- La TAV si è trasformata da questione economica, opportunità, progresso, a problema di ordine pubblico incancrenita in posizioni contrapposte senza più alcuno spazio di mediazione.
- Non c’è più spazio di mediazione (e questa è una sconfitta pesantissima per lo Stato) perché non c’è mai stata vera attenzione politica; i precedenti governi di centrosinistra, e l’attuale di destra, non hanno mai ascoltato, mediato, spiegato, predisposto tavoli in cui separare i protestatari più ragionevoli – coi quali trattare – da quelli facinorosi che hanno facilmente preso il sopravvento sulla popolazione locale. Ora non c’è più un interlocutore, e sia i valsusini che lo Stato (non il Governo, ma lo Stato) sono con le spalle al muro e pochissime opzioni di scelta.
- La TAV, poi, è entrata subito nell’agenda politica nazionale di antagonisti, oppositori massimalisti, populisti che l’hanno sfruttata e la sfruttano come tema non più locale, non più pertinente una questione circoscritta; altro incredibile autogol della politica le cui ricadute si possono macroscopicamente vedere, in questi giorni nell’ondivaga posizione dei 5 Stelle.
- Un ministro che definire inadeguato sarebbe un complimento, in un governo di incompetenti, capitanati da un leader malmostoso, monomaniacale e rozzo, si trovano ora alla resa dei conti dopo una quantità di tempo e soldi sprecati. E pazienza, e capitale sociale dissipato, e sfiducia istituzionale aumentata, e soluzioni – qualunque siano – che lasceranno ferite perenni.
- Una di queste ferite, forse la più importante, riguarda il rapporto fra comunità locali e Stato. Una volta in più tutti noi sappiamo che, di fronte a una scelta calata dall’alto sul nostro territorio, le nostre eventuali proteste si trascineranno negli anni e nel nulla, in un’altalena di voglio ma non posso, posso ma mi trattengo, ostaggi di una prepolitica (l’unica che si fa in Italia) che giocherà con noi come il gatto col topo fino al momento, ineluttabile, in cui il gioco finirà e il gatto ci inghiottirà.
- L’altra ferita sarà in Val di Susa, dove una serie di persone hanno imboccato la strada senza futuro della contrapposizione netta ed eversiva (le posizioni di Perino di questi giorni sono al limite del Codice Penale); altro spreco di capitale sociale, altri fuochi accesi dalla cecità politica che potrebbero, un domani, diventare pericolosi.
- La TAV è diventata questione politica (non con questo governo) nell’epoca storica della mancanza della politica; e la protesta si è avviata nell’epoca storica del populismo, prodromico del fascismo, imboccando strade senza uscita. Il problema è la politica; che non c’è, che non si fa, che deve avere lo sguardo lungo dello Stato e non quello cortissimo dei like su Twitter (neppure più dei sondaggi, che già era grave). Noi non abbiamo più statisti da diversi decenni; forse abbiamo avuto leader politici più intelligenti e scaltri, ma statisti non se ne vedono da un bel po’.
La TAV e la politica che non c’è
