Il problema del lavoro in un Paese che non lo capisce

Come sapete, da martedì un sacco di percettori di reddito di cittadinanza non riceverà più l’assegno. In parte perché considerati “occupabili” da uno strambo ragionamento governativo, in parte perché “non occupabili” (medesimo strambo ragionamento), quindi percettori di una elemosina per i prossimi mesi poi basta. Siamo pienamente dentro uno di quei temi (un altro è l’immigrazione, un terzo sono i diritti civili individuali) in cui una destra piuttosto ottusa si è limitata a piantare bandierine vagamente identitarie senza una briciola di pensiero critico.

Siamo all’incrocio di una serie di questioni, e uno dei problemi è che il riflesso ideologico di uno di essi si riverbera su altri, creando distorsioni percettive nefaste. Proviamo a mettere in fila i problemi:

  1. il reddito di cittadinanza di grillesca fattura è stata la soluzione sbagliata a un problema reale, e ne abbiamo parlato abbastanza su questo blog (l’ultimo intervento QUI, ma anche prima, cercate per esempio gli articoli di Ottonieri);
  2. uno dei temi sui quali nessun governo più o meno di sinistra (men che meno questo di destra) ha deciso di rischiare, è quello della complessiva riforma della previdenza sociale e dell’organica lotta alla povertà, oggi frammentata in molteplici interventi che costano, allo Stato, assai più di quanto producano (e anche su questo abbiamo pubblicato diversi post…);
  3. la povertà è un problema che non riguarda solo i poveri, e il lavoro è un problema che non riguarda solo chi cerca lavoro. Farei torto all’intelligenza dei lettori di questo blog insistere a spiegare questo punto, che trasversalmente può essere inteso come uno dei principi generali ispiratori del nostro impegno: solo una società equilibrata produce ricchezza, benessere, sicurezza, felicità per tutti.

Sotto la gravosa egida degli elementi appena riassunti (abbiamo un sistema di welfare che fa schifo e va peggiorando, e nessuno, di destra o di sinistra, sembra abbia abbastanza spina dorsale per mettervi mano), arriviamo al problema del lavoro, che viene visto, da sinistra a destra, con un filtro novecentesco ridicolo ma, quel che qui interessa, esiziale.

Ricominciamo a numerare banalità (banalità per noi, ma evidentemente fantascienza per i politici, da Schlein a Meloni nessuno escluso):

  1. il lavoro non è più quello del Novecento; nascono e muoiono nuove professioni ogni cinque minuti e il lavoro “sicuro” in banca non esiste più (quello in Comune sì, ed è piuttosto vergognoso); che la flessibilità piaccia o meno a Landini, è nelle cose. Si lavora meno o più, con continuità o discontinuità, ben pagati o sottopagati secondo logiche impossibili a ridurre a tipi, classi, formule formal-sindacali, e questa frammentazione – se così vogliamo chiamarla – è in aumento; 
  2. ne consegue che la presunta “occupabilità”, oltre che nelle fantasie mediocri di qualche politico, semplicemente non ha senso. Sia come lavoro in sé, sia come reddito che da tale ipotetica occupazione deriva. Se non si capisce che un problema è il lavoro, e un differente problema è il reddito di una famiglia, direi che siamo lontani mille miglia dal trovare una soluzione;
  3. i Centri per l’Impiego, cui si dovrebbero rivolgere gli “occupabili” che non percepiranno più il reddito di cittadinanza, non funzionano. Non possono funzionare. Non funzioneranno mai. Ho lavorato molti anni in questo campo, ho visto vagonate di soldi spesi per rendere funzionali questi residui novecenteschi di impiego pubblico, ma la loro stessa concezione è vecchia, fallimentare, obsoleta, inefficiente. Da qualche parte (più al Nord) qualcuno funziona benino, arrancando, e trova impiego a qualche bisognoso (su centinaia), ma per lo più (specie al Sud) servono solo e unicamente a garantire lo stipendio a chi ci lavora, e rappresentano semplicemente un  insulto per chi, cercando un lavoro, avendo realmente bisogno, si rivolge a loro (P.S. I privati riescono ad essere anche peggio; non avendo alcuna motivazione etico-sociale si limitano a trovare magazzinieri e carrellisti per i supermercati e poco più);
  4. c’è poi la questione di lavori “rifiutati”. Mancano addetti che si occupino delle vacche del Nord, raccoglitori di pomodori al sud, tecnici specializzati per fabbrichette che ne hanno bisogno semmai per due mesi… Anche qui: a me sembra legittimo che un ragazzo del Sud dica che non vuole svegliarsi ogni mattina alle 5 per andare a mungere le vacche padane; la società edonista, consumista, egotista del nuovo fetido Millennio ha fatto promesse meravigliose; scegliere di mungere le vacche altrui lontano da casa non era una di queste… Un vero incontro domanda-offerta (che in Italia non c’è) dovrebbe sapere incrociare titoli di studio, competenze, luoghi d origine, aspettative salariali e molto altro, e non semplicemente dire “C’è un posto da mungitore a 500 Km da casa tua, ti dovrai svegliare ogni mattina alle 4, però lo stipendio è buono”;
  5. allora, come conseguenza, un politico intelligente penserebbe che visto che ci sono migranti che metterebbero la firma per mungere le vacche del Nord, ben vengano; e qualche altro politico intelligente potrebbe pensare (“prima gli italiani”, mica roba di sinistra) che costruire buoni percorsi formativi e accademici aiuterebbe i giovani a trovare un buon impiego; e un terzo politico, sempre intelligente, capirebbe che un adeguato sviluppo del Meridione non consiste nel buttare altri soldi in clientele arcinote ma in opere strutturali, riforme, formazione, sostegno alle imprese (se non hai un tessuto di imprese capaci al Sud, come puoi pretendere di avere giovani degnamente occupati?).

Insomma: anche se il reddito di cittadinanza faceva abbastanza schifo (e lo faceva) si è buttato via il bambino con l’acqua sporca, e sempre, e solo – come al solito – per motivi ideologici, senza uno studio pertinente (e ce ne sono, per esempio QUI), senza un tentativo di affrontare un pensiero complesso e, specialmente, scansando abilmente una serie di temi che sono ben presenti da decenni: lavoro e previdenza. Affrontarli per bene significa affrontare questioni molto ideologizzate (ve l’immaginate il sindacato?), molto equivocate (il famoso lavoro che sarebbe “garantito” dalla Costituzione più bella del mondo…), che ovviamente toccano la vita, il benessere, di milioni di cittadini: occorrerebbe ripensare alle pensioni, alla flessibilità del lavoro, alla formazione professionale… Troppo, davvero troppo per un governo (qualunque negli ultimi 30 anni) troppo impegnato a vivacchiare, punzecchiare gli avversari nei talk show, preoccuparsi per l’ultimo sondaggio.

Come dicono a Roma: a chi tocca (la perdita del reddito di cittadinanza) nun s’ingrugna.