Ho trovato moltissime analisi sulla situazione ucraina e su motivazioni di vario genere alla guerra (di fatto in corso) fra Russia e il paese confinante. Ma non ho trovato nulla di soddisfacente in maniera definitiva. Valga come riepilogo veloce:
- la Russia teme la pressione della NATO ai confini (una questione che viene ridicolizzata con vignette e battute sulla povera Ucraina che circonderebbe il gigante russo, mentre si tratta di una reale enorme pressione militare NATO su uno storico avversario);
- l’Ucraina è stata storicamente una sorta di appendice russa, una quasi-Russia (che ha espresso anche due presidenti come Chruščëv e Brežnev, vorrà dire qualcosa; una breve e ben scritta storia ucraina e i suoi rapporti politici e religiosi con la Russia, che affondano nella notte dei tempi, si può leggere QUI);
- le minoranze russofone del Donbass (come quelle di altre ex repubbliche sovietiche) soffrono di limitazioni di diritti (per esempio sull’uso della lingua);
- l’ex presidente Yanukovych, filorusso, fu cacciato a furor di popolo, una specie di golpe, per le sue scelte anti-europee.
Ciascuno di questi fatti è in realtà ribaltabile con altre interpretazioni; Yanukovych è responsabile di uccisioni di massa, le minoranze russofone vivono in zone industriali più agiate della media del Paese, la storia del passato non può proseguire all’infinito e occorre mettere un punto e accapo da qualche parte (per dire: gli antichi popoli umbri non possono rivendicare l’indipendenza loro negata dai cattivi imperatori romani) e infine, il punto più caldo, quello della sfera d’influenza NATO. È innegabile che sia così (anche se per varie ragioni il percorso di eventuale adesione all’alleanza atlantica non è in agenda per domani né per dopodomani) ma, semplicemente, l’Ucraina è un Paese sovrano e indipendente, e può e deve decidere il suo destino come le pare, non sotto minaccia di rappresaglia del vicino bullo. Non solo; che la NATO sia, potenzialmente, una minaccia per la Russia deriva anche in parte dalla politica imperialista, nazionalista e illiberale di quest’ultima che – lei sì – minaccia e sottomette i vicini, imbavaglia l’opinione pubblica, impoverisce il paese.

Più leggete testi sulla vicenda, con mente libera e cercando di privarvi dei pregiudizi, più potete vedere che per ogni ragione invocata da Putin ce ne sono due, di segno contrario, contro di lui; analogamente, per ogni ragione occidentale ce ne sono due a favore dei russi, almeno se leggete la storia anche dal loro punto di vista (se intendete leggere la vicenda solo dal punto di vista occidentale potete fare a meno di proseguire con questo post, come con qualunque altra corrispondenza, articolo o libro, perché avete già un giudizio definitivo e aprioristico). A conti fatti, le questioni storiche, strategiche, linguistico-identitarie etc., non servono nella conta delle ragioni e dei torti. L’unica cosa che dovete guardare è questo: Putin ha schierato 250.000 uomini, e mezzi, al confine con l’Ucraina, e da otto anni sta conducendo una guerra in territorio ucraino che ha già prodotto decine di migliaia di morti, popolazioni deportate (ora, mentre leggete), territorio devastato, infanzia distrutta. Quindi, al netto di ogni altra considerazione (usata da entrambe le parti in conflitto per dare patine giustificative a cattive azioni), Putin è un bandito internazionale che minaccia uno stato libero nel cuore dell’Europa, e col solo appoggio di una Cina interessata a vedere quanto sono imbelli gli occidentali, in vista della sua invasione di Taiwan.
Allora, tolte di mezzo le sovrastrutture ideologiche, le narrazioni di parte, le bugie e gli opportunismi (bugie russe, opportunismi europei e occidentali) bisognerà pure chiedersi per quale diavolo di motivo Putin si è ficcato in questo ginepraio che, comunque finisca, non può che essere un danno per lui e il suo paese; la Russia ha un PIL inferiore a quello dell’Italia, meno di un decimo di quello europeo; già l’annessione della Crimea è stata un bagno di sangue di rubli, e altrettanto sarà per il Donbass che, anche se annesso, non risolverà il problema dell’”accerchiamento” (avrà solo spostato il confine, gettando il resto dell’Ucraina – ma anche altri paesi finora indipendenti – nelle braccia della NATO, e pure di corsa). Consolidare il suo potere interno? È già solidissimo, con la popolazione informata solo con montagne di menzogne e, in generale, fiduciosissima in Putin. Quindi: perché?
Dopo avere letto decine di articoli sull’argomento, vi assicuro che non lo so e mi pare che nessuno lo capisca, salvo forse in qualche ufficio di studi strategici accuratamente tenuto segreto.
What drives Putin? There are numerous theories. Putin is said to want to rebuild a Russian sphere of influence in eastern Europe, principally embracing former Soviet republics such as now independent Estonia, Latvia, Lithuania, Belarus, Georgia and Ukraine. He has frequently bemoaned their “loss” after the Soviet Union collapsed. Putin may also hope to demonstrate to the west (and Russians) that the country is still a superpower, even though by most measures (nuclear weapon stockpiles and geography apart) it is a failing medium-sized power (The Guardian, 12 feb 2022);
The Kremlin’s intentions in the country have largely remained a mystery (CNN World, 19 feb 2022);
The disintegration of the Soviet Union left Russia with a vastly depleted population, territory and economy. It also diminished Russia’s superpower status. Now Mr. Putin is seeking to reclaim some of that glory and undo some of what Russia lost in the Cold War. He has described Russians and Ukrainians as “one people, a single whole.” (The Wall Street Journal, 21 feb 2022)
Resta la spiegazione imperialista e militarista, la lettura anti-occidentale della politica putiniana in termini strettamente militari:
Sevastopol is Russia’s only major warm-water port. But access out of the Black Sea into the Mediterranean is clamped by the Montreux Convention of 1936, which gave NATO member Turkey control of the Bosporus. In a time of conflict, even that access could end. Beyond Bosporus, the Aegean Sea, Mediterranean and the Gibraltar Straits impede Russia’s movement to the Atlantic Ocean or its route to the Indian Ocean via the Suez Canal. Its naval presence in Syria’s Tartus is strategic but limited. In the event of a war, the Russian navy cannot get out to the Baltic Sea either because NATO controls the Skagerrak Strait, which connects to the North Strait. If Russia gets past the Skagerrak, the GIUK Gap (Greenland, Iceland, UK) in the North Sea stymies its advance to the Atlantic. Clearly, Geography has not been kind to a great nation and civilisation. But will browbeating its way out of that handicap going to help Russia? Only history will tell (Firstpost, 20 feb 2022).
Ma fare tutto questo bordello perché, in caso di conflitto, serve uno sbocco al mare, significa immaginarlo, quel conflitto, averlo in agenda, pensarlo non solo possibile, ma imminente; ma allora perché tutta questa manfrina, negoziare e non negoziare, tenere le truppe e non usarle, fomentare i separatisti del Donbass ma senza forzare, per otto lunghi anni? Anni di spreco di soldi, di sanzioni occidentali; perché non invadere subito l’area e mettere l’Occidente di fronte al fatto compiuto, prima che la NATO dislocasse proprie ulteriori forze, prima che tutta l’opinione pubblica mondiale fosse allertata, prima di anni di sanzioni? Poiché non penso che Putin sia un timido titubante, che avrebbe voluto ma non ne ha avuto il coraggio, non credo che questa sia una spiegazione definitiva (e l’ha mostrato all’epoca dell’annessione della Crimea; perché fermarsi quella volta?). Certo, nel calcolo costi-benefici che Putin avrà fatto, nella sua testa, il vantaggio strategico-militare è rubricato alla voce benefici, come le sanzioni lo sono a quella costi, ma mi pare che funzioni come ulteriore giustificazione, come riflessione ex post, non come ragione dirimente.
A questo punto mi sento di proporre, al lettore, un’ipotesi esplicativa che potrei definire “psico-socio-qualcosa”. Una spiegazione che ha a che fare col fatto che parliamo di persone con le loro debolezze; parliamo di forze sociali sovrastanti, di eterogenesi dei fini, di caso e probabilmente anche di un mal di pancia.
Centra l’Uomo, ovvio: Putin ha una sua storia di cinismo e violenza, di sofferenza, se volete anche un appiglio psicoanalitico; ha saputo farsi largo in un momento specifico della storia del suo paese dove solo con audacia ed astuzia si poteva emergere; ha dovuto stringere amicizie pericolose, imbrogliare, mentire, sopraffare (basta leggere la Wikipedia se non volete fare troppi sforzi). Ma questo è solo un aspetto del problema.
Nella vita di tutti i giorni noi – che non siamo nessuno – ci troviamo in gineprai simili, ma in scala enormemente ridotta; facciamo sciocchezze, poi ci pentiamo ma è troppo tardi, e cerchiamo di salvare la faccia negando e mentendo; oppure, esasperati, facciamo minacce stupide, poi al dunque dobbiamo essere conseguenti o fare doppiamente la figura degli sciocchi; o ancora desideriamo molto, più di quanto sia alla nostra portata, perché riteniamo di meritarcelo, e quel desiderio ci fa compiere azioni che lì per lì sembrano accettabili, ma che hanno conseguenze inattese; oppure ancora, e infine, promettiamo a persone che ci stanno a cuore delle azioni, dei beni, delle soluzioni, che parevano alla portata ma che, anche non per nostra colpa, risultano poi irrealizzabili, mettendoci in forte imbarazzo.
Adesso ditemi se non vi siete mai trovati in situazioni più o meno simili a quelle che vi ho descritto; ovviamente in piccole cose, in situazioni domestiche, fra amici, in ufficio… I nostri desideri sono enormemente al di là della nostra reale possibilità, ma la voglia di successo, il desiderio di ammirazione, un’errata idea delle relazioni agite ci possono portare a compiere piccole azioni maldestre, o riprovevoli. Adesso pensate i medesimi meccanismi a livello di leader planetario, dotato di missili atomici, capo di un paese con 144 milioni di individui tutti con gli occhi puntati su di te, con decine e decine di problemi da risolvere sulla tua scrivania, in un contesto (da te stesso creato) in cui non si muove foglia se tu non approvi. Immaginate la pressione, immaginate i consigli interessati, immaginate l’ambiguità europea, l’interessata amicizia cinese, il disprezzo verso gli Americani, il panslavismo, e immaginate di avere fatto una mossa sullo scacchiere in base a tutte queste sollecitazioni, poi di avere risposto alla contromossa, poi di avere sottovalutato una conseguenza, o avere sopravvalutato la vostra furbizia e insomma, alla fine della fiera, vi trovate in un casino inenarrabile, e senza reali vie d’uscita (una guerra disastrosa, o una inaccettabile perdita di credibilità) e, semplicemente, siete soli a dover decidere. Passa un giorno, passa un altro giorno, la situazione si ingarbuglia, muoiono altre persone, le altre potenze reagiscono o non reagiscono in maniere che rendono la matassa ancora più ingarbugliata e, semplicemente, non avete più alcuna via d’uscita.
Tutte e ciascuna le grandi crisi internazionali, in tutto il corso della storia, sono state prodotte da uomini che hanno immaginato di cavarsela in un certo modo, che hanno sperato che succedessero determinate cose, che dovevano rispondere a questo e a quello, che erano consigliate bene o male da altre persone coi loro problemi, semmai arrabbiate e confuse da questioni personali, che hanno capito bene o hanno capito male la stratosferica correlazione fra le innumerevoli variabili di ogni partita geopolitica, che hanno valutato bene o male la situazione alla luce di informazioni raccolte e semplificate da centinaia di altri attori, pedine trascurabili che a volte diventano, senza consapevolezza, determinanti in decisioni prese a migliaia di chilometri di distanza.
Tutto procede solo apparentemente per calcolata volontà di individui che conosciamo per nome e cognome: Putin, Biden, Macron, Xi Jinping, Zelens’kyj, ma nella realtà mille e mille componenti personali e collettive agiscono potentemente di moto proprio. La personalità individuale, la spinta dell’opinione pubblica, l’impossibilità di un’informazione “oggettiva” e la necessità di una sua valutazione, quello che fanno i separatisti del Donbass su impulso di Mosca e quello che fanno di testa propria mettendo Putin di fronte a fatti compiuti, quello che fa Biden perché crede di fare bene e quello che deve fare e dire con un occhio alle elezioni di medio termine, quello che fa Macron per risolvere la faccenda e quello che gli consigliano di fare con un occhio ai sondaggi, quello che fa Zelens’kyj per amore di patria e quello che gli scappa di fare perché ha litigato con la moglie e ha la testa altrove.
Non esistono ragioni per la guerra in Ucraina. Se guerra palese, esplosiva e conclamata, ci sarà, sarà per le due o tre ragioni dichiarate da Putin, e per un altro centinaio di ragioni che nessuno avrà capito, nemmeno Putin.
E questa è la storia dell’umanità, che finché si combatteva in ambito locale con le spade era un conto, mentre oggi…