Il pacifismo ideologico spiegato facile

Ho già espresso chiaramente le mie idee sulla crisi ucraina e sulla guerra che infuria. Appartengo a una famiglia che ha sempre combattuto le guerre, che si è dichiarata “pacifista” quanto “ambientalista” quanto “inclusiva”, e ha espresso ciascuno dei buoni sentimenti che bisogna esprimere non già perché si deve, ma perché è logico e razionale essere a favore della pace, dell’ambiente sano, della parità di genere e così via. Cose scritte e riscritte dozzine di volte su questo blog, non voglio insistere altrimenti questa sembra una captatio benevolentiae che rischia di puzzare di falso.

Resto sul tema: viva la pace, ma abbasso il pacifismo ideologico, ipocrita, a senso unico, che non comprende una semplicissima questione: qui non si tratta di dibattere, in un talk show, se la guerra sia in astratto una cosa buona o cattiva, ma di dare una risposta a un popolo sovrano e pacifico che è stato invaso da una nazione bulla, comandata da un despota criminale, che sta seminando morte e disperazione e crea ansia internazionale per il futuro del pianeta. La domanda – che ho già posto su queste pagine – resta la stessa: benissimo la pace, ma intanto ora, proprio adesso, mentre stanno morendo persone, a parte le chiacchiere consolatorie cosa pensiamo di fare?

C’è stata sabato a Roma la manifestazione pacifista promossa dalla CGIL; io non ci sono stato, ma una cronaca (indubbiamente di parte) scrive:

A Mosca chi protesta va in galera, noi sfoderiamo le bandiere del Pci e sfidiamo l’Ambasciata russa a retwittarci, come “Il Fatto”. Molti cartelli “contro la Nato”, contro “la guerra”, contro “le armi”. Niente sulla Russia (banale). Non siamo didascalici. Se c’è l’America va bene, ma qui va in crash il sistema, si inceppa il format, l’algoritmo italiano si blocca. Meglio prendersela con la guerra e basta. Siamo “neutrali ma attivi”, la variante geopolitica del “dimagrire dormendo”. La situazione è drammatica, tragica, intensamente sofferta da tutti. A gruppetti sul pratone, avvolti nel drappo della pace, i manifestanti parlano fitto di scatti stipendiali e congedi: “Ma tu l’hai maturati i requisiti?” “ma io sto in aspettativa”. Parte un’arringa sulla pace, poi un affondo sulla brutalità di tutte le guerre della storia, dagli Assiri a Putin. Poi un appello: “disarmo climatico subito!”. Pensavamo il problema fossero le bombe, ma è la guerra che distrae dal global warming. Poi a cascata un fiume torrenziale di rivendicazioni a braccio: la Siria, la Palestina, l’Iraq, la disoccupazione, quota 100, il femminicidio, tutte le discriminazioni di genere (“le vere vittime della guerra sono le donne”). 

Va bene; il cronista è schierato, scrive su una testata liberale (Il Foglio), non ci si poteva aspettare una cronaca fedele, non ha riportato il vero e genuino pensiero dei partecipanti. Posso capirlo, ma adesso vi propongo una testimonianza di prima mano.

Ilan Pappè scrive, sul manifesto del 5 marzo, un articolo dal titolo: Le quattro lezioni dell’Ucraina: i doppi standard occidentali. È con tutta evidenza un articolo “militante”, ma va bene così, perché lo scopo è capire i processi mentali di una fetta di pacifisti coi paraocchi. Pappè paragona l’Ucraina alla situazione palestinese, premessa retorica che gli serve per sostenere il doppio standard del giudizio occidentale sulle guerre (quindi uno standard ipocrita, ça va sans dire). Pappè (che non è un tizio qualunque, è un intellettuale israeliano, storico comunista, antisionista, etc.) propone quattro punti che denuncerebbero questa ipocrisia occidentale: 1) i profughi ucraini sono benvenuti, mentre tutti gli altri sono da anni respinti, come tristemente sappiamo: 

Questo atteggiamento razzista, con forti connotazioni islamofobe, non è un fenomeno momentaneo, visto il rifiuto da parte dell’establishment europeo di accettare il tessuto multiculturale e multietnico presente nelle loro società.

2) si protesta contro l’invasione dell’Ucraina, dimenticandosi quella dell’Iraq:

L’occupazione di un Paese al fine di raggiungere le proprie finalità politiche, non è un concetto inventato da Vladimir Putin in questo secolo: è stato introdotto e giustificato come strumento politico dall’Occidente.

(Questa è una falsità palmare, ma sorvoliamo). 3) L’Ucraina è veramente un paese nazista, e molte manifestazioni di intolleranza e violenza dell’estrema destra ucraina erano da tempo state segnalate sulla stampa occidentale. Qui Pappè scrive una frase tremenda, tanto più tremenda perché ovviamente né lui né alla redazione del manifesto l’hanno soppesata criticamente, considerandola ovvia e corretta:

Le analisi tralasciano anche alcune considerazioni valide di Putin sull’Ucraina, che di certo non giustificano l’invasione ma che devono essere tenute in conto anche durante l’invasione.

Questa frase si legge così: elemento palese: “È vero che gli ucraini sono neonazisti, come dice Putin”; elemento implicito: “Quindi c’è una giustificazione oggettiva all’invasione”; elemento dichiarato falsamente per non fare la parte dei guerrafondai: “Questo non giustifica l’invasione”; elemento che spiega come il precedente sia scritto senza convinzione: “il primo elemento (sono nazisti) deve essere tenuto in considerazione (= è  una ragione obiettiva, Putin ha delle ragioni)”. Infine l’elemento numero 4: abbattere un grattacielo (le famose immagini girate nei primi giorni della guerra) “è un crimine solo se accade in Europa”; e qui parte una filippica sull’ostilità che Zelensky avrebbe mostrato verso la questione palestinese:

I bombardamenti vanno condannati, chiaramente, ma i leader che oggi si dicono sdegnati sono rimasti in silenzio mentre Israele radeva al suolo la città di Jenin nel 2000, il quartiere di Al-Dahaya a Beirut nel 2006 e Gaza City in una operazione dopo l’altra, nel corso degli ultimi quindici anni.

La massa di fallacie logiche, di distorsioni della verità, di ipersemplificazioni ipocrite del testo di Pappé richiederebbero molte righe di questo post, troppe per la pazienza del lettore. Il capolavoro di ogni ideologo è utilizzare una base di verità per erigervi un castello di falsità; certo, è vero che i profughi ucraini sono benvenuti mentre molti paesi europei mettono ostacoli (o alzano muri) verso gli altri; è già meno vero che ci siamo fatti andare bene l’Iraq; è falso che l’Ucraina sia, di per sé, un paese filonazista, anche se ha una destra estrema forte, come metà Europa, come Israele, come la Russia putiniana e l’America, e capite che il discorso sarebbe lungo e complicato; è infine falso che l’Occidente protesti per il massacro ucraino e non per altre guerre e altri crimini, e sarebbe abbastanza facile documentarlo.

Ma, ovviamente, il terreno dei “quattro punti” di Pappè è semplicemente una trappola dialettica: se dovessi contestare nel merito ognuno di essi dovrei impegnare una mole di tempo considerevole e sostanzialmente inutile perché ogni mia replica potrebbe essere controreplicata, con una regressione all’infinito che potrebbe intrattenerci per i prossimi dieci anni, tornano fino alle guerre puniche, vero inizio di tutte le malefatte occidentali. La retorica di Pappè, e dei pacifisti ideologici (ci sono – rarissimi – anche pacifisti idealisti non ideologici, non in questo senso; penso all’insegnamento di Capitini per esempio), si nutre di format standardizzati: l’Occidente è cattivo e imperialista è la madre di tutti i format, da cui discendono la nostra insensibilità verso le disgrazie delle “vere” vittime (in questo caso i palestinesi), la rapacità a guida yankee verso il Medio Oriente, il razzismo, il sionismo, ovviamente il filo-nazismo etc.

Frastornati da questo muro di critiche, nel tentativo di rispondere, o di giustificarci, o di distinguere e discernere, dimentichiamo l’oggetto vero di qualunque discorso, che è questo:

L’Ucraina è un paese sovrano, pacifico, aggredito militarmente da un despota.

Poi, volendo, ci mettiamo attorno a un tavolo e parliamo del sottile razzismo che permea l’Occidente e vediamo come porvi rimedio; istituiamo una commissione parlamentare per capire cosa abbiamo sbagliato in Iraq, e se la nostra partecipazione alla NATO possa continuare nei medesimi termini; impegniamoci anche, collettivamente, a ridurre gli spazi europei all’estrema destra, che in tutta Europa (anche in Italia), ma indubbiamente troppo in diversi paesi dell’Est, rischia di ledere diritti civili, limitare le libertà e minare la costruzione dell’Europa Unita. Tutto quello che volete, che certamente è giusto, necessario, doveroso. Ma frapporre, alla verità dell’invasione ucraina, molteplici schermi relativi ad altre questioni, significa tentare consapevolmente di minimizzare la gravità dell’aggressione, indicare che – per carità! – è una brutta cosa, certo, però ci sono delle giustificazioni: sono razzisti, sono filo-nazisti, sono sionisti quei bastardi di ucraini, e quindi, dai, Putin ha un po’ esagerato ma ha pure delle buone ragioni.

Non è così.

Togliamo tutti quegli schermi: quelli veri (la base – come ho già scritto – è indubbiamente reale) come quelli falsi (le sovrastrutture erette su quelle base sono fallaci, retoriche e spesso distorte), e semplifichiamo. Non ci deve piacere l’Ucraina in quanto tale, non ci deve stare simpatico Zelensky in quanto politico, il punto non è difendere le loro (eventuali) idee razziste o sioniste: noi dobbiamo difendere il valore della libertà. Di uno stato sovrano. E dobbiamo combattere Putin perché è un despota sanguinario, un imperialista. E se adesso mi dite “Ah, sì, però anche gli americani…” allora, ve lo dico semplice: avete sprecato tempo a leggere questo post, andate a consultare il Fatto quotidiano e il manifesto che sono più adatti alla vostra mentalità a senso unico.