L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani è un libro di Umberto Galimberti uscito nel 2007. Parla di adolescenti e delle loro inquietudini, un affondo sui loro mali interiori, insomma. Sono passati 10 anni: potremmo aggiornare la riflessione anche ai non più giovani ed alla società attuale?
A mio parere, sì.
Scrive Insopportabile, su Medium:
Viviamo in un mondo amareggiato, ripiegato su se stesso e distratto da mille rivoli social. […] Viviamo in una nazione speciale che facciamo di tutto per rendere insopportabile. Siamo in questa situazione perché riteniamo che la politica non sia all’altezza ma spesso perché siamo noi cittadini a non essere all’altezza. Viviamo le nostre realtà incoerentemente da come a parole vorremmo che fossero. Le nostre città galleggiano senza progetti di prospettiva, senza il coraggio di promuovere azioni delle quali noi forse vedremo appena l’inizio. In un contesto di egoismo comune e di società che apparentemente si evolve a velocità impressionante vogliamo monetizzare il nostro tempo e raccogliere subito i frutti delle nostre azioni. Non abbiamo la pazienza di costruire il futuro che non sarà il nostro.
La perdita del senso, l’inconsistenza del futuro, la difficoltà a sognarlo questo futuro. L’improvvisazione dei rapporti e la minor voglia di costruzione di essi, complici una vita sempre più frenetica, rumorosa, improntata sulla immediatezza sulla risoluzione del problemi quotidiani. Complice anche il virtuale e quindi l’uso della tecnologia – a discapito del pensiero profondo – ci accompagna giorno dopo giorno e, se non siamo vigili ed attenti, siamo destinati al nichilismo o come diceva Nietzsche, alla perdita della vita come mezzo di conoscenza. Ammesso che non ci siamo già dentro.
“Il nichilismo che è la negazione di ogni valore è anche quello che Nietzsche chiama ‟il più inquietante fra tutti gli ospiti”. Siamo nel mondo della tecnica e la tecnica non tende a uno scopo, non produce senso, non svela verità. Fa solo una cosa: funziona. Finiscono sullo sfondo, corrosi dal nichilismo, i concetti di individuo, identità, libertà, senso, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia, di cui si è nutrita l’età pretecnologica. Chi più sconta la sostanziale assenza di futuro che modella l’età della tecnica sono i giovani, contagiati da una progressiva e sempre più profonda insicurezza, condannati a una deriva dell’esistere che coincide con il loro assistere allo scorrere della vita in terza persona. I giovani rischiano di vivere parcheggiati nella terra di nessuno dove la famiglia e la scuola non ‟lavorano” più, dove il tempo è vuoto e non esiste più un ‟noi” motivazionale. Le forme di consistenza finiscono con il sovrapporsi ai ‟riti della crudeltà” o della violenza (gli stadi, le corse in moto ecc.). C’è una via d’uscita? Si può mettere alla porta l’ospite inquietante? Nell’ultimo capitolo, Il segreto della giovinezza, Galimberti lascia pensare che disvelare ai giovani la loro ‟pienezza”, la loro ‟espansività” sia il primo passo per ricondurre a verità il salmo 127: ‟Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza”. (Fonte)
Non bastano professori che ci tranquillizzano ai convegni dibattendo sull’Industria 4.0 (o Impresa 4.0) dicendoci “le macchine non produrranno da sole: l’uomo sarà sempre cruciale semplicemente con compiti e competenze diversi“ si ha la sensazione generalizzata che qualcosa ci sfugga di mano, o in altre parole, che il mondo cambi tanto e troppo velocemente da non essere “digerito” da tutti allo stesso modo. Per questo c’è chi corre sempre più avanti, e chi resta sempre più indietro in un disequilibrio crescente a cui, per ora, le ricette “made in convegno” valgono ben poco.
E’ l’epoca dello sfiorare ma non toccare (che andava bene da piccoli), l’epoca di chi predilige la messaggistica virtuale alla telefonata o all’incontro, l’epoca degli aforismi postati sui social ma mai vissuti. L’epoca dell’assenza di visione e quindi di gioco, immaginazione e futuro.
E’ l’epoca degli sdraiati come direbbe Michele Serra, ma di tutte le età aggiungo io. Una epoca dove provarci davvero non solo per noi stessi, ma per ciò che lasceremo ad altri, è sempre più difficile, dove il senso scappa in fondo ai pozzi, è l’epoca delle passioni tristi e del rancore, così ci dice il Rapporto Censis 2017.
Una società di adulti che respinge il “provare a far meglio” che si accontenta di improvvisare, del dilettantismo generalizzato (a partire dalla politica), delle – “passioncelle generiche che sfiorano le anime assopite, ma non le risvegliano. Non hanno la forza. Sono state acquietate da quell’ideale di vita che viene spacciato per equilibrio, buona educazione. E invece è sonno, conformismo, dimenticanza di sé” cit. Umberto Galimberti – una società di persone dalle passioni aride appunto, di quelle che non necessitano di particolare impegno, fatica e rifuggono il pensiero di sostanza. Ed è curioso, perché mai come ora, in un passaggio epocale quale quello che stiamo vivendo, aver confidenza con il cambiamento complesso, con il rovescio della medaglia, è sostanziale.
Contributo scritto per Hic Rhodus da Pamela Tavalazzi.
Vivo in Romagna, a due passi da Ravenna, a quattro dal mare. Mi occupo
di comunicazione da oltre 25 anni, da una decina anche di comunicazione politica. Oscillo tra la pubblica amministrazione e le imprese.
Amo osservare il mondo che mi circonda, tentando di trovare soluzioni improbabili
ma possibili e di questo, talvolta, scrivo.