Sì alla maternità surrogata, sempre e comunque. Ecco il perché

Il “problema” della maternità surrogata

Uno degli inutili dibattiti di questo periodo (dirò a breve perché è inutile, e fastidioso) riguarda la maternità surrogata. Maternità surrogata (o, con termine infelice – l’utero in affitto), è la possibilità di far gestire un feto, e portare a termine la gestazione, da parte di un altra donna, che poi cederà il figlio alla coppia che le ha chiesto la prestazione. Questa donna che “affitta l’utero” potrebbe essere pagata (è illegale in Italia) oppure no. La coppia che chiede la prestazione potrebbe essere eterosessuale e avere problemi di sterilità (in questo caso è legale in Italia, in determinate condizioni) o una coppia omosessuale o, addirittura, una persona singola (casi proibiti in Italia).

La legge 40 del 19 feb 2004, art. 5, dichiara:

Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, possono accedere  alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di  maggiorenni  di  sesso  diverso,  coniugate o conviventi, in eta’ potenzialmente fertile, entrambi viventi.

Il citato art. 4, comma 1, recita:

Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata  l’impossibilita’  di  rimuovere altrimenti le cause impeditive  della  procreazione  ed  è  comunque circoscritto ai casi  di  sterilità  o  di  infertilità  inspiegate documentate da atto  medico  nonché  ai  casi  di  sterilità  o  di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico.

Quindi: una coppia eterosessuale che ha problemi medici (diagnosticati) di infertilità, può ricorrere a questa pratica. La legge è chiarissima sul divieto per gli omosessuali (art. 12, comma 2):

Chiunque  a  qualsiasi  titolo,  in  violazione  dell’articolo  5, applica tecniche di procreazione medicalmente assistita  a  coppie  i cui componenti non siano entrambi viventi o uno  dei  cui  componenti sia minorenne ovvero che siano  composte  da  soggetti  dello  stesso sesso o non coniugati o non conviventi  e’  punito  con  la  sanzione amministrativa pecuniaria da 200.000 a 400.000 euro.


Per approfondire il tema da un punto vista legale e sanitario:


Una serie di eventi contingenti e di dichiarazioni fra lo strampalato e l’osceno, in questi giorni, ha indotto i partiti di destra a imboccare il sentiero della proposta di legge per rendere universale il reato di maternità surrogata (vale a dire: non si può aggirare la legge italiana ricorrendo a cliniche oltre confine, in paesi con leggi più permissive, e farsi poi riconoscere i figli in Italia in base alla legge vigente). L’attuale proposta di legge di Fratelli d’Italia (ma sono in arrivo dalla Lega e da Forza Italia), recita (unico articolo):

Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro (fonte).

Conclusione di questa lunga premessa espositiva: l’intento è proibire alle coppie omogenitoriali la pratica della surroga, mentre resterebbero inalterate, nei limiti dell’attuale legge, le possibilità per le coppie eterosessuali. (Credo pertinente segnalare che le coppie omosessuali possono adottare bambini solo in casi particolari e limitati – fonte).

Come sempre (e questa cosa è per me una noia mortale; di più: un segno evidente dell’inutilità della politica che ci perseguita in questa epoca) il cosiddetto “dibattito” (che è un reciproco sputacchiarsi verità universali che l’avversario non comprende per palese idiozia) confonde l’etica coi diritti, e i diritti col “Diritto”.

Perché sì alla maternità surrogata anche per le coppie gay

Non esiste una sola ragione, non una, badate! per sostenere che amarsi fra eterosessuali ed omosessuali implichi una qualche conseguenza negativa per i bambini, e che adottare bambini sia più “sano” se gli adottanti sono etero anziché omo, o che avere figli da madre surrogata implichi alcunché di positivo o negativo per il bambino. Assolutamente tutto quello che leggete in merito è solo un’opinione ideologica.

Questo punto è dirimente: o ci sono studi scientifici in grado di dirci – per esempio – che i figli dei genitori omosessuali soffrono di qualche patologia psicologica correlata al tipo di affettività dei genitori, oppure tutto, ma proprio tutto, ciò che si dice in merito è pura affermazione ideologica, semmai camuffata da una qualche discutibile etica.

Due incisi:

  1. lascio a voi fare le debite ricerche su Google; vedrete che studi scientifici seri (i pochi disponibili) concludono che lo sviluppo cognitivo, affettivo, comportamentale del bambino non è influenzato negativamente dall’avere genitori omosessuali;
  2. insisto sugli studi scientifici lasciando indefinito il senso dell’aggettivo, pensando che non ce ne sia bisogno. E’ evidente che la dottrina della Chiesa, l’opinione di Federico Mollicone, il programma elettorale della Lega, non sono elementi scientifici.

Dall’aspetto educativo (i figli di coppie gay possono crescere sani e felici come le coppie eterosessuale – o infelici allo stesso modo) passiamo al tema della gravidanza surrogata, che ovviamente è differente.

Per essere chiaro, io personalmente penso che:

  1. la gravidanza surrogata nei casi previsti dalla legge italiana sia sacrosanta;
  2. la gravidanza in una coppia omosessuale femminile nella quale una delle parti resti incinta (dopo un rapporto sessuale con un maschio), e l’altra adotti il nascituro, è assolutamente legittima (anche per la legge italiana) e giusta;
  3. la gravidanza in una coppia omosessuale femminile con gameti maschili inseriti nell’utero (quindi non in seguito a un rapporto sessuale) mi sembra una deriva vagamente patologica, ma chi sono io per dire di no? Quindi va bene.
  4. la gravidanza surrogata per fornire un figlio a una coppia omosessuale maschile mi crea più fatica, una certa difficoltà ad accettarla, ma – per le ragioni che sto per dire – fate un po’ come vi pare.

Ma questa è la mia opinione, ha a che fare con i miei valori personali, le mie conoscenze incomplete, il fatto che io non solo non sono uno specialista ma non sono omosessuale e quindi non partecipo di un certo sentire e vedere il mondo; io personalmente ho dubbi su alcune pratiche, non mi sento a mio agio, resto perplesso; per esempio nel pensare a due giovani maschi uniti da rapporto affettivo (questa cosa non mi scompone un singolo pelo della mia barba) che sentano un tale bisogno genitoriale (perché?) tale da spingerli a chiedere a una donna estranea di prestarsi a usare il seme di uno dei due, per fare quel figlio che la natura impedisce loro di fare, e poi regalarglielo, sparire dalla loro vita, e far sì che i due (maschi) siano entrambi “papà” del bimbo. Attenzione: non ho alcun problema a credere che il bambino potrebbe crescere sano e felice come un fiore; non mi scandalizza che una donna accetti – anche a pagamento – di “prestare l’utero”. Diciamo che, visto che al dunque i figli li fanno le donne, se siete una coppia di uomini, semplicemente, non li potete avere. Non è obbligatorio. Rassegnatevi, sarete degli splendidi zii, persone carinissime con grande sensibilità educativa ma no, non potete essere “padri” (a meno ché uno dei due non ingravidi una donna, riconosca il figlio che può essere adottato poi dall’altro marito, come nel caso 2 dell’elenco precedente, possibile in determinati casi secondo la legge italiana).

Però, prima che gli indignati di destra e di sinistra commentino, questo è e resta un mio parere, che ho palesato per un ragionamento in negativo; vale come “il parere di Claudio Bezzi”, ovvero qualcosa prossimo allo zero. Io non cerco di imporvelo e quindi, per piacere, non cercate di imporvi il vostro.

Sulla prestazione di una donna, a pagamento, del proprio utero: che ovviamente è un’altra delle questioni centrali nel (fintissimo) dibattito: se tale donna è libera di dire di sì o di no, e se ritiene conveniente accettare di gestire una gravidanza il cui frutto sarà per lei sempre estraneo, perché no? Quale morale pelosa accetta che una donna mi venda il suo corpo per un atto sessuale (la prostituzione non è proibita dal nostro codice penale), oppure che mi pulisca a pagamento il culo quando sono vecchio e inabile, ma non che gestisca per nove mesi il feto che poi io chiamerò “figlio”, dietro compenso? Per favore, prima di dare risposte avventate, ragionate: quello che pensate, a favore o contro questa pratica, è con tutta probabilità un costrutto ideologico, moralistico, non supportato da alcuna ragione pratica se non – unica – quella che sto per esporre.

Eccola qui: se una donna in condizioni indigenti si sente costretta ad accettare una gravidanza per un compenso che le permetta di sopravvivere, o di nutrire i suoi figli, allora siamo davvero prossimi a una sorta di schiavitù. Nessuna donna deve essere l’ospite di un feto, dietro compenso, semplicemente perché non ha altre alternative; vale anche per le prostitute; nessuna donna deve prostituirsi per sopravvivere, perché non trova altri modi per sfamare sé e i suoi cari. Ma allora, scusate, vale anche per le raccoglitrici di pomodoro in Campania e per moltissime altre professioni; e non solo per le donne.

Ecco: mi pare che stiamo mettendo i problemi nella loro giusta dimensione, che mi permetto di riepilogare in forma sintetica:

  1. Nessuna persona deve essere costretta a fare le scelte che fa per sopravvivere, o permettere di sopravvivere alle persone che ama; questo vale per uomini e donne, per la maternità surrogata e per una mole di questioni veramente indecente;
  2. eliminate (ma si riesce davvero a eliminarle?) le questioni del punto precedente, ognuno fa quello che gli pare, salvo non danneggiare nessuno, né direttamente né indirettamente, né materialmente né psicologicamente; quindi: solo adulti consenzienti e informati, con eventualmente supporto psicologico, medico e legale di figure terze (come prescrive attualmente la legge in vigore sulla procreazione assistita), etc.
  3. Nessuno è titolato a sentenziare su cosa sia bene o male per la donna, per l’uomo, per il bambino, per il nascituro. Nessuno lo sa, sia chiaro. Ciò che si dichiara di sapere deve essere basato su ampia casistica, e trattato secondo gli standard accettati delle scienze (mediche, sociali) che, sia ben chiaro, a differenza di quelle fisiche sono ampiamente argomentabili e contro-argomentabili (anche quelle fisiche lo sono, ma in modo certamente differente);
  4. o ci si rende conto che ogni e qualunque principio etico vale solo oggi, e solo per alcuni, e quindi si rinuncia a sputacchiarli come verità, oppure ci si consegna al più triste, becero, inutile moralismo, falso come una moneta da 3 Euro, inutile come una bicicletta per i pesci rossi. Questo vale per la destra stupida che vuole fare una legge per impedire ai gay di avere figli, e vale per la ridicola sinistra che sbava per i diritti (quando se li ricorda, e spesso in maniera strumentale) senza però capire il perché, e senza capire il senso universale  dei diritti: tutti per tutti (salvo nuocere a terzi). E vale, ahimé, anche per alcuni liberali che ogni tanto smarriscono la via.

La politica non deve essere “etica”, se non limitatamente al principio generale di cercare il meglio per i cittadini, vale a dire ciò che per loro è il meglio (la famosa ricerca della felicità della dichiarazione d’indipendenza americana), e quindi regolando tale ricerca in modo che non causi danni a terzi (per questo proibiamo la pedofilia, l’infibulazione e molte altre pratiche che potrebbero fare la felicità di qualcuno a scapito della salute o della dignità di terzi). Tutto il resto, ma proprio tutto, è un discorso insulso, inutile, che ha finalità differenti da quelle dichiarate; per esempio finalità identitarie; la chiamata alle armi dei seguaci contro il nemico esterno che minaccerebbe la nostra vita (che è falso), in modo di non dover parlare dell’inflazione, dell’ambiente, dei migranti, del lavoro (che sono problemi veri). Piantare bandierine, anziché ragionare su problemi veri, è diventato il succedaneo del fare politica. Si comunica, si conciona, si afferma, si ribadisce, ma non si sta facendo politica. Si declamano valori irrinunciabili, che va bene per la religione ma non per la ragione, e su quelli si sprecano giorni di inutili dibattiti, pagine stampate, twitter, post, opinioni inutili quanto saccenti a gogò. A cosa serve?

Due uomini si vogliono sposare? Lo facciano (io non apprezzo questa deriva piccolo borghese degli omosessuali di volere un “matrimonio”, ma poi penso che sono affari loro; se vedono fino lì, bene, che si sposino!). Una coppia gay vuole un figlio? Benissimo, se un bambino potrà ricevere amore, un’educazione, un futuro, chi può non essere felice? Che adottino, che affittino uteri, ma chi sono io per alzare un qualunque ditino e dire che no, non è “naturale”, non è “etico”… Una donna, priva di condizionamenti anche economici, si presta – con un ovvio e lecito compenso – a gestire una gravidanza? Va bene, se va bene a lei, se sono garantite a tutte le parti ovvie condizioni sanitarie, psicologiche, culturali, sociali e legali.

Concludo con una segnalazione: di tutte queste cose, o meglio: di questa filosofia sui diritti, sui doveri, sui bisogni da non confondere coi diritti, e via discorrendo, abbiamo scritto Stefano Machera ed io, nel volume pubblicato l’anno scorso, Pensare la democrazia nel terzo millennio. Non è per caso che abbiamo messo questi temi nei primissimi capitoli del volume; perché è da qui che si costruisce un’idea di democrazia non ideologica, non parolaia, non demagogica.

(Aggiornato 23 marzo ore 19.15)