Perché non sopporto le critiche ideologiche a Draghi (ovvero: non sopporto nessuna presa di posizione ideologica)

Cabras, grillino dissidente che alla Camera ha votato “No” a Draghi, per questo sarà espulso (ma tanto lo sa che il governo non cade e la legislatura non finisce e lui non torna a fare il docente all’ITIS di Oristano); la sua straordinaria motivazione viene sintetizzata, dal titolista dell’HuffPost in questo modo: “M5s ha sempre combattuto quel che Draghi rappresenta”. Mi scatta automatico il pensiero su ciò che Draghi rappresenta, che in ordine sparso e in un elenco incompleto riassumerei così: conoscenza e competenza; esperienza ai massimi livelli internazionali; alto senso delle istituzioni; europeismo fermo; amore per l’Italia (non dimentichiamoci cosa ha fatto, dalla BCE, per noi); autorevolezza; rispetto ricevuto da tutti gli interlocutori internazionali; morigerazione nelle parole. E concludo: sì, è vero; Draghi rappresenta esattamente il contrario di ciò che sono i grillini, e fa bene Cabras a non votare Draghi e ha sempre fatto malissimo il PD zingarettiano a mescolarsi con tale masnada.

Ma non voglio parlare di Cabras, che è nessuno, ma delle critiche che si leggono in giro fra i pochi che non si sono imbarcati nell’arca di Noè del suo governo. Quando sento e leggo Meloni, per esempio, leggo le opinioni di una post fascista, sovranista, antieuropeista, e non posso che capire ciò che dice, capire le sue motivazioni pur non condividendole, trovare ovvio che stia lontana dal governo. Invece non capisco certe posizioni di sinistra, quelle che leggo sul manifesto, o sul Fatto quotidiano (che non è per nulla di sinistra ma adesso non cavilliamo) etc. Voglio essere chiaro: dal mio punto di vista è abbastanza logico che da sinistra non si apprezzi Draghi e il suo governo, e mi andrebbe benissimo leggere sensate argomentazioni di sinistra, mi istruirebbero, mi darebbero da pensare, e invece niente, non ce n’è.

C’è una quantità di fuffa, di vuoto, di pre-concetti e pre-giudizi, asserti basati su a-priori apodittici. Si piazzano delle etichette (“liberista”) scambiandole per analisi politiche, si profetizzano sciagure (“sarà un massacro”) forti del senso di verità che emana da certi presidi del pensiero novecentesco, si insinuano sospetti sulle sue appartenenze… E tutti questi soloni che temperano le armi della critica non hanno mai affilato la critica delle armi con lo stesso vigore quando c’era Salvini, quando, fino a pochissimi giorni fa (giorni!) il Paese brancolava nel buio con un ridicolo Recovery Plan, i colori della pandemia che impazzavano e non una politica una in tema di scuola, ricerca, lavoro, economia. Permettetemi di riscriverlo a caratteri grandi:

non una politica una in tema di scuola, ricerca, lavoro, economia

(e ambiente, e agenda digitale, e politiche dell’immigrazione, e giustizia, e tutto, tutto il resto).

Adesso i critici – ai quali sono andati bene il Conte 1 e il Conte 2 – cavillano sul programma di Draghi. Ah, sì, so bene che a qualcuno i precedenti governi non andavano benissimo, ma le critiche all’epoca fatte erano di superficie, di piccolissimo cabotaggio. E non provenivano certo dal PD (che ormai è un orrido blob impolitico) né da quel M5S, complice e correo dei precedenti governi, che evidentemente andavano bene a Cabras e ai suoi sodali, governi populisti, inetti, incapaci, che ci hanno dato un Ministro dell’Interno come Salvini, uno della giustizia come Bonafede e una della scuola come Azzolina (quella dei trasporti non la nomino perché nessuno la conosce, nessuno l’ha mai vista e circola voce che non sia mai esistita). Non leggo i quotidiani sempre con la dovuta perizia e attenzione, ovviamente, ma non ricordo, nei critici di oggi, alcuna accurata critica di ieri, salvo saltuarie, proprio quando il troppo stroppiava. Intendo dire: era facile e ovvio criticare il Salvini che se la prendeva con le navi degli immigrati, e ci mancherebbe! Ma in quell’anno assolutamente perso non c’è stata una singola politica strutturale, né una critica seria a tale mancanza. Durante il Conte 2 la pandemia ha obnubilato le capacità intellettive della gran parte dei critici, se oltre a stigmatizzare (sommessamente) certi errori alla gestione della risposta sanitaria al Covid sono parimenti mancate le osservazioni sulla totale mancanza di politiche strutturali (che si potevano fare, eh?, mentre Speranza colorava le Regioni).

L’ideologia di sinistra, e l’anti-ideologismo populista, sono due catastrofi del pensiero che ci hanno condotto all’immobilismo disperato di Conte, tanto che quell’uomo, sconosciuto a tutti tranne che alla madre, è stato perfino giudicato un buon Primo Ministro, anzi insostituibile, almeno fino a cinque minuti prima di lodare Draghi, non si sa quanto sinceramente, al momento della fiducia.

Che dopo 3 anni di governi populisti (e quindi intrinsecamente di destra), per tacere dei precedenti, ci sia chi non pensi che Draghi non può che essere 100 volte migliore, è assolutamente accettabile, a patto che ci siano argomenti, e non veli mentali. E poiché ogni uomo, tanto più se politico, si giudica certamente per quello che dice ma soprattutto per quello che fa, direi che ogni e qualunque critica deve:

  • entrare nel merito: sul programma oggi e sulle azioni concrete domani;
  • essere argomentate tecnicamente, prima ancora che politicamente; perché la politica diventa ideologia (fiato sprecato; le persone ideologizzate negano di esserlo), mentre gli argomenti tecnici si basano su fatti, dati, valori economici, numeri di persone ammalate, tasso di disoccupati, PIL, eccetera.

Io sono al momento abbastanza fiducioso in Draghi; come ha scritto Ottonieri lo sono molto meno sulla capacità di queste forze politiche di anteporre il bene del Paese a quello dei loro destini personali.

Questo blog ha dimostrato nei fatti, in sette anni, di sapere indicare i pregi e i difetti di pressoché tutti i precedenti leader e Presidenti del Consiglio, perché non abbiamo appartenenza e aborriamo ogni forma di pensiero preconcetto e schematico.

Staremo a vedere.