Questa destra, più che fascistella è sostanzialmente imbecille

Mea culpa: avevo scritto, mesi fa, che sia pure senza paventare randelli e olio di ricino la destra meloniana (e salviniana, quella berlusconiana conta zero) fosse effettivamente fascistella. Lo scrivevo senza le paturnie dei “dem”, che hanno condotto una campagna elettorale suicida additando il pericolo fascista (e direi che non gli è ancora passata; oops: non le è), ma constatando le origini, i discorsi, i programmi: post-post-post fascisti; così “post” che la puzza del Ventennio non si sente quasi più, che sanno dire “buongiorno” e “buonasera” e tu non ci fai più neppure caso. Quel mio parere è rimasto tale e quale ma mi corre l’obbligo di aggiornarlo alla luce di questi primi – quanti sono? Diamine! già cinque – mesi di governo. Sì, sono post-post-post fascistelli, ma siamo tutti post qualche cosa, io per esempio sono post-post-post austro-ungarico e insomma, facciamo la pace con la storia, smettiamola con questa immarcescibile guerra civile (leggere Culicchia in merito), combattuta fra l’altro nella tipica maniera cialtrona ben nota a voi post-post-post romanici (io non c’entro, come ho già dichiarato), guardiamoci negli occhi, le regole del gioco democratico sono stabilite e accettate da tutti e quindi, dai, basta, che noia!

Sgomberato il terreno da queste croste ideologistiche, la realtà si appalesa più tragica, non meno. La realtà ci mostra un gruppo di insensati che non sanno cosa stiano a fare al governo. Sì, lo so, c’è una gara giornalistica a salvare Meloni, che sarebbe l’unica della compagine ad avere un po’ di testa sulle spalle. Io sono d’accordo a un patto; che la frase la riscriviamo così: “è l’unica della compagine a mostrare un po’ di cervello comparata al livello medio degli altri”. L’intelligenza, la sagacia, la pazienza di Meloni non mi sembrano discostarsi molto dal livello generale (basso, basso) sperimentato nell’ultimo quindicennio dai precedenti premier: Conte, Gentiloni, Letta, Berlusconi… Draghi e Monti meritano discorsi a parte che qui mi guardo bene dal fare; Renzi merita a sua volta un discorso a parte che ugualmente non farò (potete pensare che sia stato il peggiore di tutti, o il migliore, non mi importa un fico secco). 

I balbettii sul Nord Africa; le sparate imbecilli sui migranti; la crisi con la Francia; l’ambiguità (non di Meloni ma di tutti gli altri) sulla guerra in Ucraina; l’incertezza verso la Cina; lo sprofondo della sanità pubblica; l’annunciato fallimento del PNRR; i tentennamenti del Guardasigilli (vedremo…); la questione delle licenze balneari; etc. I dossier aperti sulle scrivanie governative sono molti, tutti estremamente gravi e urgenti, e tolti pochi ministri (che possono sbagliare ma cercano di portare avanti una politica, un programma), la maggioranza degli esponenti di destra spara quotidianamente sciocchezze sesquipedali, ultime le uscite del Presidente La Russa (seconda carica dello Stato, per dire…) sui fatti di via Rasella (vedi), o di Fabio Rampelli che vuole proibire l’uso di anglicismi nella lingua italiana (vedi), o di Claudio Anastasio che qualche settimana fa ha copiato il testo di Mussolini per una comunicazione ufficiale (vedi) e così via, il conto non l’ho tenuto.

Allora io penso questo: salvo gli assatanati post fascisti (con un solo “post”), che minacciano, picchiano, rialzano la testa vedendo un clima generale loro favorevole, e che sono un problema di ordine pubblico, non politico, a me i post-post-post non mi interessano un fico secco: perché non ho mai pensato che i post-post-post comunisti nei governi D’Alema o Prodi ci avrebbero consegnati a un gulag sovietico, così non penso che i post-post-post fascisti ripristineranno le leggi razziali o ci indurranno a spezzare le reni ai greci. I primi si sono trasformati (più o meno) in socialdemocratici e riformisti, e i secondi (più o meno) in conservatori; entrambi con profonde infiltrazioni populiste.

Quindi, smettendola con le manfrine ideologiche, che servono solo per sventolare bandierine identitarie in mancanza di una qualunque idea migliore, io vorrei che si parlasse di programmi. La domanda, facilissima da formulare, è: cosa serve all’Italia? Servono le cose note e stranote accennate anche sopra: lavoro e buona politica industriale; sanità e scuola decente; giustizia assai diversa da quella che abbiamo adesso; una lettura intelligente sui flussi migratori e un intervento in merito; diritti civili.

Il punto è che, incredibile ma vero, il governo Meloni è capitato, senza nessunissimo merito, in un momento storico favorevole: pandemia pressoché sconfitta; indicatori economici generalmente buoni, o buonini, spesso migliori dei nostri partner europei; soldi del PNRR da spendere (non sanno fare, ma ci sarebbero)…

La domanda allora da farsi è: ma perché, invece di lavorare ventre a terra, portare a casa un sacco di bei risultati, farci tutti felici ed essere acclamati come grandi statisti, che la sinistra se li sogna, perché fare una bischerata dietro l’altra, proclamare con voce stentorea imbecillità vergognose e farsi riconoscere da tutti come perfetti idioti? 

Certo, quelli che ridono (mestamente) delle assurdità di questi ometti e di queste donnucole sono generalmente cittadini che non si riconoscono nel governo, ché invece i nostri post-post-post compatrioti che li hanno votati se ne infischiano, non hanno sufficiente informazione, o cultura, e semmai concordano con la cavolata quotidianamente offerta in pasto al popolo, e titillata per giorni negli orrendi quotidiani italiani. Chi lo sa?

Che poi sapete bene come finirà: gli emigrati è colpa loro che si ostinano a voler venire qui anche se non li vogliamo; il PNRR è colpa dei “frugali” che ci odiano, oppure dei burocrati di Bruxelles che sono ottusi; il lavoro, il commercio, l’export e tutte quelle complicate questioni coi numeri, laddove andassero male, è colpa della Russia, della Cina, delle sanzioni inique; la sanità, mannaggia, è che non si trovano i medici, e insomma, alla fine della fiera, sarà stata colpa di qualcun altro, o del destino cinico e baro.