Cari amici e lettori di Hic Rhodus, questa volta non scriverò di politica, di comportamenti umani, complessità sociale, o di uno dei diversi altri temi sui quali chiedo la vostra compagnia solitamente. Questa volta parlo di una cosa che non c’entra nulla coi post tradizionali del blog, anzi peggio: parlo di una cosa mia, e quindi occupo questo spazio un po’ di prepotenza.
Il fatto è che ho scritto un romanzo. Davvero!
Dovete sapere qualcosa di me; da ragazzo volevo scrivere: pensavo che avrei fatto il giornalista come mestiere e lo scrittore come vocazione. Molti lo pensavano, all’epoca; fra i miei compagni di scuola, rivisti dopo 40 anni in una di quelle tristissime cene di ex alunni, dove nessuno si ricorda neppure più chi siano quegli altri, molti si sono stupiti a sentire che di mestiere facevo il sociologo; credevano avessi fatto, appunto, il giornalista, perché la promessa era quella, di scrivere, di vivere di scrittura. E non mancavano adulti che mi spronavano su quella strada. Poi inciampai nella sociologia. Una specie di sliding door, ricordo benissimo quando imboccai quella strada. Sia chiaro: la sociologia è stata un grandissimo amore, focoso e inebriante; e poi la valutazione delle politiche pubbliche (una branca operativa delle scienze sociali), grande avventura che, francamente, mi ha dato grandi soddisfazione professionali e scientifiche. Nella mia lunga carriera ho scritto una quantità indecente di articoli su riviste specializzate e di libri tecnici, scientifici, manuali, guide e chi più ne ha più ne metta; alcuni di questi titoli sono pubblicati e ripubblicati da oltre venti anni, studiati in alcune università… non posso che essere appagato di questo.
Ma, insomma, arrivati alla mia età quello che volevo scrivere sui temi a me cari (il metodo della ricerca sociale, la valutazione delle politiche pubbliche…) l’ho scritto da un pezzo. Difficile, ormai, tirare fuori un nuovo argomento, inedito, originale, interessante…
Così il primo amore è riemerso. Era sempre lì, in realtà, e negli anni ho scritto raccontini per gli amici, per mia moglie, per qualche occasione… Raccontini, qualcuno credo carino, qualcuno assai meno. Ma poi ha fatto strada, nella mia mente, un’idea più robusta, una prospettiva narrativa più ampia.
Io non so nulla dei processi creativi. Non ho mai studiato l’argomento. A me le idee vengono camminando, oppure quando vado a letto e “mi racconto delle storie” per conciliare il sonno. Mi viene un principio di idea, un abbozzo di inizio, una vaga prospettiva narrativa; se l’idea mi piace, mi viene voglia di immaginare cosa diranno, cosa faranno, i personaggi inizialmente solo tratteggiati. Immagino un dialogo, per esempio, immagino l’irruzione di un nuovo personaggio, e la mia mente si popola di una storia che fino a un attimo prima non c’era, e trovo questa fantasia straordinaria e appagante.
Se la storia non è effimera, e prende piede nella mia mente, comincio a scriverla, e allora le mie dita sulla tastiera devono correre dietro allo sviluppo della trama, che nella mia testa procede più veloce. Quando scrivo, solo inizialmente e in modo generico so dove potrei andare a parare, ma poi i personaggi vivono di vita propria, e vanno dove a loro pare e piace, e io scopro, assieme a loro, quel che accade, man mano che accade.
In questo mio romanzo si parla di un viaggio verso un misterioso e mitico labirinto. Tranquilli, non rovino la sorpresa, questo è detto anche nella quarta di copertina. Nella storia, cosa realmente sia il labirinto non è chiaro; girano voci, si sentenzia a sproposito, pare che qualcuno ci sia stato ma non se ne sa nulla… Cos’è, realmente, il labirinto, verso cui il protagonista si dirige? Che lo crediate a no, io non lo sapevo fin quando – nella storia – il protagonista arriva in vista del luogo. Avevo delle idee, ma erano più interrogativi che certezze. Il labirinto era una fortezza, una segreta, un percorso di iniziazione? Cos’avrebbe realmente trovato, il mio eroe, una volta giusto sul posto? Ecco: io l’ho praticamente scoperto assieme a lui, e con la sua medesima incoscienza ho affrontato il dedalo.
Scrivere il libro è stato davvero emozionante. Mi è piaciuto, ma questo dice poco, ovvio, sarei un padre snaturato se così non fosse. L’ho allora mandato per un giudizio a una nota agenzia letteraria, che mi ha incoraggiato, e quindi a una piccola casa editrice che ha valutato l’opera e ha deciso di investirci.
Per quanto piccola, l’editrice è distribuita da Messaggerie, quindi lo potete chiedere in qualunque libreria, se siete interessati, oppure comperarlo direttamente dall’editore seguendo questo link: https://www.aebeditrice.com/product/il-labirinto/
Chissà? Dopo avere letto tante riflessioni di Claudio Bezzi sul mondo, la società, la politica… forse potreste avere voglia di leggere un racconto fantastico, una storia di formazione ampiamente autobiografica (ovviamente), una testimonianza diversa, in realtà, sugli stessi temi di sempre, perché cos’è, la letteratura, se non una forma sottile di sociologia, un diverso modo per raccontare il mondo e la vita?
Vi allego i primi tre capitoli. Spero che avrete voglia di acquistare il libro per leggere tutti gli altri, per seguire le vicende del mio protagonista.
Fino al labirinto.