Quando un/un’intellettuale straparla vado in crisi. O – mi dico – è sbagliata la mia idea di “intellettuale” oppure – e più probabile – la definizione va anche bene ma l’ho applicata con troppa disinvoltura a persone immeritevoli. Parliamo di Michela Murgia.
La scrittrice ha criticato il fatto che il generale Figliuolo eserciti il suo ruolo di Commissario per l’emergenza Covid in uniforme (nel programma Di Martedì: “A me spaventa un commissario che gira con la divisa”). Il solito pollaio italiano si è diviso fra chi si è schierato pro (per esempio Bottura) e contro (la destra becera) l’autrice sarda.
Io sono stufo marcio di queste persone.
In nessuna affermazione di Murgia, o di Bottura (i link li avete, andate a controllare) c’è un solo argomento. Il contesto di Murgia si prestava poco alle argomentazioni e molto alle battutacce, ma Bottura, per esempio, scrive un articolo sull’Espresso, come sto scrivendolo io per Hic Rhodus, e poteva motivare, spiegare… Invece sputa sentenze degne di Cetto La Qualunque, un piccolo grumo ideologico in cui non si spiega in cosa consista l’errore, se non addirittura il pericolo.
A favore dei nostri lettori io sono andato a documentarmi. Ecco qua:
Nel Regolamento per la disciplina delle uniformi, emanato dallo Stato Maggiore della Difesa, edizione 2019, si può leggere:
- Cap. IV, comma 1: Durante l’espletamento dei compiti di servizio e nei luoghi militari o comunque destinati al servizio è obbligatorio l’uso dell’uniforme, salvo diverse disposizioni.
- Cap. V, comma 1: L’uso dell’abito civile è consentito fuori dai luoghi militari, durante le licenze e i permessi.
- Cap. VI, comma 1: Il militare comandato in servizio isolato al di fuori dell’Ente di appartenenza ma in territorio nazionale svolge il servizio in uniforme.
Il Generale Figliuolo, Commissario straordinario per l’emergenza Covid è – in questo ruolo – un dirigente pubblico, che con nomina governativa (eccola QUI) svolge gratuitamente un servizio specifico. Lo può fare gratuitamente perché è pagato dall’esercito; è un militare, svolge compiti da militare, ed è “prestato” a una causa civile, e questa non è certo una novità perché moltissime volte i militari sono stati impiegati in opere di soccorso, di controllo, etc.
Poiché non ho la laurea in diritto militare (BTW: Figliuolo di lauree ne ha tre) ho chiesto per sicurezza all’amico e collaboratore di HR Maurizio Sulig, generale da poco in pensione, che mi ha confermato la mia interpretazione.
Quindi: il generale Figliuolo ha diritto di tenere la divisa; anzi il dovere. La cosa che trovo ormai intollerabile è questo sbrodolare egocentricamente, macinare bile, cianciare pregiudizi, spargere merda, criticare ideologicamente, strepitare dal calduccio della propria cuccia, senza uno straccio di argomento, ma semplicemente buttando in pasto al popolo la propria mediocrità intellettuale; mediocrità sostenuta da un Ego spaventoso e da una ideologia ferrea, quella che fa ritenere di essere comunque nel giusto (la genesi ideologica antimilitarista è più vecchia di Murgia, più vecchia di Bottura e più vecchia dei poveretti sui social che vanno dietro a costoro, non vale neppure la pena parlarne).
Ora: nella mia idea di “intellettuale” non è obbligatorio dire solo cose intelligenti, se no io sarei il primo a essere fritto. Ma ci sono due (solo 2, ma sono toste) clausole da rispettare:
1) qualunque cosa affermi, la devi argomentare; “argomentare” significa usare inferenze logiche e mostrare dati se ci sono. L’asserire apodittico e ideologico non è mai argomentazione, ed è – per me – il peccato mortale dell’intellettuale;
2) se chiacchieri al bar – anche da intellettuale – puoi sbagliare; non ricordarti una citazione, un riferimento, una legge, un periodo storico… Se scrivi su un giornale o blog, se vai in televisione, devi essere sicuro di quello che affermi, ovvero ti devi essere documentato.
Michela Murgia è una brava scrittrice. Credo. Di lei ho letto solo l’Accabadora e mi è piaciuto; ma io non sono un critico letterario e quindi non ho problemi a ritenerla una buona scrittrice. Ottima. Ciò però non fa di lei un’accreditata analista delle politiche pubbliche, né una giurista, una virologa eccetera. In tutti i campi al di fuori della letteratura lei non ha particolari competenze differenti da qualunque altra cittadina (tempo fa lo chiamavamo “Mannoismo”, in onore della cantante Fiorella Mannoia che si prodigava a fare la politologa…). Certo, uno pensa che una tale sensibilità poetica esondi dallo specifico letterario e infonda saggezza e intelligenza in ogni pernacchia profferita; non è così. Murgia faccia la letterata. Figliuolo farà il generale Commissario. Draghi il Presidente del Consiglio. Murgia, come Mannoia e come il sottoscritto, ha il sacrosanto diritto di avere suoi pareri, anche stupidi, ma essendo un personaggio pubblico e corteggiato dai talk show proprio per la sua insipienza (come Travaglio, Sgarbi, Gasparri, tutti quelli che garantiscono audience televisiva e click sui giornali on line) ha delle responsabilità di non poco conto.
Quindi: stanti i due limiti sopra espressi, Murgia non è un’intellettuale; è una scrittrice, probabilmente brava. Ma non è un’intellettuale nel senso qui più volte evocato che il lettore, se avrà voglia e pazienza, potrà ritrovare QUI e, in soprammercato, ciò che fa e dice è male (non per lei, ma per la società in cui vive) e la colloca in un preciso quadrante di Cipolla (quello delle Leggi fondamentali della stupidità) che, per comodità, vi ripropongo.