Mi viene da pensare all’evoluzione dei nostri concetti classificatori (tutti i concetti sono classificatori, ma alcuni in modo più evidente) in questi ultimi decenni. Un segnale evidente in più del cambiamento epocale in cui siamo immersi, un cambiamento iniziato repentinamente una trentina di anni fa (ne abbiamo scritto QUI) che ha innescato un domino velocissimo e irrefrenabile. Scienza, tecnologia, medicina, evolvono a ritmi stordenti. Quello che 200 anni fa pareva restare quasi immobile, e 100 anni fa mutare nel volgere di un paio di generazioni, ora evolve nell’intervallo fra due panettoni.
Il cervello umano non è adattato a ciò.
Noi non siamo fatti per mutare le nostre idee con la flessibilità necessaria e resistiamo inutilmente. O forse no, che a pensarci bene moltissimi vivono il loro tran tran con una corazza impenetrabile di inconsapevolezza, e quando la modernità irrompe nelle loro vite, loro malgrado, se la prendono con entità astratte e lontane: il destino; la casta; il governo ladro.
I bei tempi in cui c’erano i maschi e le femmine, gli occupati e i disoccupati, le persone e le macchine, sono finiti da un pezzo. Solo oggi mi è capitato di leggere due storie complicate di transgender, e delle questioni giuridiche e sociali complicate che il loro stato (condizione? genere?) comporta (e avete letto venerdì scorso il post di Viviana Viviani su questo tema). Sul lavoro, ormai, è diventato difficile stabilire cosa sia esattamente rispetto al quasi lavoro, al part time, al nero, al coco-qualcosa, e Uber, e i rider… Perfino fra macchine e persone si sta assottigliando il confine, come abbiamo documentato Ottonieri ed io, su questo blog, un po’ di tempo fa.
Perché parlo di questo? Perché il mondo delle “cose” non è separato dal mondo del “pensiero”. Questi spazi che cambiano (spazi simbolici, sociali, linguistici, tecnologici) hanno bisogno di essere rappresentati da concetti, i quali agiscono potentemente sul modo complessivo di concepire il mondo. Non potete comprendere le sfumature di genere senza che ciò che si costituisce come vostra comprensione (in un modo o in un altro) agisca sulla vostra mente, personalità, carattere, comportamento. Mentre tutto il mondo cambia, rendendo sottili i confini e permutabili le classi (in senso epistemologico, gli oggetti della classificazione), noi mutiamo con lui (mondo) e ci rendiamo elastici con loro (classi), sempreché la nostra attenzione sia puntata su questo mutamento, ché come ho detto non solo non è così per tutti ma, tristemente a ben guardare, lo è per pochi.
Per i più i transgender sono un problema, disgustoso, di ridicole minoranze chiassose; il lavoro è da sempre l’arte di arrangiarsi; le macchine sono oggetti… E la vita va avanti giorno dopo giorno, produci consuma crepa…
Ma questi cambiamenti, agendo sistemicamente, con decine di altri qui non rammentati, stanno cambiando l’umanità. Non è “un problema di transgender”, non è “un problema di mercato di lavoro” o di “applicazioni tecnologiche”. Non si tratta di una curiosa scoperta di astrofisica, di una interessante innovazione medica, di un utile nuovo prodotto chimico, ma dell’intero mondo, che non funziona a compartimenti stagni ma come sistema globale chiuso contenente molteplici sottosistemi in interazione.
Quindi tutto. Ciò che sta accadendo in Venezuela, l’interesse cinese per l’Africa, le elezioni europee, Greta Thunberg, le decisioni di Zuckerberg in merito a Facebook, la propaganda del governo populista italiano, le mezze stagioni, tutto è collegato, e in questa piccola serie di elementi casuali non ce n’è uno che non sia “nuovo”, reso possibile dall’avvento di una nuova era nella storia dell’umanità, e altri cento diversi ne avrei potuto proporre, il Trono di Spade, MeToo, le missioni su Marte, Putin, questo blog che state leggendo…
Questa epoca, esattamente questa, è straordinaria, nel bene come nel male (e anche su cosa sia bene e cosa male…) e rende imperativo l’uso di nuove categorie mentali, l’apprendimento di nuovi concetti, la sperimentazione di nuove strade.
La politica del Novecento applicata al Terzo Millennio è una fesseria (cosa che vado sostenendo da un pezzo); pensare a destra e sinistra con le categorie del Novecento non rende comprensibile il mondo e praticabili strade nuove; il sindacalismo del Novecento è morto prima di iniziare; la geopolitica letta con il paraocchi del Novecento non rende intelligibile la costruzione – in corso – di un nuovo assetto mondiale che può marcatamente pesare sulle vite dei nostri figli e nipoti; i concetti che hanno forgiato la nostra maturità (giustizia, uguaglianza, libertà, democrazia, potere…) non esprimono, oggi, le caratteristiche con le quali noi abbiamo imparato a usarli, e insistere su questi concetti (e altri) intendendoli nel loro senso (diverso da significato) novecentesco può significare escluderci dalla possibile, piena comprensione dell’oggi, del domani, della strada davanti a noi.
Il domani è per pochi, per pochissimi.
Non omologatevi.
