La verità sui suicidi per ragioni economiche

[I dati qui presentati sono stati aggiornati con un 
post del 27 Gennaio 2016 e in uno successivo del 21 Marzo 2018]

Uno dei refrain contemporanei: i suicidi dovuti alla crisi economica. Equitalia assassina, imprenditori suicidi per colpa dello Stato, lavoratori suicidi a causa del licenziamento… I titoli si susseguono sulla stampa e l’equivalenza crisi = suicidio non viene messa in discussione dall’opinione pubblica. Ma è un’equivalenza reale? Dobbiamo chiedercelo perché da problema epidemiologico, o giudiziario, o etico, è diventato da un paio d’anni problema politico, ovvero elemento costitutivo di specifiche azioni parlamentari, programmi politici, strategie di consenso. E come problema politico ha senso se è vero, se viene specificato sulla base di informazioni e dati certi, e non semplicemente asserito demagogicamente perché fa presa sulle coscienze, indigna, mobilita antagonismo indipendentemente dalla sua eventuale falsità. E allora guardiamo i dati.

Premessa indispensabile di questo post è che ho ben chiara la presenza di una crisi drammatica e le sue conseguenze di disperazione che ha trascinato e continua a trascinare. Questo post non intende minimizzare i fatti, i disagi, le ansie di migliaia di famiglie, il precipitare nella povertà di centinaia di migliaia di persone e anche i suicidi, certo. Il fatto che ci si tolga la vita come estrema forma di disperazione per non riuscire più a mantenere gli impegni della propria azienda, per non riuscire più a sfamare i figli, è intollerabile e scuote le nostre coscienze indipendentemente dal numero di persone coinvolte. Il dramma è reale. Ma l’uso politico di questo dramma, come vedremo, non è giustificato. E se vi mostrerò dati per convincervi che non è giustificato tale uso politico, allora resterà il dramma di tante persone, ma avremo puntato il dito sul cinismo demagogico di chi sfrutta questo tema angoscioso come strumento di omologazione delle coscienze e di lotta politica.

Schermata 2014-04-17 alle 18.36.05Altra premessa, questa volta di carattere metodologico: non è così semplice elaborare statistiche attendibili sui suicidi, e vi invito a leggere la breve nota che sull’argomento trovate sul sito Istat; fra le varie difficoltà vi segnalo quella che a mio avviso pare la più grave:

è estremamente difficile individuare i motivi che inducono il singolo individuo a togliersi la vita, a causa della natura multidimensionale del fenomeno.

‘Multidimensionale’ significa concorso di più cause, condizioni e precondizioni, che possono essere di tipo socio-economico (la crisi, la perdita di lavoro, condizione semmai aggravata da pregressi indebitamenti), relazionali e affettivi (per esempio una condizione di solitudine, il concorso di conflitti familiari…), psicologici (depressione, quadro personologico complessivo), sanitari… La collocazione finale della causa del suicidio in una casella piuttosto che in un’altra dipende da questioni di prevalenza, di maggiore evidenza di potenziali causalità, dalla sensibilità delle forze dell’ordine e così via, e occorre quindi avvicinarsi con cautela ai dati, sempre evitando di perdere di vista il fatto che parliamo di vite umane concluse comunque nella disperazione.

Una prima lettura generale dei dati sul suicidio in Italia fino al 2010. L’Italia è uno dei Paesi OCSE con minor tasso di suicidio diminuito, fra il 1993 e il 2009, da 8,3 a 6,7 suicidi ogni 100.000 abitanti (tutti questi dati sono di Fonte Istat – o riportati da Istat se di altre fonti – e sono liberamente accessibili nel sito dell’Istituto).

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In questa tabella manca il dato 2010 Italia che troviamo in altra fonte Istat, che ci segnala 3.048 suicidi, 5,3 ogni 100.000 abitanti, con un altro calo rispetto al periodo precedente. Soffermiamoci su questo anno per leggere le differenti cause di suicidio (per semplicità non tratterò dei tentativi di suicidio).

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Dei 3.048 in totale, nel 2010 si sono suicidate per motivi economici 187 persone, pari al 6,1% del totale. Inquietano, in questa tabella, quei 1.107 suicidi per cause ignote ma, utilizzando un approccio grossolano e inferenziale potremmo – in mancanza di altre indicazioni – ritenerli ripartiti proporzionalmente fra le cause note; nel caso peggiore possiamo espungere i non noti e calcolare la percentuale dei suicidi per ragioni economiche solo sul totale di coloro dei quali è nota la causa, elevando il precedente dato al 9,6%. Riassumo: nel 2010 i suicidi per ragioni economiche sono stati fra il 6,1 e il 9,6% del totale dei suicidi, riassumibili in circa 200 casi. La crisi, nel 2010, già iniziava a farsi sentire ma non era arrivato lo tsunami degli anni successivi (a Novembre 2011 Berlusconi se ne poteva ancora uscire con l’infelice battuta dei “ristoranti pieni”), in particolare del triennio 2011-2013.

Prima di andare avanti: ricordate sopra l’accenno alla multidimensionalità del fenomeno? Se abbiamo come tesi che la crisi economica è responsabile dei suicidi, oltre al gruppo di suicidi per cause ignote potremmo indicare anche nel rilevante gruppo di “cause psichiche” questa stessa ragione; vale a dire: si è suicidato perché depresso, ma era depresso perché minacciato dalla crisi… È quanto fa per esempio Comitas, Coordinamento microimprese, riferendosi al 2012, sulla base di speculazioni legittime ma indimostrabili. Insomma: i dati non sono chiari, e fra cause dirette e indirette possiamo concordare che sempre – non solo in questi ultimi anni – le “vere” cause dietro quelle catalogate come psichiche e ignote siano state anche le difficoltà economiche, la perdita del lavoro e così via, ma varrebbe appunto anche per gli anni precedenti e sempre sulla base di numeri complessivamente modesti.

Schermata 2014-04-17 alle 18.19.08I suicidi dopo il 2010: gli anni della crisi nera. Purtroppo i dati successivi sono carenti o mancanti. I dati Istat si fermano al 2011 (rilasciati a Dicembre 2013) ma senza specificazione delle cause; da tale dato sappiamo che il tasso è appena cresciuto rispetto all’anno precedente arrivando a 6,5 ogni 100.000 abitanti. Non potendo basarci su ulteriori dati Istat negli anni cruciali della crisi vi propongo quelli resi noti da Link Lab nel febbraio 2014 (è un laboratorio di ricerca dell’Università privata di Roma “Link Campus University”; il loro studio è ampiamente rimbalzato sulla stampa con toni generalmente angosciati). Secondo Link lab i suicidi nel 2012 e 2013 hanno avuto questo andamento:

  • 2012: 89 suicidi per motivi economici;
  • 2013: 149 suicidi per motivi economici.

Manca, nella sintesi diffusa da Link Lab, il totale dei suicidi, dato evidentemente importante per capire cosa sia veramente successo. Se consideriamo attendibili i loro dati (di cui ignoro il metodo di rilevazione, e comprendete come la cosa non sia trascurabile), raffrontandolo con l’ultimo disponibile Istat riportato sopra qualcosa non mi torna: se nel 2010 si sono suicidate 187 persone, che rappresentano una piccola percentuale del totale (un totale, abbiamo visto, in costante calo fino agli immediatamente precedenti la crisi), i dati di Link Lab sarebbero confortanti perché grandemente inferiori.

Per quanto abbia girato in Rete non ho trovato altri dati ma, in compenso, ho trovata una miriade di titoloni allarmati (anche il documento di Link Lab è allarmistico, malgrado i microscopici numeri…). Questi titoloni, basati quasi sempre sui dati vecchi che vi ho mostrato sopra, si azzardano per esempio in incrementi percentuali fra i suicidi 2008 e 2010 per piangere un aumento del 24,6% (l’autorevole CGIA di Mestre) che in valore assoluto sono 37 e, come qualunque statistico potrà dirvi, non sono significativi per dimostrare alcunché. Oppure sono frutto di una lettura molto superficiale dei dati, come questa

25 Suicidi 3

che nel presentare lo studio già visto di Link Lab si basa solo sui due anni trattati (89 suicidi nel 2012 e 149 nel 2013, come già visto) per strillare che la crisi uccide sempre di più senza che vi sia riscontro empirico (e sì che l’autore del testo poi si prodiga a riportare i dati degli anni precedenti, un po’ come ho fatto io qui, senza notare l’incongruenza).

Evito, per non annoiarvi, di riportate decine, probabilmente centinaia, di titoli di quotidiani interessati a sostenere che la crisi uccide, e a costruire su questa tesi lunghi articoli per la morte – certamente da piangere – di un imprenditore o di un disoccupato che, fino a qualche anno fa, si suicidava nella sostanziale indifferenza mentre oggi diventa una sorta di dimostrazione della crisi maledetta, dell’inumanità capitalista, della coscienza sporca di sangue dei governi, della BCE, della Troika, di Bilderberg…

La vera conclusione non è che la crisi non induca al suicidio. È indubbio che diverse persone, disperate in conseguenza della crisi, si siano tolte la vita. Molte altre, e di più, si sono tolte la vita per il cuore spezzato dall’amato/a e moltissime di più per la disperazione della malattia di cui soffrivano. La conclusione è semplicemente che non ci sono dati per dire che c’è un forte aumento di suicidi causati da ragioni economiche. E se questi dati non ci sono, chiunque usi la disgrazia dell’ultimo suicida per creare allarmismo (ed emulazione, attenzione che il suicidio ha una componente emulativa!), per creare scandalo da usare politicamente, per esasperare gli animi e guadagnare consensi elettorali ebbene, chiunque faccia questo è uno sciacallo. Se i dati ci sono si producano; e se questi dati sono significativi allora potremo trovare, o forse no, correlazioni forti e vere. Ma i piccoli numeri di cui stiamo parlando (per esempio quelli di Link Lab) hanno una scarsissima rilevanza statistica e quindi deboli correlazioni. Che poi le crisi creino sofferenza e depressione, e che alcune decine di persone in più si suicidino, è altamente probabile, ma ciò non giustifica il tono da crociata, demagogico e strumentale.

Schermata 2014-04-17 alle 18.19.54Post Scriptum:

Il 16 Aprile ho scritto a Link Lab (citato nell’articolo) e a Eures (non citato ma avrebbe un rapporto di ricerca pertinente) per chiedere dati recenti e spiegazioni sui metodi di rilevazione. Non ho ricevuto risposte. Se arriveranno vi aggiornerò.

Risorse non omologate: