Soffocati dall’emergenza coronavirus, si è finalmente arrivati al referendum sul taglio dei parlamentari, del quale si è ovviamente parlato pochissimo. Voglio quindi condividere con voi questa riflessione molto personale, che non coinvolge la redazione e i collaboratori di Hic Rhodus (lo specifico; un fatto raro, in oltre sei anni forse è la seconda volta che una cautela introduttiva di questo genere viene proposta ai lettori).
Il quesito: come sempre molto chiaro e limpido, quello per il quale il 20 e 21 settembre dobbiamo esprimerci è il seguente:
Approvate il testo della legge costituzionale concernente ‘Modifiche agli articoli 56,57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei Parlamentari’, approvato dal Parlamento e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019.
E cosa dice la Gazzetta Ufficiale n. 240? Quanto segue:
Art. 1. (Numero dei deputati)
1. All’articolo 56 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni; a) al secondo comma, la parola: « seicentotrenta » e’ sostituita dalla seguente: « quattrocento » e la parola: « dodici » e’ sostituita dalla seguente: « otto »; b) al quarto comma, la parola: «seicentodiciotto » e’ sostituita dalla seguente: « trecentonovantadue ».
Gli altri articoli modificati sono passi costituzionali coi medesimi numeri. La mia piccola pedanteria serve per sottolineare che non c’è (non ci potrebbe essere) alcun “disegno” costituzionale, spiegazione, argomentazione, serie di azioni che non si vogliono più compiere a favore di altre, scelte programmatorie mutate, adesione ai soviet… nulla; il legislatore ha semplicemente messo un tratto di penna sul numero dei parlamentari.
Il problema: certo – direte voi – questa è la stringata prosa costituzionale, ma dietro c’è un fior fiore di dibattito. Evviva – rispondo io (ma senza punto esclamativo perché già inizio a sentirmi stanchino) – e quale sarebbe questo fior fiore? Credo di scegliere la fonte di riferimento per eccellenza riportando quanto scrive Il blog delle Stelle:
semplificare, rendere il Parlamento più efficiente, migliorare il rapporto tra cittadini e istituzioni, risparmiare ed eliminare sprechi che allontanano lo Stato dai bisogni delle persone. Il taglio delle poltrone ci farà risparmiare 100 milioni l’anno, ossia circa 300 mila euro al giorno, 1 miliardo in 10 anni (grassetti nell’originale; fonte).
E non c’è che dire: il volantino predisposto dal Movimento (scaricabile dal blog “delle Stelle”) è pieno di buoni argomenti, sobriamente spiegati, che fanno senza dubbio appello alle più raffinate intelligenze (e qui smetto col sarcasmo).
Come appare evidente, non ci sono ragioni se non demagogiche. L’efficienza (citazione qui sopra) è una bugia; intanto andrebbe spiegata, argomentata… Perché la riduzione dei parlamentari conduce a maggiore efficienza? Non è il traffico all’ora di punta sul Raccordo Anulare, che se dimezzi le macchine fluidifichi lo scorrimento dei veicoli. I parlamentari, per fare un solo esempio, oltre al lavoro in Aula hanno le Commissioni, luoghi deputati a preparare le leggi che verranno poi discusse e votate; nelle commissioni si confrontano idee, si cercano eventuali convergenze, si media, si aggiusta, ci si prende il tempo per studiare i temi, per ascoltare pareri… Il taglio dei parlamentari avrà come conseguenza un minor numero di persone coinvolte in ciascuna commissione, quindi un sovraccarico e un rallentamento delle discussioni.
Il miglioramento del rapporto fra cittadini e Stato è un’altra bugia palmare. Meno rappresentanti vuole dire che ciascun eletto dovrà rispondere a un bacino elettorale più ampio, con ovvia difficoltà a rappresentare adeguatamente i territori (se pensiamo poi al caso delle regioni italiane molto piccole, che hanno già ora pochi rappresentanti, il problema si aggrava; il rapporto proporzionale fra eletti e cittadini è invariato, ovviamente, ma quello istituzionale fra eletti e autonomie locali viene penalizzato).
E infine c’è il vero e unico tema, quello dei populisti ignoranti: il taglio di 100 milioni che – aggiungono con sapienza matematica i pentastellati – fa un miliardo in 10 anni (minchia! E se tanto mi dà tanto, son bei 10 miliardi in 100 anni…).
A parte una terza bugia (il risparmio non sarebbe di 100 milioni annui ma 81,6 [fonte] pari allo 0,005% del PIL) il punto, dirimente, doloroso, vero è un altro:
non sono questi i tagli della politica.
80 o 100 milioni spesi per un buon lavoro politico sarebbero semplicemente un investimento in democrazia, efficienza e buon governo; dove sarebbe lo spreco?
Il numero dei nostri parlamentari, peraltro generalmente analogo o più basso di quello di paesi democratici di confronto (vedi tabella qui a lato), garantisce il funzionamento di una macchina necessaria.

Gli sprechi della politica sono la cattiva politica: le leggi demagogiche e inutili (come il reddito di cittadinanza), i salvataggi delle aziende decotte coi soldi dei contribuenti (Alitalia, Ilva), l’incapacità di prendere decisioni tempestive e corrette (Xylella, TAV, Libia, coronavirus, per citarne alcune a caso), nella farraginosa e contrastante divisione dei poteri e delle competenze che trova il suo capolavoro in quell’orrore di Titolo Quinto della Costituzione, che era compreso nel pacchetto referendario di Renzi (al quale si opposero in tanti, compreso quel brav’uomo di Zagrebelsky che in quella tenzone finì coll’esaurire le parole e oggi, di conseguenza, ritiene consono il silenzio).
Gli sprechi della politica sono anche, certamente, determinati comportamenti quali l’assenteismo parlamentare, il malaffare e altre storiche tare della nostra politica, inclusi forse i benefici economici individuali, che la legge di cui stiamo parlando non tocca affatto.
I populisti in campo: tranne +Europa tutti hanno votato questa schifezza, inclusi Zingaretti e Renzi impegnati a concedere anche le mutande a Di Maio pur di formare il governicchio Conte 2. Loro diranno (hanno detto) che “in cambio” hanno impegnato le forze politiche di governo a una serie urgente di riforme da fare subito dopo l’approvazione di questa boiata, e hanno firmato una lettera d’intenti (perché non hanno più neppure un briciolo di fantasia nel pigliarci per il culo) per aggiustare le cose almeno con riguardo a:
- equiparare l’elettorato attivo e passivo in entrambe le Camere (18 e 25 anni),
- eliminare l’elezione “su base regionale” dei senatori e ridurre il numero dei delegati. regionali che avranno diritto ad a leggere il Presidente della Repubblica.
- avvio della riforma dei Regolamenti di Camera e Senato.
- riforma della legge elettorale,
- sfiducia costruttiva,
- presenza dei presidenti di Regione in aula quando si votano leggi che hanno che fare con l’Autonomia differenziata delle Regioni.
Per gli smemorati e i distratti: questi punti dovevano essere discussi (calendarizzati, avviati…) entro dicembre 2019…
Effettivamente ora (metà agosto) qualcuno nel PD si accorge dell’immane cazzata e cerca timidamente di alzare il ditino. Singoli intellettuali, singoli parlamentari… Mentre Di Maio stesso (o Il-Capo-Politico-Crimi) sembrano non pigiare sull’acceleratore della propaganda. Incominciano a farsi i sorrisi da gentiluomini promettendosi solennemente che sì, certo, occorrerà modificare la legge elettorale, eccertochelofaremococco!
Mi cascano le braccia. Si comportano come bambini viziati e sciocchi e pretendono che ci beviamo questa roba… Prima varano una legge demenziale, senza alcuna base logica, che produrrà inefficienza, minore rappresentanza democratica e via via quello che si è detto, a fronte di un risparmio pari a poco più di zero, e poi, dopo, indubbiamente, si impegneranno in una serie di riforme aggiuntive – delle quali si parla da decenni – ognuna delle quali richiederebbe impegno, coesione nella maggioranza, non semplici equilibri istituzionali da mantenere? Ma davvero siamo tutti così stupidi da creder loro?
La risposta è sì, siamo tutti così stupidi, visto che l’81% degli italiani, secondo l’Istituto Piepoli, vuole il taglio dei parlamentari (sondaggio del 20 feb; i più recenti vanno nello stesso senso). Sondaggi precedenti davano addirittura l’86% a favore del taglio (fonte).
Facciamo una sintesi: una legge stupida, demagogica, dannosa, votata da tutti (tranne +Europa) e voluta, stravoluta dai cittadini. Cittadini che non leggono Hic Rhodus, ovviamente, che non votano +Europa, che non vanno mica a cercare i dati di quanti parlamentari ci siano in altri Paesi, che non sanno neppure cosa diavolo sia il Titolo Quinto (e certo, bisogna che la politica seria glie lo spieghi!) e che brandiscono questa forma ormai malata di democrazia diretta, qual è il referendum, per consumare una meschina vendetta contro il Potere. Ah, tu dici a me che non conto un cazzo? E io ti abolisco, vile parlamentare! Questa è la sordida moralità dei populisti, la loro incompetenza, demagogia e in fondo – e si badi bene che uso con piena coscienza la parola – la loro eversività, perché questo è un attacco alle Istituzioni, e chi lo ha perpetrato ha commesso un atto eversivo (ma ovviamente, finché non lo certifica Zagrebelsky, questa è una modesta opinione dell’Autore).
E quindi: perché non andrò a votare? Non già perché inutile (sarà un plebiscito a favore della conferma della legge) ma perché in nessun modo voglio essere complice. Andare a votare vuole dire accettare le regole della competizione, legittimarle, sia che si vinca sia che si perda. Ho sempre votato partiti perdenti, referendum perdenti, figuratevi se mi fa paura stare dalla parte di chi esce sconfitto… Ma ho sempre accettato questa regola: partecipo, e posso vincere o perdere; comunque sia il gioco è democratico e io vi partecipo con le mie idee.
In questo caso non c’è nulla di democratico.
Si tratta di un simulacro di democrazia: una legge votata da un Parlamento legittimo a grande maggioranza, un referendum che dà voce al popolo… cosa di più democratico, si potrebbe obiettare?
Allora, cari lettori, qui dobbiamo intenderci su cosa sia ‘Democrazia’, sul valore e significato della democrazia diretta, sul populismo di massa che dai 5 Stelle si è esteso, come una metastasi, alla maggior parte delle forze politiche. La legge è stata approvata dai populisti estremisti presenti nell’attuale Parlamento, che hanno ricattato le mammolette del PD e i renziani che avevano trovato uno spiraglio di protagonismo e rilancio (andatevi a rivedere come e perché e su spinta di chi è nato il governo Conte 2). E l’arma del referendum – carissimi amici radicali – ha avuto alcune punte altissime talmente tante decadi fa, che metà dei lettori di Hic Rhodus non era neppure nata, rappresentando oggi semplicemente la clava di ogni populismo dell’ultima ora.
E quindi, spiegatemi: per cosa dovrei andare a votare? Per un referendum dove il furore ignorante del popolo approverà a grandissima maggioranza una porcata di legge, dannosa e pericolosa per la democrazia (come ha sottolineato Mattia Feltri in un lucido intervento di un paio di giorni fa), voluta dalla punta di diamante dell’arroganza anti istituzionale italiana, Luigi Di Maio, e i suoi mai troppo deplorati seguaci?
Spiegatemi: vado a votare, in ciò onorando queste istituzioni e dando loro credito, per vedere poi sommersa dalla melma demagogica il mio voto pensato, argomentato, riflettuto, informato? No: che si fottano.
Ora mi dedico a bellissimi passatempi come la fotografia. Ecco: il giorno del referendum spero ci sia una bella giornata, con un po’ di nuvole che rendono più morbida la luce: la giornata ideale per ottimi scatti.