Avrete sentito della litigata in diretta, l’altro ieri, durante l’avvio dell’incontro bilaterale USA-Cina ad Anchorage, Alaska. Poi, come prevedibile, dopo la plateale sceneggiata fatta a favore delle rispettive opinioni pubbliche (in Cina è stato un trionfo di commenti a favore della coraggiosa delegazione cinese), a porte chiuse sembra si siano poi fatti dei passi avanti costruttivi, ma quello che è interessante rimarcare è l’atteggiamento dei due contendenti, che la dice lunga sulla pericolosa semplificazione che fanno – storicamente – gli americani verso tutto il resto del mondo, e invece la schiena ben diritta che i cinesi intendono mostrare su quello stesso palcoscenico mondiale.
Dopo secoli di mistero e cineserie, la Cina è arrivata in Occidente per i clamori (comunque lontani, vaghi, terzi rispetto alla nostra quotidianità) di Mao e della rivoluzione culturale (e già se siete giovani avete soltanto lontane eco) e poi, più recentemente, coll’ingresso nel WTO e l’ubriacatura occidentale della produzione a bassi costi, che ha arricchito in maniera effimera e temporanea l’Occidente, e ha invece posto le basi, in Cina, per l’uscita dalla miseria, la ricostruzione del Paese e, oggi, per potere affrontare il mondo, americani in testa, in una posizione di assoluta parità. La Cina procede al galoppo verso il primato internazionale della ricchezza, della forza militare, del controllo delle risorse strategiche e dei mercati, godendo – una cosa che in Occidente si continua a non capire – di uno straordinario consenso interno; non certo da parte degli abitanti di Hong Kong, non certo dalle minoranze uigura o tibetana, ma senza ombra di dubbi della stragrande maggioranza Han.
Biden, dopo avere improvvidamente dato dell’assassino a Putin, ha pasticciato coi cinesi; certamente così recupera consensi, anche fra i repubblicani meno trumpiani, e probabilmente fa gli interessi americani, ma non credo stia facendo gli interessi europei, per esempio (una posizione spesso ribadita, qui su HR, indipendentemente dall’amministrazione americana in carica) e, alla lunga, non credo che faccia neppure quelli americani.
Per i lettori frettolosi vorrei chiarire: ho fatto il tifo per Biden, reputo Putin una specie di bandito internazionale e sono certo del carattere autoritario del governo cinese. Ciò nonostante diffido degli americani, moltissimo inclini a due fattori che mi trovano decisamente critico: 1) inseguono i propri interessi infischiandosene alla grande degli alleati (quindi: fanno i propri interessi; non fanno “i buoni”; fanno i propri interessi); 2) Trump a parte sono dominati da culture e ideologie moralistiche che a volte travisano le loro visioni del mondo e li portano a fare scelte discutibili (e Biden è molto religioso, e sa quindi per definizione cosa sia Bene e Male, giusto e ingiusto…).
Torniamo alla Cina. Constato facilmente che nella diffusa ignoranza popolare (che è tale in Italia, come negli USA, come in Cina) la Cina viene ancora considerata la terra delle cineserie, degli oggetti a poco prezzo e farlocchi, dei cattivi comunisti che calpestano la libertà ai poveri cittadini di Hong Kong. La Cina è stata questo e lo è ancora in parte, ma considerarla così poco potrebbe essere un errore fatale all’Occidente, a iniziare dall’America di Biden.
Non c’è zotico cinese, arricchitosi venti anni fa con la produzione a basso costo, che non abbia mandato il figlio nelle migliori università occidentali, specialmente nordamericane; e ora sono queste seconde generazioni l’ossatura dell’impresa cinese. Non c’è politico della nuova generazione che non sia preparato, laureato, formato, e attento a un’etica che li tiene lontani – per quanto umanamente possibile – dalla corruzione e dall’approssimazione, controllati in questo da un’opinione pubblica molto attenta ai comportamenti della sua classe politica (perché è vero, al potere ci sono comunisti massimalisti e autoritari, ma anche loro sono oggetto di critiche, a volte feroci, come sanno alcuni fra i massimi leader di quel paese che si guardano bene dall’inciampare per esempio sull’usanza, comune fino a un paio di decenni fa, di ricevere “doni” da privati).
I cinesi – nell’inconsapevolezza occidentale – hanno costruito pietra su pietra, con pazienza e lungimiranza, un potere internazionale che diventa difficilmente contrastabile; hanno mezzi, soldi, risorse, forze armate modernissime capaci di annullare in pochi minuti la potenza navale americana; hanno messo le mani sul Mar della Cina infischiandosene delle proteste dei vicini e delle sentenze avverse della corte dell’Aja; hanno una quota consistentissima del debito pubblico americano e lo sanno usare come leva speculativa. D’altra parte, non hanno poi molto da farsi rimproverare dagli americani, che solo per arroganza e ignoranza storica dimenticano – o fingono – le innumerevoli colpe che hanno, le medesime, e anche qualcuna in aggiunta, che oggi pretendono di imputare ai cinesi: in USA la pandemia è dilagata in maniera vergognosa con Trump, mentre in Cina è stata sostanzialmente bloccata sul nascere; se la Cina opprime alcune minoranze, che dire delle minoranze americane? I cinesi sono brutali con gli Uiguri? Verissimo, e da condannare; ma le brutalità americane a Guantanamo, quelle verso i latinos alle frontiere, bambini inclusi, quello che hanno fatto in Vietnam e altrove, insomma, non è da meno solo perché gli americani sono “i nostri” e ci hanno rappresentato le schifezze col faccione sorridente di John Wayne, mentre i cinesi sono brutti e cattivi perché sono lontani, estranei, e non si capisce quando parlano.
La conclusione che voglio proporre è la cautela contro l’etnocentrismo che ci pervade. Diciamo la verità: degli africani ci frega poco, degli islamici pensiamo che siano una massa di fanatici, i latinos sono veramente degli straccioni e i cinesi restano quelli delle paccottiglie a poco prezzo. D’altra parte, noi europei siamo quelli con la cultura millenaria e i nostri “fratelli” americani sono veramente dei simpaticoni. E Putin? Sta a metà; e comunque è un bandito.
Attenzione, che questa visione manichea del mondo ci porterà al disastro.
I cinesi, esattamente come gli americani e come gli europei (ma questi ultimi in ordine sparso, e quindi contano poco) e, si badi bene, come i russi, vogliono fare i propri interessi; qualche volta gli interessi del popolo (almeno a parole) e qualche volta gli interessi di una parte del popolo. Ma sempre del loro popolo. Prima di dichiararsi atlantisti a priori, sarebbe bene ragionare per chi lavori, veramente, l’atlantismo; prima di dare dell’assassino a Putin sarebbe bene considerare gli equilibri in Europa e quali siano gli interessi europei (scusate il cinismo; Putin assassino? Non meno di Washington, quanto meno in anni non distanti; non meno di Riad, dalla quale continuiamo allegramente a comperare petrolio); prima di disprezzare i cinesi, sarebbe bene fare un’esame di realtà (e quindi anche economico, strategico) della posizione della Cina; quella reale.
Mi piacerebbe poter dire, in sintesi finale: mai subalterni, ma semplicemente europei.
Sarebbe bello poterlo dire veramente.