Un dibattito a margine della scena politica (a margine perché non tratta di green pass e vaccinazioni) riguarda l’energia nucleare. Il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani fa alcune timide dichiarazioni su ipotesi future di energia nucleare in Italia e immediatamente, pavlovianamente, arrivano critiche, da vescovi (che occupandosi della transizione delle anime dalle miserie terrene alle glorie celesti sanno ovviamente tutto di produzione dell’energia), dall’espertissimo Di Maio (che pur avendo dismesso i panni del fisico per prestarsi temporaneamente alla politica, resta pur sempre uno che sa quello che dice) ma anche da Starace (a.d. di Enel, che comunque non è l’Enel) e altri.
Io non voglio, qui, prendere una posizione, perché neppure io sono un fisico né un esperto di produzione energetica. Ma in quanto esperto di politiche pubbliche (e quindi anche di quelle energetiche) posso fare qualche considerazione su questo piano argomentativo.
La prima e fondamentale considerazione da fare è che tutto, sempre e comunque, il dibattito sull’energia nucleare è inquinato da paure e pregiudizi radicatissimi; non a torto, per carità, ma sempre di pregiudizi si tratta. Chi ha un’età, come il sottoscritto, è nato e cresciuto con l’incubo della guerra nucleare fra USA e URSS, alimentata da abbondante cinematografia apocalittica; quelli un po’ più giovani hanno vissuto Chernobyl e Fukushima; e i giovanissimi (ma non solo loro) giocano videogiochi post-nucleari e vedono numerosi film con pazzi che vogliono lanciare bombe qua e là, o sopravvissuti alla guerra nucleare che vagano per terre devastate. Insomma: c’è tutta una cultura popolare, sostenuta da letteratura, cinematografia, eccetera, che ha plasmato per generazioni questo immaginario collettivo di devastazione, inaffidabilità, morte e inquinamento. Da un punto di vista razionale, ovviamente, questo non è accettabile. Le centrali nucleari per la produzione di energia pulita, che ci facciano superare l’imponente consumo di energia fossile, non sono bombe atomiche in mano al dott. Stranamore, ma siti industriali al pari di altri. Gli incidenti di Chernobyl e Fukushima sono stati tragici e devastanti, ma sono errori dai quali si può apprendere (spero si sia appreso) e sono fenomeni assai rari.
Basti pensare che l’Europa è costellata di centrali nucleari da decenni, e nessuno sembra spaventato; peraltro, avere centrali nucleari ai nostri confini (vedi mappa) non è che ci salverebbe; se scoppia la centrale francese di Cruas ce la passeremmo piuttosto male anche noi italiani.
La seconda considerazione deve essere strategica, in relazione al fabbisogno energico italiano, che è altissimo. Malgrado la contrazione dei consumi dovuti alla pandemia, nel 2020 il 73,4% del nostro fabbisogno è stato soddisfatto solo grazie alle importazioni nette. Un costo enorme per lo Stato e per i cittadini. Non solo: le fonti rinnovabili rappresentano solo il 20% dell’energia consumata in Italia; per il resto abbiamo letteralmente bruciato – di 143,5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio – un 40% di gas naturale e un 33% di petrolio. Oltre ai costi economici ci sono costi di inquinamento altissimi, che dovrebbero stare a cuore agli ambientalisti (ma, credo, a ogni cittadino) prima di dire un “No” emotivo al nucleare (fonte).
La terza considerazione, infine, deve essere tecnica, e qui la parola deve essere lasciata a una pletora di esperti, perché produrre energia nucleare vuole dire costruire siti adatti, con tecnologie moderne e sicure, e le competenze in ballo sono molteplici e probabilmente rare. Incluse le competenze sullo smaltimento delle scorie nucleari (in Italia non sappiamo ancora dove mettere le pochissime che abbiamo prodotto). L’insieme delle questioni tecniche è ampia e delicata e investe la dimensione politica: pensate solo alla decisione in merito al sito che ospiterebbe una centrale nucleare, con manifestazioni di piazza in stile No-Tav per bloccare i lavori… Ma tutto ciò, questi problemi tecnici e quindi politici, arrivano dopo, dopo un ragionamento non emotivo sui vantaggi e gli svantaggi della produzione di energia nucleare.
Io non sono favorevole, ma neppure contrario, all’energia nucleare. Semplicemente non posso essere favorevole o contrario perché non ho le competenze tecniche, sofisticatissime, necessarie per valutarne la fattibilità, i vantaggi e i rischi. Intendo che io non possiedo gli strumenti del cardinale Bassetti o del ministro Di Maio, che mostrano di avere queste competenze (sono entrambi così vicini a Dio che, evidentemente, qualche informazione percola fino ai loro capi).
Finché il ragionamento su qualunque cosa (il nucleare come le vaccinazioni) è affrontato emotivamente, sulla base di fantasie collettive, il Paese non evolve. Sarebbe estremamente salutare una vera, tecnica, seria, rigorosa discussione sull’approvvigionamento energetico in Italia, per uscire dal costoso, insostenibile ed inquinante consumo di energie fossile. In questa discussione intelligente e razionale si potrebbe affrontare il tema del nucleare anche per scartarne la fattibilità. Forse è più realistico piantare milioni di pale eoliche? Siamo sicuri, dati alla mano? Allora piantiamo pale eoliche e facciamole funzionare (ho visto zone d’Italia con decine di pale eoliche ferme; deturpano il paesaggio e non producono un watt di energia). Dati alla mano sono meglio i pannelli solari? Allora lastrichiamo l’Appennino di pannelli solari! Il punto è:
se qualunque proposta fa inalberare qualcuno; se ogni idea trova un pregiudiziale “no” da parte di qualcunaltro; se si parla per umori e non con argomenti (perché un qualche umore ce l’hanno tutti, invece gli argomenti scarseggiano), credo che l’Italia starà a guardare, ferma, il mondo che va avanti. Ma tanto noi italiani siamo straordinari, no?
P.S. Sui giornali di ieri e presumibilmente di oggi e giorni a venire, sono già uscite molteplici critiche ambientaliste e verdi e antilobbiste e anticapitaliste eccetera, vale a dire critiche per definizione buone e sagge, di coloro che si battono contro il Male (o il Maligno, come il cardinale Bassetti). Io non ci sto. Non mi importa un fico secco delle loro pseudo-argomentazioni (tali sono, almeno le diverse che ho sopportato di leggere), perché mi sembrano solo chiacchiere di parte. Gli unici ragionamenti di valore sono basati su dati sui costi, sull’inquinamento, sulla sicurezza, sulla fattibilità, sulla riduzione di Co2 eccetera, in comparazione fra varie ipotesi (nucleare, solare, fossile, eolico.)… Sia chiaro: ciò vale anche per il ministro Cingolani.