odio per il cinico liberismo che non ho ancora capito cosa diavolo c’entri con la necessità di distanziamento sociale, né la vostra passione per l’aperitivo, per le camminate, per la festa della castagna alla quale non mancate da trent’anni, tutte sane e legittime passioni ora limitate da questo governo di fascisti virali.
A tutti costoro propongo di leggere il buon testo di Maurizio Ferraris su la Repubblica del 13 ottobre dal titolo I filosofi antimascherina. Ferraris, con una pacatezza che io raramente riesco a trovare, dice diverse cose; la prima che vi voglio segnalare – fra i diversi spunti interessanti – è questa:
Ma il punto davvero interessante, tra coloro che vedono nell’obbligo della mascherina e nel divieto di assembramento misure volte a mettere il bavaglio al dibattito politico commettono due errori. Il primo è, per così dire, ontologico, ed è la confusione tra la mascherina e il bavaglio, quasi che con la mascherina non fosse possibile esprimere le proprie idee, pro o contro la mascherina.
Questo riguarda in realtà più i complottisti no-mask, perché le persone intelligenti che ho genericamente citato non trattano della mascherina ma della “libertà” di movimento. Scrive Ferraris:
Perché pensare che vietare gli assembramenti significhi vietare la politica è confondere il presente con un passato ormai lontano di comizi, sfilate, barricate. Queste si capiscono a Hong Kong, dove il Web è controllato dallo stato, e oltretutto la posta in gioco è più seria della libertà dalla mascherina. Oppure nelle manifestazioni di Black Lives Matter, infiammate da uno sdegno ben altrimenti motivato che l’alternativa mascherina sì/mascherina no, e in un Paese in cui il Presidente si toglie la mascherina appena può. Ma sono del tutto incomprensibili in Europa, dove la politica ormai da decenni si fa in televisione e, ora, sul Web.
Ferraris spiega più articolatamente, ma rinvio al suo testo e vado avanti.
I critici intelligenti più politicizzati si guardano bene dal dire che la mascherina non sia utile o che gli assembramenti non vadano evitati, ma irridono il tentennamento del governo, certe sue indecisioni, i dati forniti, regole abbastanza farlocche prese con eccesso di strepito rispetto a decisioni più serie che non si ha il coraggio di prendere (come ha scritto Ottonieri pochi giorni fa). E anch’io sono d’accordo che il secondo peggior governo della Repubblica non può prendere, neppure in questo caso, le migliori decisioni possibili, ma non mi piace – ribadisco – il compiacimento degli amici intelligenti che senza proporre niente di alternativo, pure criticano; che senza mostrare un numero che sia uno, pure criticano; che senza solide argomentazioni, pure criticano.
Se ci guardiamo intorno, anche senza cadere nella sciocchissima retorica del “quanto siamo stati bravi noi italiani!” (che sarebbe falsa e fuori luogo), non vediamo molto meglio nella solida Germania, nella patria albionica del liberalismo, nei Pesi delle grandi rivoluzioni liberali moderne, nella Spagna caliente, nella Russia che piace a Salvini o in qualunque altro posto, eccettuata la Cina della quale, mi pare, tutti dite che è un regime autoritario e massimalista da biasimare. Quale lezione trarre da questa semplicissima osservazione? La seguente: governi moderni o semi-medioevali, europei o di altri continenti, liberali o autoritari, tutti faticano a trovare una strada semplice, decente, logica per il contenimento del virus, guidati da uno splendido e corale sostegno di popolo.
Non c’è ricetta se non quella cinese. Tutte le altre ricette necessitano del consenso del popolo (in Cina se ne strafregano, si fa come dice il regime e zitti!); e allora i ristoratori si lamentano; i titolari di palestra si lamentano; i gestori di sale da ballo insorgono; i runner non ci stanno; i giovani voglio fare l’aperitivo; le scuole non pensateci nemmeno; le aziende e come facciamo col PIL? E il club delle giovani marmotte deve poter fare il suo raduno annuale… E i comunisti denunciano il neoliberismo, e i liberali denunciano la sottile (molto sottile davvero) illiberalità dei provvedimenti, e giù tutti costituzionalisti, tutti virologi, tutti statistici pronti ad esibire le proiezioni dell’andamento del virus. Come sempre. Ma che noia!
C’è una confusione di piani argomentativi e logici che sfugge a questi miei amici intelligenti: un piano è quello del virus e della pandemia da controllare (controllare significa meno malati sofferenti, meno intubati, meno morti, meno costi economici e sociali); un altro piano, diverso, è quello che pensiamo del Governo, di Conte, di Speranza e di chi vi pare. Ho già detto e scritto, in lungo e in largo, che questo è il secondo peggior governo della nostra Repubblica (primo in classifica il precedente governo Conte 1); è peggiore in generale, e certamente sul piano delle misure di contenimento del virus non è brillante, non è sagace, non è un’aquila (ma anche, ricordiamoci, poteva fare molto ma molto peggio, e l’Italia non è fra le nazioni più disastrate); noi di Hic Rhodus aspettiamo ancora un segno vitale di intelligenza politica, in questo gabinetto, sui tantissimi temi che sarebbe urgentissimo affrontare, perché non si muore di solo Virus (e in questo blog abbiamo scritto dozzine di articoli critici). Ma su un altro piano argomentativo, quando guardiamo al Covid 19, poche storie: mascherina, distanziamento sociale, igiene, chiusura dei luoghi dove la promiscuità rischia di far circolare il virus. Punto. Se poi a gestire questa partita c’è questo governo non è colpa nostra. Non risparmiamo le critiche ma neppure ne facciamo di sterili e assolutamente dannose in materia di salute.
So che non convincerò i miei amici intelligenti, che senza esserne consapevoli sono intrisi di quello che Paolo Giordano, sul Corriere della Sera di ieri, chiama “negazionismo strisciante”:
Quello che chiamiamo «negazionismo» non è una condizione univoca, semmai un continuum di atteggiamenti e mezze idee, uno spettro di tonalità nel quale ci collochiamo tutti. Dopo mesi di vita a singhiozzo, abbiamo maturato ognuno la propria resistenza personale all’ipotesi del contagio.
Dopo avere fatto – come anche noi facciamo – le giuste critiche all’atteggiamento ondivago e contraddittorio del governo, scrive Giordano:
I danni che questa [situazione] può comportare sono perfino più ampi della scarsa efficacia: si rischia di rafforzare ulteriormente gli atteggiamenti di resistenza psicologica già presenti in tutti noi, di spingerci ancora di più verso le innumerevoli forme di negazionismo debole, rendendoci un po’ più scettici, un po’ più esasperati, un po’ meno collaborativi. La fiducia nel contesto viene incrinata dalle continue contraddizioni in cui ci ritroviamo, alcune facilmente risolvibili («Perché non posso rischiare giocando a calcetto e devo rischiare mandando mio figlio a scuola? Perché la scuola è prioritaria, punto»), altre molto più difficili da accettare («Perché dovrei rispettare un limite di inviti a casa, se per tornare in quella stessa casa mi tocca viaggiare ogni giorno su un mezzo di trasporto affollato?»). Ecco, arrivati a ottobre ci aspettavamo che il contagio fosse maneggiato un po’ meglio, ma le nuove misure, pur inevitabili a questo stadio, non rispecchiano veramente quel meglio. Perfino noi, epidemiologi dell’ultima ora su Facebook e Twitter, ce ne rendiamo conto.
La conclusione quindi è sempre quella (che piace poco ai miei amici intelligenti, ma tant’è): occorre uno sforzo di responsabilità individuale e collettiva. Il governo è quel che è e fa quel che può: noi, cittadini intelligenti e liberi, usiamo la testa, adottiamo misure precauzionali, isoliamo le persone pericolose e attendiamo l’unica cosa che potrà aiutarci: il vaccino.