Ugo Bardi ha scritto un post interessante sul Fatto dove dice, sostanzialmente, che in Gracia sì, ci saranno stati anche dei piromani, ma in generale la ragione di fondo del disastro è il riscaldamento globale che crea le precondizioni per una tragedia di quella portata; e di queste precondizioni siamo responsabili tutti, indistintamente. Sono d’accordo ma con alcune precisazioni che vanno messe sul tavolo: quando io accendo il condizionatore d’aria perché in veranda si boccheggia, contribuisco al riscaldamento globale, e così con non pochi altri elettrodomestici; con l’automobile e diversi comportamenti, molti dei quali inconsapevoli. Sappiamo che le industrie inquinano tantissimo di più, ma quelle industrie producono per la ricchezza del mio paese, e quindi anche mia; sappiamo che ci sono paesi molto più inquinatori del nostro, ma con quei paesi ci facciamo affari… Insomma: direttamente o indirettamente siamo responsabili di uno stile di vita che spreca, inquina, rovina l’ambiente, distrugge specie animali, disbosca l’Amazzonia e via enumerando orrori di difficile reversibilità.

Essendo una persona di media cultura, sensibile al tema (ne abbiamo già scritto su HR) e mediamente informata, nel mio piccolo cerco di fare qualcosa: raccolta differenziata, auto poco inquinante… ma non fatemi spegnere il condizionatore in veranda! Ecco, la chiave per capire l’insolubilità del problema, e quindi la sua gravità, è esattamente qui: la raccolta differenziata – che peraltro il mio Comune mi impone – costa una fatica relativa e limitata, e non è poi così difficile essere virtuosi. Ma non posso rinunciare all’auto, non posso rinunciare al condizionatore, non posso evitare il packaging di plastica… Non posso. Non voglio? È lo stesso, a ben pensarci. Io sono qui, sono un essere sociale, vivo in un paese agiato, uso quotidianamente il Wi-Fi, viaggio molto, consumo molto. Consumo molto. La chiave è qui. Potrei forse tornare a una vita rurale stile Hamish, non usare luce elettrica (grande fonte di inquinamento), l’automobile e il resto? Lo potrei fare come Thoreau, estraniandomi, immergendomi in una controcultura consumerista, estetizzante e ambientalista, in un qualche casale abbandonato dell’Umbria e, sostanzialmente, separandomi dal genere umano. Nessun lavoro (tranne l’orto del mio casolare per sostentarmi), nessuna comunicazione e relazione (salvo quella di altri sognatori eventualmente vicini), nulla.

L’impossibilità alla realizzazione di massa di tali pratiche è evidente. Siamo come criceti nella ruota e non possiamo scendere, e quelle minime pratiche vagamente rispettose dell’ambiente (come la raccolta differenziata) valgono come panacea e come alibi. Ciò vale anche per mille altri problemi. In un mondo “giusto” (?) non ci sarebbe la guerra in Siria, né l’anarchia il Libia, né la miseria in Africa, e non verrebbero i migranti e i rifugiati; ma quelle guerre, quelle miserie, fra le numerose cause, vedono anche gravi responsabilità occidentali nello sfruttamento delle risorse, nel commercio delle armi, nel passato coloniale eccetera. Senza volere essere retorico credo comunque che qualunque problema mondiale abbia un complesso di cause fra le quali, scavando, non si può non trovare una ragione diretta o indiretta che ci faccia sentire parte in causa. È così perché il mondo è un sistema chiuso, e per quanto complesso sia, tutte le parti sono sistemicamente in correlazione con tutte le altre.

È questo che impedisce di trovare delle soluzioni ragionevoli e facilmente applicabili. Non si tratta di Soros, della Troika, di Bilderberg o degli Illuminati, che sono semplicemente delle emergenze storiche contingenti. Morto Soros ce ne sarà un altro; sconfitto un “potere forte” (?) un altro prenderà il suo posto, e questo non è un castigo divino ma una nostra richiesta, una nostra necessità. Lo volete il condizionatore d’aria per non boccheggiare? Bene, vi tenete anche Soros, il buco nell’ozono, il riscaldamento globale, i roghi in Grecia, la scomparsa delle mezze stagioni e a chi tocca nun s’ingrugna (detto romano). Si chiama capitalismo, liberismo, neoliberismo, mercantilismo, consumismo, edonismo, modernismo… boh? Chiamatelo come vi pare ma deve essere chiaro che nessuna soluzione può passare attraverso sporadici atti individuali. Gli atti individuali (solo se non sporadici e ipocriti) servono eccome in quanto testimonianza, in quanto “metterci la faccia” e far vedere che si può fare qualcosa, e far transitare, così, una consapevolezza oggi assai rarefatta. Ma poi servono politiche impositive: l’obbligo alla raccolta differenziata (in Italia siamo molto indietro); interventi reali sui siti ecologicamente esplosivi (ce ne sono diversi in Italia, vere bombe biologiche); incentivi reali e non farlocchi sulle energie alternative; sistemi di trasporto di massa efficienti; solo un governo “verde” che imponga politiche ambientali radicali farà mutare comportamenti alla popolazione, scontando il passaggio di almeno una generazione. Poi occorre impegnarsi affinché questi temi siano priorità nell’agenda degli altri governi, e se seguite l’argomento sarete consapevoli di quanto sia difficile, di come basti l’avvento di un Trump qualunque per mandare a carte quarantotto lavoro di anni.

Insomma, per concludere: Ugo Bardi ha ragione, e bisogna recuperare, o meglio costruire, questa consapevolezza di massa che ciascuno di noi è una insignificante particella di una comunità complessa e vasta, di ben sette miliardi di individui, che nel suo piccolo può e deve fare qualcosa. Nessuno di noi può fare la differenza, ma ciascuno di noi sì, se riesco a spiegarmi. Arrendersi all’impossibilità d’azione significa non lasciare un posto in cui vivere ai nostri nipoti, e l’azione prioritaria è testimoniare, con consapevolezza, i rischi ambientali e contrastare ogni atteggiamento di inciviltà. Gli incendi dei boschi, in questo senso, non sono dolosi solo perché piromani cattivissimi innescano i roghi per interessi personali, ma anche perché una quantità di dementi accende fuochi e non spegne, butta sigarette, incendia stoppie nelle campagne… E tutti questi sono atteggiamenti che possiamo evitare in noi e sanzionare negli altri. Adesso applicate questo genere di azione sociale (consapevole, capace di sguardi in avanti) ai molteplici problemi che ci attanagliano e stritolano. Siamo, ciascuno, degli agenti di cambiamento sociale. E incrociamo le dita.