Il MES era ben conosciuto da tutti i ministri del precedente governo. No, Il MES è stato un tradimento di Conte all’insaputa della sua maggioranza. Il MES ci rovinerà. No, il MES è buona cosa. Conte è uno statista. Conte è un parvenu della politica. Abbiamo fatto bene a fermare Salvini, sia pure con questo governo opaco. No, assolutamente, bisognava andare a votare subito. Zingaretti fa bene. Zingaretti fa male. Renzi e la sua fondazione hanno rubato, o quanto meno approfittato con cinismo come tutti i rubagalline del Parlamento. Basta, Renzi è continuamente sotto attacco perché è l’unico ad avere una visione.
Ora: su alcuni di questi argomenti, qualcuno ha informazioni precise e idee chiare, mentre molti altri esprimono opinioni sulla base di credenze fideistiche, informazioni di parte che collimano con pre-giudizi o, nella stragrande maggioranza, non ha proprio alcuna idea.
Se aggiungete argomenti più complessi, meno trattati dalla stampa popolare, come per esempio le componenti del DEF, la politica degli Stati Uniti, le motivazioni della Turchia nelle azioni militari in Siria, l’accordo sul gas Russo-cinese… ecco che le proporzioni cambiano: ancor meno ne sanno qualcosa, molti di più non ne hanno neppure sentito parlare.
Aggiungiamo una piccola e banale verità: così come non ci sono più le mezze stagioni, il MES è in parte una cosa buona e in parte no, a seconda delle prospettive assunte, Conte non è un grande politico ma in diverse circostanze se l’è cavata abbastanza bene, Zingaretti fa bene se assumete certi principi e condividete determinati propositi, altrimenti no, e così via. Questo apre il grande capitolo – che chiudiamo subito – dei valori (sociali, economici, etici…) attraverso i quali giudichiamo legittimamente buona o cattiva una certa idea o azione.
La questione fondamentale che intendo presentare è che quando invochiamo più cultura, una scuola migliore, la diffusione della lettura, come strumenti per combattere i comportamenti vili, la politica truce, l’elettorato allo sbando, non abbiamo certo torto ma, molto banalmente, non basterebbe. Trent’anni fa sarebbe bastato, forse venti. Oggi no. Abbiamo attraversato irrevocabilmente la linea della possibilità non solo di una cultura di massa consapevole e adeguatamente informata, ma anche quella di un’élite tecnocratica e capace di essere guida. La questione – nota da tempo – riguarda, assieme, l’impossibilità di controllare le informazioni utilizzandole come fonte di prevedibilità, e il mix di informazioni essenziali e di bassa qualità (data smog – QUI una trattazione; QUI un’altra). Ciò è vero per i tecnici e gli esperti di ogni sottosistema considerato (sanità, tecnologia, economia…), ed è facile assumere che sia esponenzialmente più vero per chi non è “esperto”, ed è facilmente smarrito del data smog (per cui si spiegano i terrapiattisti in fisica come i populisti in politica).
Le conseguenze pratiche, nella nostra vita quotidiana, sono molteplici e tutte nefaste. Schiacciati dal rumore bianco dell’ipercomunicazione non ci resta che “fidarci” di qualcuno (che a sua volta si fiderà di qualcun altro maggiormente compreso sul tema), e la fiducia si trasforma facilmente in fideismo, pregiudizio, fanatismo.
La questione è sfuggita di mano in una maniera non sufficientemente compresa (se non da studiosi di settore). Il professor Emanuele Castrucci, docente di filosofia del diritto a Siena, è indubbiamente una persona con una certa cultura, se è arrivato a una cattedra, eppure esalta Hitler su Twitter, e ha le sue motivazioni, e le sa pure argomentare. Un caso singolo non dimostra niente, ovviamente, anche se di professori, giornalisti, giuristi, letterati antisemiti, razzisti, negazionisti ce ne sono assai più di poche unità. È facile, per tutti noi, bollare il professore di bieca adesione a una terribile ideologia, mentre sappiamo che una minoranza (fortunatamente ancora minoranza) crede che quel professore abbia ragione e che ad Auschwitz ci fossero le piscine e i cinema. Come convincerli che hanno torto? I sopravvissuti? Possono mentire. I resti del campo? Dicono poco. I libri? Orwell ci ha pur insegnato che sono scritti dai dominatori.
Oggi un razionalista ha vita difficilissima: non solo – con tutta la sua razionalità – è afflitto dal rumore bianco, dal data smog e dai suoi personali pregiudizi, ma è considerato anche meno di zero da chi, sommerso dalla complessità sociale, lo considera un portatore di opinioni dello stesso valore delle sue.
La battaglia delle idee si è quindi trasformata in una battaglia di identità. Non più creazionisti contro evoluzionisti in cerca di prove, ma omeopati, complottisti, naturopati, ossessionati dalle scie chimiche assieme a neofascisti, neonazisti, nazicomunisti, vegani, seguaci di Scientology e via enumerando, con sempre maggiore larghezza, tutti i gruppi, sottogruppi, frazioni che dalla complessità trovano scampo nell’isoletta autoriferita in cui sono naufragati, senza neppure eccessiva consapevolezza.
Terrapiattisti a parte, il terribile rischio per la nostra Democrazia è che non puoi spiegare al nazifascista che ha torto. Non glie lo puoi “dimostrare”. Troppe barriere si frappongono per il convincimento. Questa situazione, ormai incontrollabile, consente a vaste aree di popolazione di vagare in cerca di approdi – anche temporanei – di “certezza”, di identità, di compagnia, di consensi.
Oggi minoranze, le peggiori componenti della nostra società possono facilmente trovare adepti, energie, motivazioni, e unirsi per reclamare quel riscatto tanto ambito.