Una bella intervista a Flavia Perina. Oggi c’è bisogno di ricordare tutto, perché tutto si consuma troppo in fretta: Flavia Perina è stata direttrice del Secolo d’Italia (storico quotidiano di destra) e deputata all’epoca di Gianfranco Fini. Donna di destra vera, una che la destra l’ha praticata e vissuta. Ma una destra lontana anni luce da quella di Meloni e – peggio – Salvini, una destra con delle prospettive, dei valori, delle idee e, specialmente, delle idee non populiste. Vi riporto alcuni brani della sua intervista:
Ci sorprendiamo giustamente per le posizioni di Guido Crosetto, Fabio Rampelli, Francesco Storace [che hanno difeso Silvia Romano – NdR] perché la destra ha sempre ostentato su questi fatti un’alta dose di cattivismo: è un sentimento che non corrisponde al suo dna, ma in genere gli attuali leader giudicano utile assecondare le pulsioni estremiste del loro “popolo”. Da tempo hanno rinunciato all’opera pedagogica che, in tempi passati, la destra considerava fra i suoi doveri anche nei confronti del suo elettorato.
Ancora:
Credo che la destra di oggi si trovi abbastanza bene nel ghetto [populista], intesa come area di opposizione radicale, opposizione “di sistema”. Pensano che quel tipo di isolamento e di “alterità” porti consensi. E che quindi debba assecondare il tipo di elettorato che apprezza il rifiuto di ogni contaminazione e dialogo, sempre percepito come intelligenza col nemico.
E infine, lucidamente:
Siamo un Paese anomalo, siamo un Paese dove hanno vinto le formule populiste. Una destra sul modello di quello tedesco o francese è inimmaginabile. Come è difficilissimo trovare lo spazio per un altro tipo di sinistra, o di centro. La chiave di questo Paese è la competizione populista.
Flavia Perina descrive, credo con dolore e disillusione, quello che un testimone di sinistra potrebbe dire della sinistra italiana e comunque quello che da anni cerchiamo di dire qui su Hic Rhodus: uno strato di polvere populista si è sovrapposto alla destra, alla sinistra, alla politica e alla società in generale.
Ne abbiamo parlato moltissimo, ma ultimamente abbiamo cercato di fare una sintesi in questo trittico:
- Da destra contro sinistra a populismo contro razionalismo – 1) Destra e sinistra;
- Da destra contro sinistra a populismo contro razionalismo – 2) Populismo e razionalismo;
- Da destra contro sinistra a populismo contro razionalismo – 3) Una politica razionalista per governare il Terzo Millennio.
Riprendo il tema solo per un paio di aggiunte. Innanzitutto mi fa piacere vedere che anche da destra una donna colta e intelligente veda questa catastrofe; implicitamente sto facendo un po’ di autocritica: avevo degli evidenti pregiudizi, e questo è sempre un male.
In secondo luogo noto, osservo, constato che questo male politico oscuro, questa polvere sottile del pensiero eversivo, questo virus dell’impossibilità di pensare e agire razionalmente, sta espandendosi in realtà ovunque.. Nel pensiero moderato e liberale; nelle osservazioni casuali di amici intelligenti; in diversi luoghi del pensiero della sinistra; nei commenti di fior fiore di intellettuali…
Allora diffido. Il concetto di |populismo| potrebbe essere diventato troppo vago e impreciso per definire questa deriva che non è solo politica, ma anche culturale, morale, sociale.
In senso stretto, |populismo| è un
atteggiamento ideologico che, sulla base di principî e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi. Con significato più recente, e con riferimento al mondo latino-americano, in partic. all’Argentina del tempo di J. D. Perón (v. peronismo), forma di prassi politica, tipica di paesi in via di rapido sviluppo dall’economia agricola a quella industriale, caratterizzata da un rapporto diretto tra un capo carismatico e le masse popolari, con il consenso dei ceti borghesi e capitalistici che possono così più agevolmente controllare e far progredire i processi di industrializzazione. In ambito artistico e letterario, rappresentazione idealizzata del popolo, considerato come modello etico e sociale (Vocabolario Treccani).
È in questo medesimo senso, o comunque molto simile, che il concetto di populismo è stato utilizzato su questo blog, e che ho utilizzato nel libro Uscire dal Novecento per battere Salvini.
Quindi: demagogico ruolo assegnato al popolo (democrazia diretta, uno vale uno… tutto il programma dei grillini dell’epoca d’oro); rapporto diretto tra capo carismatico e popolo (Grillo, soprattutto Salvini fino al Papeete); rappresentazione idealizzata del popolo (che si “indigna”, che straparla su qualunque cosa, che ha diritti e mai doveri…).
Su questa base, non costituiscono aggiunte indebite alcune caratterizzazioni contemporanee e specifiche; molte riguardano la comunicazione populista: ipersemplificazione, falsificazione, denigrazione dell’avversario; altre hanno a che fare con alcune conseguenze ideologiche: sovranismo, nazionalismo, antieuropeismo.
E così via come periodicamente scritto su questo blog (riferirsi ai link già proposti).
Eppure c’è forse qualcos’altro. Per meglio dire: ognuno di questi tratti ha conseguenze. I tratti culturali, sociali e personologici non sono mai statici, immutabili: hanno conseguenze, producono altre forme di relazione e pensiero, mutano, si adattano all’ambiente… proprio come i virus!
Allora vi propongo una piccola mappa di ciò che si è sempre chiamato ‘populismo’, che in questo blog abbiamo sempre trattato come tale, che Flavia Perina – nell’intervista – definisce tale, alla luce però del suo attuale allargarsi, dilagare, occupare altri ambiti… E per farlo non tratteremo delle conseguenze ultime del populismo, ma delle sue proprietà costitutive; per capirci: l’antieuropeismo non è un tratto costitutivo del populismo, ma una conseguenza di una connotazione particolare del nazionalismo, un’esaltazione del “noi”, una sopravvalutazione dell’importanza della propria tribù; infine, del particolarismo.
In questo senso quelli che mi sembrano i tratti fondamentali del populismo contemporaneo, e quelli derivati, di secondo e terzo livello, sono i seguenti:
Tratti costitutivi di base del populismo | Tratti conseguenti | Elementi ultimi visibili, comportamenti e atteggiamenti finali |
Egotismo | Egoismo, edonismo, particolarismo, sopravvalutazione di sé. | Xenofobia, razzismo, maschilismo, nazionalismo, antieuropeismo. |
Incultura | Ignoranza, credulità, ipersemplificazione dei problemi. | Antiscientismo, antivaccinismo, incapacità di programmare e valutare il proprio operato. |
Familismo | Diffidenza, paternalismo, clientelismo, asservimento. | Nepotismo (per esempio in politica), partigianeria, continua guerra fredda civile, ricerca di privilegi e diritti di gruppo. |
Convenzionalismo | Bigotteria, perbenismo formale, adesione stereotipata ai cliché linguistici e culturali. | Omologazione del pensiero, diffidenza verso gli intellettuali critici (inclusi i politici avversi e i giornalisti indipendenti); rifiuto della diversità. |
Non è necessario possedere tutte queste caratteristiche per meritarsi il titolo di ‘populista’. Averne più di una, o addirittura averle tutte, ci porta a ragionare sui “gradi di populismo”. Proviamo:
- hai uno di questi tratti importanti (prima colonna di sinistra) o due o tre di quelli di secondo o terzo livello; per esempio: sei paternalista, incline ai cliché, e un filino egotico: propongo di considerarlo un populismo di primo livello, negativo comunque, ma non inconciliabile con buone altre caratteristiche; Renzi ne è un mirabile esempio: è europeista, liberale, con spiccate doti critiche, ma è un egocentrico, partigiano e non brillantissimo nella valutazione del proprio operato;
- hai più di un tratto costitutivo, e/o diversi di quelli secondari: sei un populista a tutto tondo, un populista semmai in giacca e cravatta ma populista resti, uno di secondo livello; per esempio Conte: si rivolge direttamente al popolo italiano con fare paternalista, ma non riesce a fare sintesi nel proprio governo, traccheggia indeciso nelle decisioni che deve prendere e non ne vede con lucidità le conseguenze;
- hai tre o quattro tratti costitutivi e, di conseguenza, una pletora di quelli susseguenti; sei un pericoloso populista di terzo livello, hai tendenze eversive e anti-istituzionali; per non fare, come esempio perfetto, quello di Salvini, diciamo che la stragrande maggioranza dei 5 Stelle si colloca qui.
Le sfumature, i punteggi intermedi, e la collocazione di tutti gli altri, vedete voi, qui era solo un primissimo esercizio per capirci.
C’è anche un punteggio zero, ovviamente: quello di chi pensa criticamente, di chi fa politica con assennatezza e senza tornaconti personali, chi si informa in modo ampio e cerca di valutare ciò che capisce del mondo, semmai sbagliando (non essere populisti non significa non sbagliare; diciamo che temo non esista uno zero perfetto, in quanto al tasso di populismo presente in ciascuno di noi, ma uno zero-virgola-qualcosa è già un grandissimo risultato).
Il popolo italiano è, in grande maggioranza fra il livello 2 e il 3. Una conseguenza più volte segnalata su questo blog è che le preferenze elettorali di questi concittadini si spostano ma entro confini di populismo conclamato o grave; oggi la Lega è in calo ma la Meloni è in crescita; ricresce anche un po’ il M5S. Questa ampia platea di grave populismo, anche perché poco critica, segue il Salvini del Papeete finché spara dichiarazioni a raffica, poi in parte lo abbandona per la Meloni, o per Di Maio, ma ridate un microfono al capo leghista e questi italiani torneranno a seguirlo abbandonando i precedenti.
Non ha molta importanza. Non ci deve importare un fico secco se in un dato momento ha più consenso la Lega, Fratelli d’Italia o il Movimento 5 Stelle; sono piccole varianti dello stesso fenomeno devastante per la nostra democrazia.
E al centro? E a sinistra? Anche qui seguendo Flavia Perina e quanto più volte scritto da Hic Rhodus, in queste diverse aree politiche si assiste, con ritmi e modalità meno eclatanti, al fenomeno di penetrazione del virus populista.
Qui occorre guardare in faccia la realtà anche se vi può addolorare: andate oltre le etichette: chi si auto-definisce “di sinistra” (o “liberale”, “socialista”, quel che vi pare) non è necessariamente immune al virus. Sono i fatti, le parole, i comportamenti, che possono testimoniare una vera lucidità di pensiero, o se l’inquinamento populista, con uno o più dei suoi tratti, non abbia incominciato a produrre i suoi effetti.
Lascio giudicare ai lettori, anche perché la mia idea in merito, altre volte espressa, è piuttosto sconfortata.