Brevi considerazioni sui dati degli ultimi sondaggi

Al netto delle considerazioni sul valore dei sondaggi politici (QUI una breve guida), vorrei spendere pochi minuti per una riflessione che ritengo utile per chi – come me e come anche voi, diciamolo – segue la politica italiana.

Grosso modo gli ultimi 3-4 sondaggi (come saprete li trovate tutti QUI) relativi a questa metà di febbraio dicono questo:

  • Lega dal 28,0 (Ixè) al 32,5 (Termometro Politico); tranne Ixé tutti gli altri danno comunque la Lega sopra il 30;
  • Fratelli d’Italia dal 10,6 (Termometro Politico)  al12,7 (Ixè);
  • PD dal 19,2 (Index research) al 20,7 (SWG);
  • 5 Stelle dal 12,7 (Winpoll) al 15,6 (Termometro Politico);
  • Italia Viva dal 3,2 (Ixè) al 4,4 (Termometro Politico).

Cosa significano questi dati, a mio avviso?

  1. Il populismo non è morto e prospera in varie forme; chi ci legge sa bene che in questo blog il populismo è considerato il Male assoluto, il vero pericolo per ogni democrazia liberale, specie se strutturalmente debole come quella italiana. Il populismo imbelle, incompetente e peracottaro dei 5 Stelle è chiaramente al tramonto,  e sopravvive in parte grazie al soccorso zingarettiano e per l’acrobatica capacità grillina di fare salti mirabolanti posizionandosi su qualunque schieramento; ma le forme più sovraniste, lepeniste (Lega) e post fasciste (Fratelli d’Italia) vanno forte. La Lega è certamente calata per tempi festosi del Papeete, ma naviga tranquilla sul 30% (scanditelo ad alta voce: TRENTA-PER-CENTO!!) grazie – paradossalmente – al fatto che Salvini non sta più al governo a far danni, e ha mano libera per giocare pesante su tutti i fronti senza oneri e responsabilità (cosa prevedibile e prevista da tutti, tranne che dal PD). E la Meloni si gode la sua straordinaria performance, assolutamente inimmaginabile un paio di anni fa. Anche senza aggiungere il non voto populista (i delusi dai 5 Stelle che stanno lì a guardare; per ora), costoro sembrano quindi attestarsi oltre quel 40-42% che – dipende dal sistema elettorale – può portare vicini all’autonomia di parlamentari e governare da soli. Considerate inoltre che Forza Italia attende passivamente gli eventi col suo 5-6%; a parte una manciata di voci critiche (Carfagna sopra tutti), lo sciocchissimo posizionamento di Berlusconi a fianco dei leghisti offre altro ossigeno a una reale, consistente possibilità di un governo neofascista, antieuropeista, sovranista e totalmente inetto in Italia.
  2. Col suo 20% circa il PD mostra, a chi vuole vederlo, il fallimento del progetto zingarettiano. Non dico il 41% strappato da Renzi due europee fa ma, insomma, tirare su la testa dal 19% circa delle politiche 2018, dal 23% delle ultime europee… Potrà sembrare una cosa straordinaria non riuscire a far peggio, lo capisco, ma avere portato la barra dell’unico partito riformista italiano nel terreno populista, dovere litigare con un Bonafede qualunque su questioni grossolane di mero buon senso liberale e democratico… boh? Non mi pare ci sia da festeggiare, né si possono fare troppe accuse a Renzi che si è portato via veramente 4 gatti (non come forza parlamentare, ma come presa sull’elettorato). Questo punto è l’esatto e speculare contrappasso del punto precedente. Il riformismo post renziano nel PD è pallido, evanescente, ambiguo. Non attira, non muore e non cresce… Ma specialmente lascia un enorme buco nero là dove i democratici e i riformisti vorrebbero cercare una Fort Alamo dove resistere a questa follia di massa, dove costruire un progetto politico e di governo. Non c’è, punto. Non è questo PD.
  3. Posso dire infine che il progetto di Renzi è miseramente fallito? Mi baso sui sondaggi, sì, quindi potremmo dire, con più prudenza, che al momento non pare che Renzi abbia alcuna possibilità di sostituire il PD nella costruzione di un progetto riformista, democratico, liberale, capace di contrastare Salvini e Meloni. Essere accreditati di un miserabile 3-4% dopo tutto lo sconquasso fatto, beh… cari amici renziani, c’è pochissimo da godere. Come mi suggeriva l’amico Ottonieri: sia il PD sia Renzi hanno avuto una straordinaria occasione, assieme; ma né il PD è stato disponibile ad accettare la sfida posta dal toscano, né Renzi è riuscito a sfuggire ai limiti impostigli dalla sua tremenda tracotanza. Ciò ha comportato la sconfitta di entrambi. Senza la visione renziana (del Renzi migliore, quello dei primi mesi del suo breve potere nel partito e al governo) il PD è una bad land di capicchi, satrapi, egotici sopravvalutati e figurine messe come paravento. Non esiste una linea PD; non esiste un progetto, una visione, uno straccio di possibilità di andare da qualche parte. Ma senza il partito, la generosità della sua gente (ex gente?), il sedimento storico della sua presenza nel quadro politico italiano, senza l’umiltà di fare i conti con quelle anime, quando ancora era possibile farlo, Renzi si è ridotto a piccolo califfo di una piccola tribù, che può fare la voce grossa solo perché i numeri in Parlamento sono distanti mille miglia dalla realtà, con la quale si scontrerà prima o poi, alle prossime elezioni.
  4. Esiste una terza via? Quella della visione del migliore Renzi con la pacata postura di Calenda, la forza dell’ex PD, lo slancio dei radicali, il meglio di Forza Italia (quel poco, per carità…)? Esiste solo sulla carta, in via del tutto teorica, commettendo l’errore (tipico) di considerare la politica come somma aritmetica di numeri, e non – come in realtà è – come moltiplicazione di passioni e contraddizioni. Dopo avere detto quanto avete letto sopra su PD e Renzi, quali sarebbero i semi costituenti di questa fucina riformista, europeista, razionalista, anti populista? I sondaggi coi quali abbiamo iniziato danno, per esempio, +Europa al 2,8 e Azione (Calenda) all’1,2 senza contare la frittura mista che finisce in “altro” (Ixè); oppure +Europa al 2 e Calenda al 2,8… Impossibile che i sondaggisti azzecchino i piccoli numeri e comunque l’andazzo è questo: assieme potrebbero racimolare un 4% o poco più. Mettendosi assieme a Renzi (cosa che io personalmente rifiuterei) si potrebbe raggiungere aritmeticamente un 7-8%, forse 9 ma… questo è un tipico caso (ce ne sono di frequenti in Italia) dove l’offerta politica troppo ammucchiata fa perdere elettori

In attesa quindi che Bonino, Calenda e altri meditino sul da farsi, sotto il profilo elettorale, io auspico che comunque questo 7-8% di intelligenze riformiste, che marcino sotto le insegne di Renzi o di Calenda, si tengano metaforicamente per mano e perfezionino due potenti armi di distruzione populista: la ragione e la speranza.